F. Gasti (Ed.): Il romanzo latino: modelli e tradizione letteraria Atti della VII giornata ghisleriana di filologia classica (Pavia, 11-12 ottobre 2007).
Carmignani, Marcos
F. GASTI (ED.): Il romanzo latino: modelli e tradizione letteraria
Atti della VII giornata ghisleriana di filologia classica (Pavia, 11-12
ottobre 2007) 2009. Pp. 138. Pavia: Ibis. Paperback: 15.00 [euro] ISBN
978-88-7164-323-6
Occuparsi di un volume collettaneo implica sempre una difficolta
per il recensore, anche se questo tipo di opere ha in generale un filo
conduttore che serve da nesso tra gli articoli che lo compongono: ci si
trova infatti nel dilemma se recensire il libro nel suo complesso, come
se fosse composto da articoli di uguale valore accademico, o invece
trattarlo come un'opera le cui componenti non raggiungono lo stesso
livello qualitativo. Il romanzo latino: modelli e tradizione letteraria
(RL) esige il secondo tipo di recensione, perche consta di articoli di
ottima qualita e di altri che non soddisfano le aspettative.
RL riunisce gli atti della VII Giornata ghisleriana di filologia
classica, tenutasi a Pavia e il 12 ottobre 2007. Nella
"Premessa", il curatore, Fabio Gasti, espone chiaramente
l'obiettivo del volume: addentrarsi nell' economia del romanzo
latino "e studiarne i caratteri, l'evoluzione e in particolare
i rapporti con i modelli" (11). Gasti si propone di chiarire le
difficolta che presuppone parlare del romanzo latino come di un
"genere", e l'ampio arco temporale degli studi che il
libro raccoglie, dall'eta giulio-claudia fino al barocco francese,
permette di affermare che "il 'genere' del romanzo appare
vitale e produttivo, ma sopratutto diventa davvero genere" (12).
Il libro si divide in sette capitoli, (1) distribuiti come segue:
tre di argomento petroniano, tre sulle Metamorfosi di Apuleio e
l'ultimo sulla Historia Apollonii regis Tyri. Lo squilibrio del
volume non risiede dunque nella distribuzione della materia, ma nella
qualita degli articoli.
Paolo Fedeli si propone di offrire una panoramica generale degli
studi petroniani dell'inizio del XXI secolo nel suo articolo
"Il romanzo petro niano: bilanci e prospettive". F. dichiara
che negli ultimi anni il suo interesse si e rivolto ad altri autori e
altre opere, accantonando il Satyricon, su cui aveva scritto articoli
brillanti, incentrati prevalentemente sulla tecnica petroniana del
"rovesciamento" e del motivo del labirinto, ai quali si deve
buona parte della nostra comprensione dell'episodio di Crotone
(Sat. 116-141). (2) Tuttavia, proprio come dichiara l'autore,
"l'unica cosa che potevo fare era quella di riciclarmi ... e
soprattutto chiarire a me stesso dove vadano oggi gli interessi dei
cultori del Satyricon" (13-14).
Questo soprattutto dopo la pubblicazione della monumentale
bibliografia di Vannini, (3) opera che F. afferma di aver utilizzato con
grande vantaggio. Il contributo di F., alla luce della citata
bibliografia, viene eclissato. Tuttavia, e nonostante questo,
l'articolo dimostra con intelligenza un'approfondita
conoscenza del testo petroniano. Nella rassegna F. prende in esame
alcuni dei problemi fondamentali di cui si e occupata la critica
petroniana, come il pubblico a cui era diretta l'opera (riguardo al
quale segnala come, accanto ad un lettore colto e raffinato, che sarebbe
il lettore ideale petroniano, Petronio avesse considerato un pubblico
"mediamente alfabetizzato"), l'autore (dando credito
all'attribuzione del romanzo al Petronio descritto da Tacito negli
Annales), il genere (su cui ripercorre le discussioni intorno alla
relazione con la satira menippea--e rimarca l'importanza che ebbe
un articolo di Barchiesi (4) per dare il colpo di grazia a questa
ipotesi--e l'influenza del mimo, soprattutto in quanto elemento
strutturale del romanzo, riprendendo la sua stessa analisi secondo la
quale Eumolpo, nel cap. 117, prepara tutto per la finzione di Crotone).
