M. Zimmerman--S. Panayotakis--V.C. Hunink--W.H. Keulen--S.J. Harrison--Th. D. McCreight--B. Wesseling--D. Van Mal-Maeder: Groningen Commentaries on Apuleius--Apuleius Madaurensis Metamorphoses--Books IV 28--35, V and VI 1--24: The Tale of Cupid and Psyche.
Graverini, Luca
M. ZIMMERMAN--S. PANAYOTAKIS--V.C. HUNINK--W.H.
KEULEN--S.J. HARRISON--TH. D. MCCREIGHT--B.
WESSELING--D. VAN MAL-MAEDER: Groningen Commentaries on
Apuleius--Apuleius
Madaurensis Metamorphoses--Books IV 28--35, V and VI 1--24: The
Tale of
Cupid and Psyche
Pp. IX + 596. Groningen: Egbert Forsten, 2004. Hardback, [euro]
110,--.
ISBN 90 6980 146 9
Con questo volume (d'ora in poi, GCA 2004) si conclude un
progetto, partito piu di 30 anni fa, (1) che prevedeva originalmente la
pubblicazione di commenti ai libri IV--X delle Metamorfosi; rimanevano
fuori quindi i primi tre, per i quali erano gia disponibili commenti
relativamente recenti, e l'XI, per il quale era gia annunciato il
commento di J. Gwyn Griffiths (pubblicato nel 1975). Il piano di lavoro
prevedeva di non procedere linearmente dal libro IV al X, ma di lasciare
per ultima la parte centrale del romanzo dedicata al racconto di Amore e
Psiche; prima di GCA 2004 sono infatti apparsi i commenti a IV 1--27
(1977); VI 25--32 e VII (1981); VIII (1985); IX (1995); X (2000). Ad
esclusione dell'ultimo, che si deve alla sola Maaike Zimmerman, (2)
si tratta sempre di lavori di gruppo; ma, come e naturale per un
progetto di tale durata, il team di studiosi coinvolti nei vari GCA ha
subito via via vari cambiamenti, tanto che tra gli autori di GCA 2004
non rimane nessuno di coloro che hanno contribuito al volume del 1977.
Oltre al gruppo di lavoro, anche il progetto generale ha subito una
(felice) metamorfosi, con la decisione di pubblicare nuovi commenti
anche ai primi tre libri: dopo quello al libro II (2001), di Danielle
van Mal-Maeder, (3) sono quindi attesi nei prossimi anni anche quelli ai
libri I (di Wytse Keulen; una versione preliminare, limitata ai capp.
1--20, esiste gia come dissertazione di PhD) e III (di Rudi van der
Paardt, che rielaborera per adeguarlo alle caratteristiche degli altri
GCA quello da lui gia pubblicato nel 1971 come dissertazione di PhD).
Purtroppo, invece, e rimasto definitivamente escluso dal progetto il
libro XI.
I prossimi GCA saranno quindi lavori individuali, e il presente
volume, pur non essendo l'ultimo della serie, segna comunque la
fine dell'attivita di
un team di studiosi che non solo ha segnato in modo indelebile la
storia recente della filologia apuleiana, ma che ha anche contribuito a
fare di Groningen il principale punto di riferimento per gli studi sul
romanzo antico. Il lavoro filologico sulle Metamorfosi e infatti servito
da stimolo per una quantita di altre iniziative di piu ampio respiro: ad
esempio i due volumi di Aspects of Apuleius' Golden Ass (AAGA), (4)
ma sono soprattutto da ricordare gli annuali Groningen Colloquia on the
Novel (5) e l' International Conference on the Ancient Novel del
2000, (6) che hanno svolto un ruolo fondamentale sia nel catalizzare
l'attenzione degli studiosi sul romanzo antico sia nel creare tra
di loro una gradevole 'aria di famiglia'--una tradizione che
continua, inutile dirlo, nei Rethymnon International Conferences on the
Ancient Novel e con Ancient Narrative.
