Kobilek di Soffici: dalla guerra-gioco alla narrazione di una comunita.
Bellini, Davide
Preambolo: soldato-giocatore o soldato-operaio?
Un bilancio della letteratura sulla Grande Guerra sarebbe
incompleto senza un protagonista come Soffici. La sua traiettoria
culturale, dalle avanguardie al fascismo, e esemplare di molte
contraddizioni del primo Novecento. In Soffici le aperture europee
convivono con le chiusure nazionalistiche; il talento artistico ed
espressivo non esclude la duttilita politica, talora una vera e propria
tendenza a diventare organico al potere. (1) Proprio questa miscela di
elementi rende assai significativa la sua testimonianza sul conflitto,
che rimane affidata a tre libri: Kobilek, La ritirata del Friuli ed
Errore di coincidenza.
Questo intervento e dedicato all'analisi di Kobilek (2) Qui
Soffici, tenente del 128 reggimento fanteria nella II armata del
generale Capello, racconta le vicende del suo battaglione durante
l'agosto del 1917, dalla partenza da Cosbana alla sofferta avanzata
sull'altipiano della Bainsizza, attraverso Plava, gli sbancamenti
di Palievo, il "pianoro" di Rutarsce. La battaglia termino con
un'affermazione degli italiani, ma le sorti del conflitto si
sarebbero presto capovolte con il disastro di Caporetto (Faldella,
Silvestri, Weber).
Oggi e disponibile una precisa ricostruzione della vicenda
editoriale di Kobilek (Bartoletti Poggi). Il nucleo generativo del libro
risale al "taccuino" del fronte: appunti presi di getto prima
della grave ferita all'occhio che avrebbe costretto Soffici
nell'ospedale da campo di Cormons. Si aggiunsero poi le pagine
scritte per il reportage a puntate uscito sulla "Nazione" di
Firenze nell'autunno successivo, e le dimensioni del testo quasi
raddoppiarono. Nel 1918 usci Kobilek, per la "Libreria della
Voce", con alcuni passi censurati. Nel 1919 venne pubblicata
l'edizione Vallecchi. Nel 1928, sempre presso Vallecchi, usci
infine la terza edizione, in cui i brani soppressi dalla censura furono
ripristinati.
Secondo Vanden Berghe, a questo processo di ampliamento e revisione
corrisponderebbe un progressivo infittirsi di reminiscenze letterarie:
Apollinaire e gli stilemi futuristi, certo, ma anche Dante, Leopardi,
Stendhal, oltre a una "piu marcata toscanizzazione" e a un
recupero del "gusto ben radicato della descrizione truce ed
espressivistica" (154). Rilievi pertinenti, ma non e questa la
direzione che cerchero di seguire. D'altronde sulle filigrane
letterarie di Kobilek e gia disponibile una cospicua bibliografia. Anche
quando si e cercato di emanciparlo dalla traiettoria futurista e
lacerbiana, in effetti, sono stati evidenziati altri influssi
d'avanguardia; Adamson, ad esempio, ha sottolineato il modello di
Rimbaud. (3)
Cio che propongo e di analizzare Kobilek non tanto in chiave di
rimandi intertestuali, quanto come esempio di narrazione ideologica. Con
questo libro Soffici raccontava la guerra in maniera avvincente e
semplificata, sollecitando nel lettore un'adesione emotiva e
acritica al conflitto. Le risorse dello scrittore sperimentale--dai
chimismi lirici all'icasticita visiva e sonora--erano
senz'altro presenti, ma risultavano inserite in una piu solida
struttura fatta di realismo prosaico e analisi psicologica standard,
capace di catturare l'attenzione del pubblico con una narrazione ad
alta leggibilita. L'estetizzazione del conflitto funzionava, e in
maniera limitata, solo come elemento di distinzione (Bourdieu):
assicurando al libro un'etichetta di modernita, compensava il
predominio di una scrittura piu convenzionale.
Tutto cio implicava un'idea di guerra in sintonia con
l'orizzonte d'attesa di un pubblico nazionale e trasversale,
non piu modulata sui roboanti proclami di "Lacerba" e sulla
cultura di ristrette elites intellettuali. Per il grande pubblico, il
conflitto non poteva ridursi a gioco vitalistico ed esplosione di
colori, guerrejolie incentrata sull'ego del soldato-poeta; era
necessario puntare sull'evidenza genuina di sentimenti-base come la
paura e l'angoscia, l'istinto di sopravvivenza (in cui
immedesimarsi) o la solidarieta (da cui trarre l'effetto
edificante). A questo nuovo universo tematico andava ora incontro la
penna di Soffici. Il progetto di produzione-ricezione letteraria si
adeguava insomma al trauma di un'esperienza bellica che non
corrispondeva alle retoriche che l'avevano invocata. Lo ha
sottolineato Isnenghi:
La guerra che gli intellettuali avevano voluta e corteggiata come
mobilitazione e pienezza vitalistica delle energie e degli istinti,
attivizzazione di tutto l'essere in senso fisico e psichico,
dinamismo e spreco supremo, si manifesta e viene descritta tra le masse
come fatica statica e uguale, resistenza opaca, inerte rassegnazione.