Interessante la sua affermazione che negli ultimi anni ha perso forza
l'interpretazione che mette in relazione il testo petroniano con le
definizioni di Bachtin intorno al romanzo polifonico, criticando,
giustamente, la trasposizione meccanica realizzata in questo caso:
sull'interpretazione bachtiniana del romanzo antico si e molto
speculato senza apportare grandi benefici. F. rivede inoltre le sue
proprie convinzioni sulla tecnica narrativa dell'inversione e sui
motivi del labirinto e della morte, e sottolinea che per definire i
problemi relativi al narratore e imprescindibile il contributo di Conte.
(5) Sebbene esista un percorso che conduce allo studio di Conte,
tracciato dagli studi di Beck, Goldman, Jones, Codoner, Knight,
Schmeling e Laird, non possiamo che concordare con F. sul fatto che
L'autore nascosto "costituisce senz'ombra di dubbio il
contribute) piu ragguardevole degli ultimi decenni alla comprensione
della narrativa petroniana" (23). Una delle sezioni piu
interessanti dell'articolo e costituita da un "gossip"
accademico. F. infatti fu prima alunno di Eduard Fraenkel a Bari e poi
collega di Konrad Muller a Friburgo; dopo aver riconosciuto
l'importanza di Fraenkel per lo studio del Satyricon, racconta che
Muller, il piu importante editore di Petronio del XX secolo, gli
confesse negli anni trascorsi a Friburgo che Fraenkel gli inviava note
per convincerlo a sopprimere nelle sue edizioni presunte interpolazioni
al testo petroniano; Muller cedette alle pressioni di Fraenkel nella sua
prima edizione del 1961, ma ritorno sui suoi passi nella seconda
edizione del 1965. Fraenkel, che insegno a Bari nel 1967, se ne ebbe a
male, e durante i suoi seminari petroniani apri la discussione sul testo
con queste parole: "Konrad Muller, che ora e diventato
conservatore" (24). Per quanto riguarda le edizioni, stupisce la
predilezione di F. per l'edizione "fraenkeliana" di
Muller, quando l'edizione del 1995, nonostante il suo apparatus
troppo stringato, presenta un testo veramente ammirabile. L'autore
chiude il suo articolo lamentando la carenza di un commento complessivo
al Satyricon e esprimendo il giustificato desiderio di un nuovo commento
della Cena. Tra le omissioni piu significative di F. si annovera uno
degli studi piu importanti e ricchi degli ultimi anni, che fornisce una
prospettiva complessiva del Satyricon offrendo allo stesso tempo al
lettore alcune brillanti sottigliezze: si tratta del Companion to
Petronius, di E. Courtney. (6)
Ne "Il capitolo 5 del Satyricon: una proposta di
lettura", Giulio Vannini propone una rilettura del poema declamato
da Agamennone, che per le pessime condizioni in cui e giunto fino a noi
e per l'evidente incoerenza della seconda parte in esametri ha
causato accese discussioni tra i filologi. Questa rilettura si basa su
una stretta analisi filologica del testo e della sua tradizione
manoscritta, che V. dimostra di conoscere alla perfezione. Dopo aver
esaminato alcune questioni testuali--come ad esempio il problema
presente al v. 6, dove al posto di addictus (L) o ad rictus (Ribbeck),
V. propende per congetture come ad nutus (Anton) o ad dicta (Bucheler),
perche entrambe, ma soprattutto la prima, enfatizzano il carattere
comico della degradazione implicita nell'applauso
"prezzolato" per spettacoli di basso livello -, V. si sofferma
sul principale problema del carmen: i versi 15-20. Ai vv. 15-16 esiste
infatti una seria corruttela ([dagger] exonerata [dagger]) che impedisce
di comprendere il senso del passo, in luogo della quale V. suggerisce di
leggere una congettura del tipo vox ornata di Fuchs. Rispetto
all'espressione Romana manus, che ha causato tanti problemi, V.