La pubblicazione di GCA 2004 e dunque senz'altro
un'occasione utile per ricordare il non piccolo debito di
gratitudine che tutti gli studiosi del romanzo antico hanno nei
confronti di chi ha lavorato ai Groningen Commentaries, e in particolare
di Maaike Zimmerman, che ha coordinato le attivita del gruppo negli
ultimi anni e che assieme a Stelios Panayotakis ha curato la
pubblicazione del commento oggetto di questa recensione. (7) E se le
attivita del gruppo sono terminate, proseguono ovviamente quelle dei
singoli studiosi: proprio da Maaike Zimmerman si attende, nei prossimi
anni, una nuova edizione critica del romanzo di Apuleio per gli Oxford
Classical Texts, mentre Stelios Panayotakis sta per dare alle stampe un
commento alla Historia Apollonii.
Il volume si apre con una breve Introduzione, articolata in cinque
parti: "Structure and content", "Handling of time and
place", "The characters in the tale", "The narrative
situation", "The text". Si tratta di una presentazione
piuttosto breve, senz'altro piu breve di quelle alle quali ci
avevano abituato i piu recenti GCA: questo e probabilmente dovuto da una
parte all'esigenza di contenere l'ampiezza del volume che,
sebbene privo delle Appendici presenti in molti altri GCA, con le sue
quasi 600 pagine e di gran lunga il piu ponderoso della serie;
dall'altra, al fatto che molte tematiche generali relative ad Amore
e Psiche sono state affrontate nel gia menzionato AAGA 2, considerato
come una sorta di "companion" a GCA 2004 (p. 2).
Segue il testo della favola di Amore e Psiche che, come e
tradizione per i GCA, e basato su quello dell'edizione teubneriana
di Helm; nei punti in cui se ne discosta (elencati alle pp. 15--16), cio
accade per lo piu per preservare la lezione di F (Laurentianus 68,2) a
fronte di interventi congetturali accolti da Helm, o per accettare
congetture piu vicine al testo tradito da F. Il testo e privo di
apparato critico, ma tutti i problemi testuali sono ampiamente discussi
nel commento.
La tendenza conservativa dei commentatori e, a parere di chi
scrive, sempre ragionevole. Ad esempio, nel caso di 4,31,2 in
pulchritudinem contumacem reverenter vindica non viene accolta la
correzione di reverenter in severiter, che pure costituisce senza dubbio
una "attractive option" (p. 68) specialmente sulla scorta
della parafrasi di questo passo offerta da Fulgenzio 3,6 (Venus ...
Cupidinem petit, ut in contumacem formam severiter vindicaret).
Tuttavia, il Laurenziano offre comunque un senso accettabile, dato che
reverenter puo essere interpretato (come suggeriva Oudendorp) nel senso
di "oboedienter, prae matris tuae reverentia": il testo
tradito non e quindi di per se scorretto, incomprensibile o
contraddittorio, anche se il confronto con Fulgenzio puo indurre un
ragionevole dubbio. I commentatori groningani in questo caso (e in molti
altri simili) interpretano in maniera eccellente il loro ruolo, offrendo
innanzitutto il testo conservato da F ma esponendo chiaramente e con
abbondanza di riferimenti critici i motivi di dubbio e le ipotesi
alternative.
Ciascun lettore, ovviamente, potra non condividere in qualche caso
le scelte operate, come peraltro avviene con qualsiasi edizione critica;
ma cio che importa e che il commento offre in genere tutte le
indicazioni necessarie allo studiosus lector che potra, eventualmente,
operare anche scelte diver genti. La conservazione delle lezioni di F,
del resto, non costituisce un feticcio filologico, e vi sono anche
alcuni casi in cui i commentatori groningani preferiscono intervenire
sul testo tradito che invece era conservato da Helm. A 5,3,1 (p. 126),
ad esempio, l'economica congettura di Groslot vocis informis
rappresenta un deciso miglioramento del voces informes di F, malsicuro
anche se non del tutto indifendibile.
Il caso di 5,11,2 (p. 180) e invece piu complesso e merita qualche
parola in piu. Il testo, che descrive la decisione delle sorelle di
Psiche di mettere in pratica il loro piano scellerato, e ac sic parentes
quoque redulcerato prorsum dolore raptim deserentes vesania turgidae
domus suas contendunt. Qui, deserentes e congettura di Colvius, accolta
dai commentatori groningani; tutti gli editori moderni stampano invece
deterrentes, basandosi su F che ha deterentes. La lezione del
Laurenziano fa difficolta essenzialmente perche il significato comune di
deterreo e "scoraggiare da", e non si capisce da cosa i
genitori di Psiche dovrebbero essere scoraggiati (il testo non fa
infatti alcun cenno a loro residue speranze di rivedere viva la figlia:
a 5,4,6 si dice anzi che essi indefesso luctu atque maerore
consenescebant); inoltre, appare difficilmente spiegabile la iunctura
con raptim. Di qui i vari tentativi di migliorare il testo, tra i quali
quello di Colvius e senz'altro attraente ed economico; a parere di
chi scrive, tuttavia, esso sembra anche banalizzare in certa misura la
frase, dato che sostanzialmente deserentes non fa che ripetere cio che
viene detto subito dopo, cioe che le sorelle se ne tornano ciascuna a
casa propria. In questa situazione, varrebbe almeno la pena di
menzionare il fatto, peraltro trascurato anche da Kenney, (8) che il
ThLL (p. 807,11 ss.) riporta anche 4 esempi in cui deterreo ha tout
court il significato di "spaventare". Si tratta, e vero, di
esempi tardi (a partire dalla Historia Augusta), ma in un impasto linguistico variegato come quello apuleiano la concordanza con testi
tardi (o forse con la lingua d'uso) non dovrebbe destare eccessiva
preoccupazione. Del resto, gia il Vallette notava con ragione (p. 51,
n.1) che nell'uso apuleiano "le sens de effrayer n'est
jamais absent"; e aggiungerei che esso puo esser considerato
predominante, o unico, anche a 4,26,1 (Carite deterrita dalla vecchia,
che minaccia di farla bruciare viva) e 8,5,1 (i cacciatori pavore
deterriti all'improvviso apparire del cinghiale). Le sorelle, se si
da a deterreo questo significato, provocherebbero un improvviso spavento
ai genitori con il cambiamento repentino del loro atteggiamento: prima
figlie amorevoli che deserto lare certatim ad parentum suorum conspectum
adfatumque perrexerant (5,4,6), ora due Furie scalmanate, che non solo
rinnovano il lutto dei
genitori con le loro esagitate manifestazioni di finto dolore
(5,11,1 comam trahentes et ... ora lacerantes) ma soprattutto li
abbandonano all'improvviso e vesania turgidae; con la loro
squilibrata frenesia esse offrono dunque ai genitori un ulteriore motivo
di preoccupazione, che si aggiunge al rinnovato dolore per la perdita di
Psiche.
Piu sottile il problema posto da quoque, difficilmente
comprensibile a parere di Kenney e vari altri: se si intende che le
figlie se ne vanno "spaventando (o abbandonando) anche i
genitori", non si capisce infatti chi altri esse avrebbero
spaventato (o abbandonato). In questo caso, i commentatori groningani
difendono il testo di F affermando che "quoque refers to these
parallel processes--the renewal of grief (redulcerato) and leaving their
parents in addition to leaving Psyche". Qui, "in addition to
leaving Psyche" e poco comprensibile, dato che le due sorelle hanno
lasciato Psiche gia da un po' (5,8,5), e non si e trattato
propriamente di un abbandono: quando la loro curiosita riguardo
all'identita del misterioso marito si fa troppo insistente e
infatti la stessa Psiche che, per evitare problemi e spiegazioni
imbarazzanti, le manda via. Quanto al resto della frase, essa
probabilmente suggerisce la giusta soluzione, ma, essendo priva di
argomentazioni che la supportino, puo lasciare piuttosto sconcertati. I
commentatori riferiscono infatti quoque alle azioni espresse dai due
participi, ma la collocazione normale dell'avverbio e subito dopo
la parola da mettere in evidenza, in questo caso parentes: di qui le
difficolta evidenziate da Kenney e altri. Un quoque preposto (da
riferisi quindi a redulcerato) non sarebbe del tutto inammissibile ma,
come suggerisce l'OLD s.v., si tratta di un uso che Quintiliano
(1,5,39) considerava "barbaro". In realta, non mancano studi
che evidenziano come gia in poeti di eta tardorepubblicana ed augustea
la collocazione di quoque sia talvolta meno rigida; (9) si trovano
quindi esempi di quoque non posposto ma preposto, e soprattutto casi in
cui quoque, collocato dopo la prima parola di una frase, si riferisce
alla frase nel suo complesso e non ad un suo singolo elemento. (10)
Questo potrebbe essere proprio il caso del nostro brano: quoque andrebbe
inteso come riferito all'intera frase che lo contiene, parentes ...