propone di seguire l'interpretazione gia avanzata da Burman, che lo
intendeva come l'insieme degli scrittori latini senza distinzione
di genere. Muller accetta la trasposizione di Burman del verso 20 dopo
il 16, in modo che i versi 15-16-20 possano essere riferiti al programma
di studi latini, che inizia con l'oratoria forense, continua con la
storiografia (v. 18) e arriva all'epica (v. 19). Tuttavia V. avanza
una proposta che permette di difendere l'ordine dei versi
tramandato dai testimoni. Questa proposta nasce da una doppia
insoddisfazione: se ci atteniamo al testo tradito, il ragionamento di
Agamennone e incoerente, mentre se accettiamo la trasposizione, il
problema sta nel fatto che il verso 20 comincia con un -que enclitico
(grandiaque) che invece appare come la soluzione stilistica piu adatta
alla fine di un'elencazione. La proposta di V. consiste nel
riferire i versi 17-20 alla poesia epica contemporanea, genere
appassionante e utile per un aspirante oratore. Questa esegesi e
supportata da alcuni argomenti : 1) il v. 18 e sempre stato riferito
alla storiografia in virtu della menzione della fortuna: tuttavia, la
Fortuna e un personaggio fondamentale del Bellum civile di Eumolpo e del
poema epico di Lucano; 2) i personaggi del Satyricon, e Agamennone non
fa eccezione, sono caratterizzati da velleita poetiche; 3) il v. 20 che,
secondo V., "ha buone chances di trovarsi al posto giusto"
(41), potrebbe essere un'allusione a Lucano (7.62 ss.), che
introduce a parlare il maximus auctor Romani eloquii per incitare con
magniloquenza Pompeo alla battaglia in nome della Fortuna; secondo V.
cio permetterebbe di dare un senso soddisfacente all'aggettivo
indomitus petroniano: Cicerone lotta infatti contro il potere degli
avversari della Repubblica. Se si accetta questa proposta, afferma V.,
si ottiene coerenza tematica e una chiusura pertinente: chi desidera
ottenere i risultati di un'arte rigorosa, dopo un organico percorso
di studi dovra librare la sua fantasia verso la grande poesia epica
contemporanea, ovvero a Lucano, gia nell'antichita ritenuto magis
oratoribus quam poetis imitandus. La proposta di V. e interessante non
solo perche concilia argomenti strettamente filologici e letterari, ma
soprattutto perche mette in relazione in modo convincente questo carmen
con la poesia contemporanea, nei confronti della quale Petronio mostra
una particolare attenzione.
L'ultimo articolo su Petronio e "Una seduta deliberante
nel Satyricon (101.6-103.2)" di Valeria Maria Patimo, che analizza
il passo in cui i protagonisti si consultano su come poter scappare
dalla nave di Lica, secondo un'alternarsi di propositiones e
confutationes proprio della tradizione del genere deliberativo. Secondo
P., il passo "ricalca perfettamente la consultatio di cui ci
informa l'anonimo autore della Rhetorica ad Herennium" (47).
Alla luce di cio analizza il testo petroniano citando passi paralleli
tratti da Quintiliano, Cicerone, la Rhetorica ad Herennium, con cui
intende dimostrare che il consilium salutis ha le sue basi nel genere
deliberativo. Per esempio Eumolpo, quando dice ai suoi compagni fingite
... nos antrum Cyclopis intrasse, riprende il contesto della retorica
giudiziaria di Cicerone in Pro Milone 79, stimolando i suoi compagni a
elaborare "un'immagine mentale, che costituisce un vero e
proprio caso dialettico ... e che suscita, pertanto, una quaestio"
(51). Eumolpo tenterebbe in questo modo di coinvolgere nella finzione,
cosi come faceva Cicerone, il gruppo dei partecipanti. P. afferma che la
propositio di Gitone (101,8) e il primo intervento dopo
l'esposizione del tema, ovvero come uscire dalla nave, e lo
definisce come "un prezioso contributo di meta-retorica" (53),
in cui si definiscono i meccanismi dell'inventio e della
pronuntiatio e la cui finalita e la permotio, che si ottiene mediante la
simulazione degli affetti. Un chiaro motivo intertestuale e lapsi per
funem, la proposta di Encolpio di fuggire dalla nave che allude a Eneide
2.262. (7) A differenza dei paralleli con il genere deliberativo che P.
cita, l'allusione di Encolpio nasce dal suo carattere mitomane, dal
suo permanente stato di infatuazione letteraria, come quella che la
stessa P. chiama in causa a proposito di 102.13 adhuc aliquod iter
salutis quaerendum est, che rinvia a Eneide 2.387-390, dove si racconta
la proposta di Corebo di travestirsi da troiani. P. cerca di dimostrare
come il consilium salutis sia un evidente modo di affrontare il problema
dell'eloquenza, poiche il lessico appartiene alla tradizione della
retorica deliberativa. Sebbene l'articolo sia molto ben documentato
e a tratti quasi convincente, la domanda da porsi e: quale altro tipo di
lessico avrebbe potuto utilizzare Petronio in un contesto simile, se non
quello della retorica deliberativa? Come notava Borges, "Algun
inquisidor ha enumerado ciertas analogias de la primera escena de la
novela con el relato de Kipling 'On the City Wall'; Bahadur
las admite, pero alega que seria muy anormal que dos pinturas de la
decima noche de muharram no coincidieran ...". (8)
In "Apuleio e Achille Tazio. Una scena di caccia e una
'regola aurea'", Luca Graverini esprime il suo disaccordo
con l'affermazione di Sandy, secondo la quale tra Apuleio e i
romanzi erotici greci "there is no connexion", (9) e, in
generale, con i giudizi troppo netti sulla netta separazione tra romanzo
greco e latino, opinione che a priori e salutare. Percio mostra come due
autori del II secolo come Apuleio e Achille Tazio si comportino in
maniera analoga rispetto alla tradizione letteraria precedente,
istituendo un confronto tra le scene di caccia in Achille Tazio (2.34) e
Apuleio (Met. 8.4-5). Il confronto si fonda sulla presenza in entrambi i
testi del contrasto tra caccia innocua (l'unica adatta ad un
contesto elegiaco) e caccia pericolosa (tipica del genere epico). Al
noto riferimento a Ovidio, Met. 10.535 ss., G. aggiunge un altro passo
ovidiano, Met. 1.443, affermando che tanto Ovidio quanto Apuleio
lavorano sulla base di una riconosciuta tradizione letteraria che
contrappone caccia elegiaca a caccia eroica. Attraverso una solida
argomentazione, G. sostiene che nel testo di Apuleio si presenta
chiaramente la convenzione dell'elegia, giacche e Carite che impone
le regole, basate sui valori della famiglia e dell'amore per il
coniuge, lasciando da parte l'eroismo e descrivendo un mondo
borghese, caratteristico del romanzo. Tuttavia, le convenzioni
letterarie della caccia elegiaca vengono trasgredite introducendo la
presenza del cinghiale--come avviene in Odissea 19.439 ss. -, che
obbliga Tlepolemo e Trasillo a prendere armi vere per lottare contro la
bestia. Questa tensione tra generi letterari diversi e analoga, secondo
G., alla tensione tra i codici di comportamento maschile e femminile, e
cio dimostra non solo la tendenza di Apuleio ad assimilare generi
differenti, ma anche che in tal modo l'autore riesce a
"produrre sviluppi narrativi" (71).