raptim deter rentes (interrotta dall'ablativo assoluto redulcerato
... dolore), e coordinerebbe, proprio come vogliono i commentatori
groningani, le azioni espresse dai due participi deterrentes (o
deserentes, per chi preferisce la congettura di Colvius) e redulcerato.
Il senso della frase sarebbe dunque: "e cosi, provocando anche un
improvviso turbamento ai genitori dopo aver esacerbato il loro dolore,
gonfie di follia tornano alle loro case". Non si tratterebbe del
resto, in Apuleio, di un uso isolato: la collocazione di quoque e
infatti piuttosto ambigua anche a 5,31,3 quid tale, domina, deliquit
tuus filius, ut animo pervicaci voluptates illius impugnes et, quam ille
diligit, tu quoque perdere gestis? In questo caso, molti intendono il
quoque con perdere gestis (cosi esplicitamente Kenney ad loc.), mentre i
commentatori groningani (p. 355) propendono per unirlo a tu; (11)
difficile risolvere la disputa in un senso o nell'altro, ed e
preferibile anche qui considerare il quoque riferito alla frase nel suo
complesso piuttosto che ad una singola parola (12)--un uso che,
certamente, pone qualche problema al momento di proporre una traduzione.
Oltre a discutere i problemi del testo, il commento naturalmente
offre un'ampia messe di informazioni su ogni aspetto del racconto
di Amore e Psiche, e riesce a farlo evitando il rischio, in cui
incorrono altri commenti di simile mole, di accumulare notizie in modo
farraginoso. Lo scopo degli autori, esplicitamente dichiarato a p. 2 e
che puo dirsi pienamente raggiunto, e "to bring out as fully as
possible the literary qualities and background of the tale". In
quest'ottica, ogni brano analizzato e sottoposto ad un attento
scrutinio linguistico, che evidenzia arcaismi, colloquialismi, hapax,
figure di posizione, suono e significato. Una cura particolare riceve
poi l'analisi intertestuale: essa da una parte raccoglie i frutti
dell'intenso lavoro svolto dalla critica specialmente negli ultimi
decenni (e anche in questo i commentatori dimostrano una notevolissima
padronanza della bibliografia apuleiana), ma si giova anche, in qualche
caso, di contributi originali. A 5,22,2 (p. 273) si nota ad esempio
come, dietro la generica poeticita del poliptoto Cupidinem formonsum
deum formonse cubantem si potrebbe celare una piu specifica e giocosa
allusione a passi come Hom. Il. 16,776 [TEXT NOT REPRODUCIBLE IN ASCII.]
espressione formulare (13) usata per indicare un eroe di grande
corporatura disteso a terra.
Al di la delle singole allusioni, pero, e soprattutto il rapporto
con i vari generi letterari a costituire un soggetto interessante e
talvolta controverso, tanto piu in un autore che, come Apuleio, fa della
caleidoscopica mescolanza dei generi e dei registri stilistici la chiave
di volta della propria scrittura. Commentando a p. 37 l'incipit del
racconto erant in quadam civitate rex et regina (4,28,1), i commentatori
sembrano condividere la posizione di Fehling, (14) che "rejects the
common opinion ... that it is typical of 'Marchen' and that it
can be used to prove the 'Marchen' character of the tale of
Cupid and Psyche". Tuttavia, sull'uso di tale incipit come
'generic sign' si fa anche riferimento (tra l'altro) a
GCA 1985, 38 dove (a proposito di questo brano e di 8,1,5 erat in
proxima civitate iuvenis natalibus praenobilis ...) si parla di
"familiar fairy-tale opening"; e riferimenti importanti alla
narrativa fiabesca ritornano nelle pagine immediatamente seguenti, a
proposito di rex et regina (38), tres numero filias (39), puellae
iunioris tam praecipua ... pulchritudo (40). Anche se e senz'altro
vero che incipit simili a erant in quadam civitate ... non sono
esclusivi della fiaba e ricorrono in numerosi altri testi e generi
letterari (esempi a p. 37), in questo contesto la posizione di Fehling
richiederebbe forse una discussione un po' piu articolata.