Qualcosa di simile accade con il passo di Achille Tazio che,
sebbene non paia alludere ad alcun modello particolare (come nel caso di
Apuleio con Ovidio), stabilisce tuttavia una chiara differenza tra
caccia pericolosa e caccia ad animali inoffensivi e, come Apuleio,
rappresenta la trasgressione della regola: solo la caccia minore e
innocua si puo mettere in relazione con un contesto amoroso. Anche in
questo caso la trasgressione funziona come una rappresentazione
narrativa dell'opposizione tra il genere epico e l'elegia. G.
sostiene che questa sola coincidenza tra i due autori dovrebbe gia
essere sufficiente per porre in dubbio l'affermazione di Sandy.
Successivamente G. cerca di dimostrare che tra le narrazioni di Apuleio
e di Achille Tazio vi sono marcate analogie--la tensione tra i due tipi
di caccia, l'amante che avverte il compagno dei pericoli,
l'uccisione colposa o dolosa del cacciatore --che vanno oltre il
fatto che la caccia e un tema folclorico, poiche i romanzi di Apuleio e
Achille Tazio sono ambedue opere sommamente metaletterarie. A partire da
questo, menziona le affinita tra i due autori (giacche per G. non e
assurdo pensare che Apuleio conoscesse Achille Tazio o viceversa): 1)
entrambi mostrano di possedere una cultura raffinata,
"sofistica", tipica dell'eta dell'oro del romanzo
antico, ed erano personalita poliedriche; 2) i loro romanzi presentano
una parte iniziale in chiave platonica sebbene con funzioni differenti
(ornamento letterario in Achille Tazio, chiave di interpretazione in
Apuleio); 3) entrambi recuperano il mito di Europa;10 4) entrambi
presentano casi di difesa contro la calunnia (le prove per dimostrare la
verginita di Leucippe e la veridicita di Melite in Achille Tazio; Lucio
che immerge la sua testa di asino nell'acqua per provare che non ha
la rabbia in Apuleio); 5) Effe, (11) basandosi su Onos 22 (dove alcuni
briganti vogliono sacrificare l'asino lanciandolo da una roccia),
segnala che a partire dal parallelo con Met. 6.26.2 (i briganti vogliono
uccidere l'asino, ma senza riferimenti al carattere purificatorio
del gesto) e Achille Tazio 3.12.1 (i briganti vogliono sacrificare
Leucippe) esiste la possibilita che tanto l' Onos quanto le
Metamorfosi siano una parodia di Achille Tazio.
La conclusione di G. e molto convincente: se e vero che non ci sono
prove assolute per dimostrare l'esistenza di una "zona
franca" dove non agisca la "regola aurea" per la quale e
imprudente tentare di individuare precisi rapporti intertestuali tra i
vari romanzi antichi, non e neppure possibile dire che esista un limite
invalicabile che separa nettamente il romanzo erotico e il romanzo
comico-parodico.
Nel suo articolo "Questioni didattiche a margine delle
Metamorfosi di Apuleio: una proposta di lettura" Mara Aschei si
propone di portare Apuleio nelle scuole. L'autrice ricorda che la
proposta didattica e nata nella sua classe durante la lettura
dell'inizio del libro 11 delle Metamorfosi e della scena del Tolle
lege delle Confessioni (8.12.28-29) di Agostino. A. sostiene che il
docente deve fare da guida all'alunno perche questi possa
incontrare nel testo le tracce piu importanti collegate al tema
analizzato, vale a dire la conversione. In questo modo, l'alunno
leggera il testo non solo a partire dai codici letterari, ma anche da
quelli religiosi. Tenendo in conto questa prospettiva e quella
autobiografica, A. suggerisce di leggere a scuola entrambi i testi, dato
che tra essi vi sono analogie testuali alle quali e stata data poca
importanza, ad esempio le espressioni che sottolineano la gestualita del
personaggio (laetus et alacer exsurgo, lacrimoso vultu sic apprecabar).