E chiaro, tuttavia, che la favola non costituisce l'unico
genere di riferimento. Amore e Psiche e in fondo una storia
d'amore, ed inevitabilmente il romanzo greco sentimentale entra in
gioco come uno tra i possibili modelli. I commentatori mettono bene in
evidenza analogie e differenze con il romanzo greco: a parte
l'incipit (che puo in qualche modo richiamare le frasi di apertura
delle Efesie e della Storia di Apollonio), anche l'happy ending
finale con matrimonio puo essere chiamato in causa (cfr. ad es. p. 552),
oltre naturalmente a varie scene come la descrizione della reazione di
Psiche alla vista di Cupido (5,22,3 ss.; pp. 274 ss.). I commentatori
sono tuttavia giustamente prudenti quando dai parallelismi nelle linee
narrative si passa alla comparazione di brani piu specifici: non e
affatto certo, ad esempio, che la menzione di Paniscus a 6,24,3
costituisca, come suggerisce Kenney, un'allusione alla fine del
romanzo di Longo, dove Dafni e Cloe dedicano un altare a Pan (p. 552).
Ad onor del vero, va detto che lo stesso Kenney menziona Longo in
maniera assai cauta, e sottolinea che l'entrata in scena di Pan, a
prescindere da tale parallelismo, era "in any case
appropriate" dato che alcuni testi (Per. Ven. 76--77; Tib.
2,1,67--68) sottolineano lo stretto legame tra Cupido e l'ambiente
pastorale.
Approfondito, e assieme prudente, e anche l'approccio alla
questione della 'teatralita' di Amore e Psiche. I vari generi
teatrali costituiscono senz' altro, in questo racconto come un
po' in tutto il romanzo, un importante punto di riferimento: sono
quindi ben evidenziati i rapporti con il teatro classico, che fornisce
motivi narrativi (come il mito di Andromeda, che rivive in Psiche
abbandonata sullo scoglio come preda di un mostro orribile: p. 86) e
spunti per la caratterizzazione dei personaggi (a 6,23 Giove, nel suo
atteggiamento benevolo verso Cupido, sembra richiamare il
'tipo' del padre indulgente nella Commedia Nuova: p. 537), ed
e anche oggetto di precise allusioni (ad esempio la ben nota descrizione
di Psiche aegra corporis, animi saucia a 4,32,4, improntata su un verso
della Medea di Ennio: p. 81); ma non vengono trascurati gli echi della
nuova teatralita popolare (mimo e pantomimo), che si riflette nella
scena finale dove le varie divinita suonano, cantano e danzano per la
festa nuziale (6,24,3: p. 550). Alcune note, estremamente interessanti,
rivelano elementi di teatralita anche negli atteggiamenti e nelle
inflessioni vocali di alcuni personaggi: cfr. ad es. a 6,2,1 longum
exclamat (p. 371), e 6,9,1 solent furenter irati (p. 424). Tuttavia, i
commentatori evitano giustamente di adottare la divisione in
'Atti' e 'Scene' proposta da Walsh e poi
sostanzialmente accolta da Kenney: la struttura di Amore e Psiche e
narrativa e non drammatica, cosicche una tale suddivisione risulterebbe
fuorviante (cfr. p. 5).
La nota a 5,22,5 (p. 276) illustra molto bene come, in Amore e
Psiche, al godimento estetico e all'esperienza amorosa finiscano
per sovrapporsi possibili suggestioni mistiche e filosofiche, con
particolare riferimento al Fedro platonico. La mescolanza di eros e
filosofia platonica non rappresenta propriamente una novita rispetto al
romanzo greco: un buon esempio e offerto dal discorso di Clinia in
Achille Tazio 1,10,2 ("il giovane, che per la prima volta e pregno
d'amore, non ha bisogno di insegnamento per sapere come metterlo
alla luce"), che e una chiara e giocosa allusione all'immagine
paradossale del filosofo "gravido di meditazioni" che chiude
il Teeteto di Platone (210 b--c; cfr. 150 b ss. e passim). Il testo di
Apuleio presenta tuttavia una densita di elementi mistico-filosofici, a
partire naturalmente dal nome dei protagonisti, che da sempre esso e
apparso a molti lettori disponibile a interpretazioni
piu 'serie'; quanto meno, il racconto di Amore e Psiche
ha chiaramente nell'economia del romanzo una funzione strutturale
importante, sottolineata anche dalla sua stessa ampiezza e dalla
posizione centrale, che favorisce l'istituzione di parallelismi tra
la storia di Psiche e quella di Lucio. Fin dove ci si debba spingere con
le interpretazioni simboliche, e che valore dare ai parallelismi tra
Amore e Psiche e la storia di Lucio, non e pero affatto chiaro, e le
posizioni degli studiosi sono ampiamente discordanti. I commentatori
groningani adottano una prospettiva eminentemente letteraria (cfr. p.
3), mirando soprattutto all'evidenziazione della patina letteraria
del racconto, dei vari livelli di ironia e humour, del suo gusto alessandrino; questioni inerenti alla possibile presenza di significati
'piu profondi' di vario genere sono affrontate di volta in
volta quando il testo ne offre occasione (appunto a 5,22,5, o quando a
6,24,4 viene annunciata la nascita di Voluptas), ma, a parte le brevi
note offerte dall'Introduzione, manca uno sguardo d'insieme.
Per questo occorre rivolgersi ad AAGA 2, che come si e detto e da
considerarsi una sorta di "companion" a GCA 2004.
La scelta redazionale--peraltro abbastanza ovvia--di separare
nell'organizzazione dei GCA la storia di Amore e Psiche dai
capitoli immediatamente precedenti e seguenti, che ne forniscono la
'ambientazione' narrativa, potrebbe forse aver distolto
l'attenzione dei commentatori da alcuni dettagli. Ad esempio,
specialmente nell'ottica di un platonismo soprattutto letterario e
non filosoficamente coerente, sarebbe valsa la pena di rilevare il fatto
che sia all'inizio che alla fine di Amore e Psiche si sottolinea
esplicitamente che la storia e raccontata da una vecchietta (4,27,8
anilibus ... fabulis; 6,25,1 sic ... delira et temulenta illa narrabat
anicula), e che e tipico di Platone definire "storie da
vecchie" i falsi miti e i racconti privi di solide basi razionali,
nei quali vi e una forte percentuale di falsita (cfr. ad es. Timeo 26
b--c; Teeteto 176 b; Repubblica 2, 377 a; Leggi 10, 887 c--e): ma GCA
2004 parte da 4,28 e si ferma alla fine di 6,24, e le interpretazioni
platoniche di Amore e Psiche erano al di fuori della prospettiva di GCA
1977 e 1981.
Nonostante il carattere mitico e fiabesco del racconto, il mondo reale non e certo estraneo al testo di Apuleio, e i commentatori sono
sempre attenti a sottolineare, ad esempio, l'uso di terminologia
propria del diritto romano (cfr. ad es. p. 431 su 6,9,6 in villa sine
testibus) o il riferimento a vari realia (ad es. p. 417 su 6,8,2 metas
Murtias). Anche le possibili conseguenze di simili riferimenti per la
collocazione cronologica del romanzo di Apuleio sono evidenziate con la
dovuta prudenza: cosi ad esempio nel caso della la definizione di Psiche
quale delitescens ancilla a 6,7,3 (p. 411), basandosi sulla quale
Bowersock ha tentato di stabilire un terminus post quem al 177 d.C. In
quel contesto, sarebbe stato opportuno fornire anche riferimenti piu
generali al problema della datazione del romanzo,15 anche se questo va
forse oltre gli scopi di un commento esegetico. Per le questioni
inerenti alla romanizzazione del racconto, su cui cfr. ad es. la
menzione di Salacia a 4,31,6 (pp. 74 s.), e oggi assai utile un articolo
di Gianpiero Rosati,16 che e uscito evidentemente troppo tardi per
essere menzionato nel commento ma e comunque presente nella bibliografia
al punto V.