Attraverso questi dettagli ed alcune questioni, tra cui problemi di
traduzione (summas attribuito alla dea e da rendersi con
"altissima" o con "eminente"?), sempre interessanti
per il lavoro nella scuola, A. ripercorre, seguendo il commentario di
Griffiths e lo studio di Callebat, (12) i termini piu suggestivi per
l'interpretazione del passaggio. In questo modo, si occupa per
esempio del pianto del supplice, che presenta una ripresa lessicale da
Agostino, in una sorta di "codice gestuale del fedele" (108),
che recupera un immaginario definito dai culti misterici antichi,
significativi nella liturgia cristiana.
Il testo di A. soddisfa le sue premesse di proporre una lettura del
contesto delle Metamorfosi in relazione ad Agostino, anche se forse piu
importante e la considerazione che emerge dalla seguente frase
dell'autrice: "gli scarti di codice, di stile, di registro ...
richiedono una memoria testuale cospicua e uno standard linguistico di
riferimento molto solido, cose entrambe per nulla scontate nella
fisonomia attuale di un liceale" (98). Il termine
"attuale" ci ricorda che in passato il livello
dell'insegnamento liceale era molto superiore rispetto a quello
odierno, un problema che appare particolarmente diffuso in diverse parti
del mondo. (13)
In "Apuleio e Scarron: legami intertestuali tra le Metamorfosi
e il Roman comique", Vittorio Fortunati intende dimostrare
l'influenza del romanzo apuleiano su Scarron. F. analizza alcuni
elementi e procedimenti narrativi, come la magia, il procedimento
dell'hysteron proteron, i racconti secondari. Riguardo a questi
ultimi, per esempio, F. riconosce che nei romanzi barocchi l'inizio
in medias res favorisce ed esige l'uso dell'analessi per una
migliore comprensione del racconto principale; inoltre, afferma che nei
casi in cui i racconti siano eterodiegetici, quelli secondari in Scarron
sono in realta traduzioni di nouvelles spagnole. L'analisi di F. e
lontana dall'essere solida e persuasiva: non si vede
l'affinita intertestuale tra Apuleio e Scarron, quanto piuttosto
un'influenza evidente della novellistica iberica: come segnala
l'autore stesso "e quindi probabile che ... l'influenza
del testo apuleiano sul Roman comique sia stata indiretta, mediata cioe
dall'imitazione di quelle narrative spagnole" (116). Per F.,
tutte le somiglianze prese in esame (i temi, la struttura,
l'istanza narrativa, lo stile) non possono essere considerate pure
coincidenze; e, in effetti, non lo sono: i paralleli citati da F.
occorrono in molti romanzi dell'epoca, poiche rappresentano moduli
letterari che possono ripetersi da un autore all'altro senza che
Apuleio sia necessariamente il modello di riferimento.
L'ultimo articolo, dedicato all'anonima Historia
Apollonii regis Tyri, e uno dei migliori del volume. "A
Fisherman's Cloak and the Literary Texture of the Story of
Apollonius, King of Tyre", di Stelios Panayotakis, dimostra
pienamente come si puo vincolare l'interpretazione di un'opera
letteraria con lo studio dei suoi modelli. Nella HA, come non succede
per nessun altro romanzo antico, la presa di posizione circa
l'origine greca o latina e fondamentale per contestualizzare
qualunque tipo di analisi, e P. lo chiarisce bene: "it is
methodologically unsound to analyse a complex and in many respects
unique work of Latin fiction such as the Hist. Apoll. with the view to
reconstruct its original; this approach does not enhance our
understanding of the complex literary phenomenon we conventionally call
the Latin Novel" (126). La frase cela una critica giudiziosa e
prudente all'opera di Kortekaas, che ha dedicato numerosi studi
all'HA, e che si e intestardito nella ricostruzione
dell'ipotetico originale greco.