La bibliografia e, come sempre nei GCA, estremamente ampia, e
testimonia l'accuratissimo lavoro di documentazione svolto dai
commentatori. Le due sezioni principali, dopo quelle dedicate ad
abbreviazioni, edizioni e commenti, sono la IV ("Secondary
Literature mentioned in our commentary") e la V ("Apuleian
Studies from GCA 2000 onward"): si tratta di una suddivisione che,
sebbene non priva di significato, in qualche occasione puo obbligare ad
una doppia consultazione. Un elemento decisamente positivo e invece il
fatto che, come gia accadeva nei piu recenti volumi della serie, la
bibliografia del punto IV non e incrementale ma completa: il lettore non
e quindi costretto a consultare le bibliografie dei precedenti GCA.
Chiudono il volume i tre indici, Rerum, Verborum e Locorum.
Particolarmente utile e il primo, che in molti casi permette di supplire
alla brevita dell'Introduzione e di ricostruire percorsi tematici
di rilievo: la voce "Psyche--and Lucius" ad esempio elenca una
quantita di brani utili a ricostruire un ampio quadro della complessa
relazione che lega la protagonista di Amore e Psiche al protagonista del
romanzo. L'indice costituisce inoltre un utile ausilio per ricerche
di vario genere: per questioni di lingua e stile si hanno a
disposizione, ad esempio, ampie voci su "allusion",
"chiasmus", "colometry", "hapax
legomenon", "metaphor", "word order"; sulla
tecnica narrativa si possono consultare "dramatic irony",
"irony", "audience", "narrative".
Purtroppo, l'Index rerum e anche l'unica parte del volume che
avrebbe chiaramente avuto bisogno di maggior cura. In alcuni casi si
nota una certa mancanza di organizzazione: la voce "curiosity"
rimanda infatti alla sola p. 290, ma numerosi altri riferimenti sono
offerti da voci meno ovvie, e che per questo andrebbero segnalate con
riferimenti incrociati, come "motifs--curiosity" e
"Psyche--and curiosity"; vi e poi una inspiegabile (e del
tutto fuori ordine alfabetico, trovandosi tra "theme" e
"topos") "apparent death--curiosity". Assai
perplessi lasciano voci come "Apuleius--and poetae novelli":
la voce "Apuleius", estremamente generica, non ha altre
sottodivisioni se non "and poetae novelli", e chi cercasse
informazioni su questo argomento andrebbe probabilmente a cercare
direttamente "poetae novelli". Altre voci sembrano poi
piuttosto carenti. Particolarmente laconica e ad esempio
"Platonism--in the Met.", che rimanda alla sola p. 276 (su
5,22,5, Psiche che al lume di candela vede il vero volto di Cupido):
sarebbe stato utile almeno un riferimento alla p. 552, dove si discute
brevemente della nascita di Voluptas (6,24,4).
La cura tipografica, invece, non manca, e il volume appare
elegante, ben curato e ben organizzato. L'impaginazione dei vari
GCA non e rimasta immutata nel tempo, e GCA 2004 introduce (oltre ad
alcuni cambiamenti puramente estetici) un piccolo grande miglioramento:
finalmente infatti fanno la loro comparsa le testatine, che riportano
sul margine superiore della pagina il numero del libro e del capitolo al
quale si riferisce il commento. I volumi precedenti della serie
obbligavano chi cercava informazioni su di un brano specifico a
scartabellare faticosamente avanti e indietro; adesso, invece, si tiene
conto anche delle esigenze di chi, impigrito e viziato da ipertesti
telematici e non, si e abituato ad arrivare dappertutto con un paio di
click del mouse (a quando l'intera serie dei GCA su CD-ROM?).
Concludendo, GCA 2004 e senza dubbio un ottimo commento, che si
inserisce a pieno titolo nella tradizione di elevati standard
qualitativi fissata dai precedenti Groningen Commentaries; oltre a
costituire una risorsa indispensabile per chi studia le Metamorfosi di
Apuleio, in molti casi esso offre anche --cosa rara per un commento--una
lettura piacevole. E compito tradizionale del recensore cercare piccole
smagliature e motivi di disaccordo, ed occorre dire che il nuovo GCA
rende questo compito decisamente arduo.
(1) Annunciato in Gnomon 1973, p. 528.
(2) Recensito da E. Finkelpearl in Ancient Narrative 2 (2002),
240--250.
(3) Recensito da A. Bitel in Ancient Narrative 3 (2003), 185--197.
(4) Il primo pubblicato a cura di B.L. Hijmans e R.Th. van der
Paardt (Groningen: Bouma's Boekhuis 1978); il secondo, dedicato ad
Amore e Psiche, curato da M. Zimmerman et al. (Groningen: Forsten 1998).
(5) Ed. H. Hofmann, Groningen: Forsten 1988--1995; edd. H. Hofmann
e M. Zimmerman, Groningen: Forsten 1996--1998.
(6) Buona parte dei contributi sono pubblicati in S. Panayotakis,
M. Zimmerman, W. Keulen (edd.), The Ancient Novel and Beyond,
Leiden--Boston: Brill 2003.
(7) Il ruolo di curatori di Zimmerman e Panayotakis, in realta, non
e apertamente dichiarato nel frontespizio del volume, che rispettando il
formato della serie si limita ad elencare i nomi degli autori che vi
hanno contribuito; esso e pero menzionato quasi en passant nella
Prefazione di Maaike Zimmerman, e pare giusto sottolinearlo in questa
sede. Tra l'altro, questo fatto contribuisce implicitamente ad
ampliare il numero delle categorie critiche a disposizione degli
studiosi del romanzo che, gia familiari con l'idea di "autore
nascosto" grazie a un noto libro di Gian Biagio Conte, possono
d'ora in poi fare riferimento anche alla presenza di "curatori
nascosti".
(8) Apuleius. Cupid & Psyche, ed. by E. J. Kenney, Cambridge
1990.
(9) D.R. Shackleton Bailey, Propertiana, Amsterdam 1967, p. 175 s.;
ulteriori discussioni (e bibliografia) in Bomer ad Ov. met. 3,456; M.
Labate, Et amarunt me quoque nymphae (Ov. Met. 3,456), MD 10--11 (1983),
305--318, spec. p. 305 s.
(10) Cfr. Shackleton Bailey, loc. cit.; ad esempio, Virg. ecl. 4,41
robustus quoque iam tauris iuga solvet arator; Ov. her. 4,37 iam quoque
... ignotas mittor in artes.
(11) Rimarchevole l'idea per cui il testo potrebbe suggerire
"a subtle play on an erotic sense of perdere": si istituirebbe
cioe un parallelismo ironico (difficilmente traducibile, ma che sembra
del tutto compatibile con l'arguzia linguistica di Apuleio) tra le
azioni di Cupido, che diligit, e di Venere, che perdit.
(12) E utile sottolineare che la struttura della frase e
sostanzialmente identica a Ov. met. 3,456 et amarunt me quoque nymphae,
e ne riproduce l'ambiguita; sulla collocazione di quoque in questo
verso ovidiano vd. le discussioni di Bomer ad loc. e Labate, citato a n.
9.
(13) Cfr. anche Il. 18,26; i commentatori citano anche Il. 17,26
(del quale non vedo la pertinenza), ma tralasciano Od. 24,40.
(14) Amor und Psyche. Die Schopfung des Apuleius und ihre
Einwirkung auf das Marchen, eine Kritik der romantischen Marchentheorie,
Wiesbaden: Steiner Verlag 1977, p. 79.
(15) Ad esempio il tentativo di Ken Dowden ('The Roman
Audience of The Golden Ass', in: J. Tatum (ed.), The Search for the
Ancient Novel, Baltimore--London: Johns Hopkins Press 1994, 419--434) di
collocare il romanzo negli anni giovanili di Apuleio.
(16) Quis ille? Identita e metamorfosi nel romanzo di Apuleio, in:
M. Citroni (ed.), Memoria e identita. La cultura romana costruisce la
sua immagine, Firenze 2003, 267--296.
Reviewed by Luca Graverini, Arezzo