P. analizza l'episodio in cui il pescatore incontra il
protagonista Apollonio, dopo il naufragio, sulla costa della Pentapoli,
e divide in due il suo mantello per donarne meta al principe di Tiro (RA
12, 8-26). L'autore menziona una serie di passi paralleli che sono
stati citati come modelli di questo episodio: 1) Xen. Eph. 5.1.2 narra
l'incontro di Abrocome con un pescatore, ma non fa riferimento al
gesto di dividere il mantello; 2) Apuleio, Met. 1.7.2-3, non presenta
corrispondenze tematiche o verbali forti con la HA, oltre al fatto che
in Apuleio ci sono due indumenti e due amici; 3) Riese suggeri come
modello il gesto caritatevole di san Martino narrato da Sulpicio Severo
(vit. Mart. 3.1-3), ma in generale si tende a considerare il passo solo
per la comunanza del motivo; 4) nel Toxaris di Luciano, Demetrio dona
all'amico Antifilo la meta della sua tunica, in un episodio che ha
poco a che fare con la HA ma in cui, come nell' HA, la tunica viene
divisa in due ed e usato il termine [TEXT NOT REPRODUCIBLE IN ASCII].
Tutti questi paralleli possono dirci molto sulla genealogia del motivo,
ma molto poco su come esso funzioni nella HA. Tribunarium, un hapax
legomenon, non merita attenzione solo come evidenza linguistica, ma
anche per il suo significato simbolico e per il suo ruolo drammatico
nell'opera: serve infatti a dimostrare la relazione della HA con la
tradizione letteraria e a suggerire il possibile simbolismo
dell'episodio. Il mantello, afferma P., e indicato nel passo con
sago sordido (rec. [alpha] [L, G]), (14) espressione che, insieme a
tribunarium, allude ai "mantelli corti" e, soprattutto, alla
leggenda di san Martino, in modo che la HA, posteriore alla biografia,
dialoghi con essa. Tribunarium, che corrisponde in greco a [TEXT NOT
REPRODUCIBLE IN ASCII] ("piccolo mantello"), e la tunica
utilizzata da coloro che aspirano a vivere una vita da filosofo, allude
cioe allo stereotipo letterario del mendicante cinico. E molto
probabile, afferma P., che l'autore della HA sfrutti la tradizione
secondo cui il saggio, dopo il naufragio, scopre la filosofia e si
dedica ad essa. In definitiva, la storia del mendicante che divide in
due il suo mantello e non solamente un esempio di compassione, ma anche
un invito a intraprendere una vita da filosofo cinico. Tuttavia,
Apollonio accetta meta della tunica come una soluzione temporanea,
poiche successivamente recuperera la sua ricchezza precedente: forse per
questo si utilizza il termine al diminutivo, per mitigare la serieta del
passo.
A differenza di Kortekaas, che limita la sua analisi di tribunarium
a dire che si tratta di "a word that clearly points to a Greek
origin", (15) un'affermazione ovvia e utile solo al suo
fondamentalismo, P. fornisce un elemento fondamentale per la
comprensione dell'episodio e per la relazione dell'HA con i
modelli e la tradizione letteraria.
Concludendo, e giusto dire che l'edizione e molto accurata e
quasi esente da refusi, (16) mentre possiamo confermare le nostre
affermazioni iniziali: RL e un libro disuguale ma interessante, che
fornisce nuove interpretazioni (soprattutto con i testi di Vannini,
Graverini e Panayotakis) su aspetti riguardanti la tradizione letteraria
di tre romanzi che negli ultimi anni sono stati particolarmente studiati
sotto questo profilo, e non a torto, giacche il romanzo antico e un
genere che ha nella imitatio la propria ragion d'essere, per il
quale una meravigliosa frase di Luigi Enrico Rossi si riempie di
significato: "Solo chi imita e originale".
Review by Marcos Carmignani, Conicet (Argentina)
(1) Il recensore ha avuto la possibilita di assistere come
spettatore alla Giornata e di poter ascoltare uno dei contributi piu
notevoli, che purtroppo, come lo stesso Gasti segnala, non e stato
possibile pubblicare negli Atti. Si tratta di "Oportet etiam inter
cenandum philologiam nosse: appunti sulla cultura di Trimalchione",
di Mario Labate. In questo contributo, incentrato sulla cultura di
Trimalchione, Labate sosteneva che l'origine di parte delle
inesattezze e degli strafalcioni che il personaggio pronuncia nella Cena
sia da ricercare in una letteratura popolare di cui purtroppo abbiamo
soltanto scarsissime testimonianze.
(2) Cfr. tra gli altri "Petronio: il viaggio, il
labirinto", MD 6 (1981) 91-117; "Petronio. Crotone o il mondo
alla rovescia", Aufidus 1 (1987) 3-34;
"Encolpio-Polieno", MD 20-21 (1988) 9-32; "La
degradazione del modello (Circe e Polieno in Petronio vs Circe e Odisseo
in Omero)", Lexis 1 (1988) 67-80.
(3) G. Vannini, "Petronius 1975-2005: bilancio critico e nuove
proposte", Lustrum 49, Gottingen: Vandenhoeck und Ruprecht, 2007.
(4) A. Barchiesi, "Tracce di narrativa greca e romanzo latino:
una rassegna" in Semiotica della novella latina: Atti del seminario
interdisciplinare 'La novella latina', Perugia 1113 Aprile
1985, Roma: Herder, 1986, 219-236.
(5) G. B. Conte, L'autore nascosto. Un'intepretazione del
Satyricon, Pisa: Edizioni della Normale, 2007 (2).
(6) E. Courtney, A Companion to Petronius, Oxford: Oxford
University Press, 2001.
(7) Allusione di cui si e occupata C. Mazzilli, "Petronio
101.7-103.2: lusus allusivo e caratterizzazione dei personaggi",
Aufidus 41 (2000) 49-72.
(8) J. L. Borges, "El acercamiento a Almotasim" in Obras
completas, Tomo I, Buenos Aires: Emece, 1996, p. 417-418.
(9) G. Sandy, "Apuleius' Metamorphoses and the Greek
Novel", ANRWII.34.2 (1994) 1511-1574 (1570).
(10) Ekphrasis iniziale in Achille Tazio; in Apuleio, con la
mediazione di Met. 2.875 di Ovidio, il curiosulus ventus che scopre la
aggraziata pantomima Venere, nel libro X, e lo Zefiro che trasporta
Psiche a Cupido, nel libro IV.
(11) B. Effe, "Der missgluckte Selbstmord des Aristomenes
(Apuleius Met.1.14-17). Zur Romanparodie im griechischen
Eselsroman", Hermes 104 (1976) 362-375.
(12) J. G. Griffiths, Apuleius of Madaura: the Isis-Book, Leiden:
Brill, 1975; L. Callebat, Sermo Cotidianus dans les Metamorphoses
d'Apulee, Caen: Faculte des Lettres de l'Universite, 1968.
(13) Colgo l'occasione per richiamare l'attenzione sulle
differenze tra l'insegnamento medio italiano e quello argentino,
dove una proposta di lettura come quella suggerita da A. puo darsi
solamente a un livello universitario: durante i decenni 1970-1990,
l'insegnamento medio argentino ha sofferto le devastazioni dei
governi dittatoriali e neoliberali, che confinarono l'educazione
all'ultimo posto delle loro priorita, destinandovi risorse di
bilancio deliberatamente esigue.
(14) Kortekaas nella sua edizione mette a testo sacco sordido (P,
rec. [alpha] [Atr]). Per la descrizione dei MSS., cf. G. Kortekaas,
Historia Apollonii Regis Tyri. Prolegomena, Text edition of the two
principal Latin Recensions, Bibliography, Indices and Appendices,
Groningen, 1984.
(15) G. Kortekaas, Commentary on the Historia Apollonii Regis Tyri,
Leiden: Brill, 2007, p. 162.
(16) A p. 12, correggi "capitolo 11" in "libro
11"; a p. 18 si menziona l'opera di Rimell (Petronius and the
Anatomy of Fiction, Cambridge, 2002) che non figura nella bibliografia;
a p. 102 correggi "abbiamo" in "esse abbiano"; a p.
83 correggi "rocordare" in "ricordare".