(337)
Proprio questo dualismo intellettuali-massa, a mio avviso, Soffici
cerco di risolvere con Kobilek. Lo stesso Isnenghi si sofferma poco dopo
proprio su Soffici, che secondo lui
accenna, al principio, a chiamare i fanti partecipi del suo
straordinario gioco di muscoli e di nervi, ma poi ripiega piu
comprensivamente sul riconoscimento di questa doppia verita della
guerra: che per gli uni e energica prova intensamente e soggettivamente
partecipata, per gli altri e duro sacrifizio rassegnatamente e
collettivamente subito; come per gli uni e coscienza delle cause e dei
fini, per gli altri e ubbidienza al proprio destino.
(337)
Eppure mi sembra che in Kobilek, piu che una "doppia
verita", ossia una frattura fra due idee di guerra, si cerchi di
raccontare un'esperienza comune, il dramma di uno sforzo condiviso.
Pur sottolineando le distinzioni gerarchiche, Soffici vuole
rappresentare una guerra di tutti, in cui gli ufficiali condividono con
i soldati il fango della stessa trincea e la miseria dello stesso
rancio.
Effettivamente siamo abituati a pensare l'esperienza bellica
di Soffici sotto il segno del gioco, della gioia,
dell'irrazionalismo vitalistico. (4) Si tratta di un aspetto
importante del libro, ma non esclusivo. D'altronde alcuni
presupposti ideologici sono mutati rispetto agli anni di
"Lacerba". Ora non e piu pensabile la virulenta polemica
anti-borghese della fase precedente. Si tratta di un Soffici diverso,
deciso a rivolgersi a un pubblico piu ampio e a sollecitare meccanismi
di ricezione trasversali. Di li a pochi mesi, non a caso, si sarebbe
scoperto propagandista, con il giornaletto di trincea "La
Ghirba" destinato a conoscere ampia diffusione tra i soldati
italiani dopo Caporetto. (5) Ovviamente Kobilek, per complessita
espressiva e strutturale, e qualcosa di molto diverso dagli opuscoli di
propaganda che circolarono numerosi nel 1917-1918. Ma e pure evidente
che con questo libro Soffici cambia direzione rispetto agli
atteggiamenti elitari e provocatori che aveva tenuto in precedenza. (6)
Adesso gli intellettuali d'avanguardia gli appaiono infatti
"membri di elites discutibili" che finalmente, grazie
all'esperienza interclassista del fronte, possono comprendere le
ragioni di diversi attori sociali, benche genericamente definiti: dalla
"massa" alla "borghesia" (Kobilek 21).
Non si tratta soltanto di un nuovo milieu sociologico. Cambia la
modalita con cui si sceglie di narrare (e quindi giustificare) il
conflitto. Da scrittore di guerra, Soffici tento di risolvere la
stridente contraddizione tra il soldato "giocatore" e il
soldato "operaio"--il primo arruolatosi come volontario,
l'altro costretto a subire la coscrizione obbligatoria--che e stata
approfondita da Eric J. Leed come una struttura antropologica di fondo
della Grande Guerra:
La differenza fondamentale fra lo "spirito ludico" del
volontario e gli altri soldati, che invece consideravano la guerra alla
stregua di lavoro forzato, stava nelle attitudini contrapposte riguardo
la vita al fronte. Per il volontario la vita era qualcosa che acquistava
valore tramite il sacrificio; per il lavoratore era qualcosa da
preservare ad ogni costo [...]. La realta fisica e sociale della guerra
vanificava l'ideologia di cui il volontario era portatore.
(121-22)
Analizzando le memorie di alcuni combattenti tedeschi, Leed
sottolinea come certi volontari
riconobbero di essere entrati in guerra con "leggerezza",
come dilettanti che non potevano essere presi seriamente dai soldati
comuni, i cui stivali erano incrostati di realismo. Le loro aspettative
si erano formate nel sogno di un tempo passato, un tempo in cui sembrava
ancora possibile costruire un'antitesi etica al mondo borghese.
Essi avevano creduto che la guerra fosse negazione dell'interesse
materiale, e si ritrovarono immersi nientemeno che nella Materialkrieg.
(123)
Kobilek e un libro interessante proprio perche rappresenta il punto
di svolta per un autore che, abituato a invocare la guerra da giocatore,
si scontra con una prospettiva diversa, quella grigia e alienante della
guerra tecnologica. Eppure, di fronte a questa realta, la sua reazione
non e di evasione lirica o di scacco esistenziale. Al contrario, Soffici
sfrutta l'occasione per lanciare un messaggio ideologicamente
proattivo, al limite della propaganda. Sotto la superficie della
confezione diaristica, Kobilek veicola una narrazione forte del
conflitto, capace di enfatizzare la natura interclassista
dell'esercito, l'umanita degli ufficiali, lo sforzo comune
verso la vittoria. E si trattava di un proposito tanto piu urgente
quanto piu la guerra appariva alienante e tecnologizzata. Di fronte
all'orrore disumano della trincea, occorreva umanizzare i suoi
protagonisti.
Gli strumenti espressivi utilizzati per raggiungere
quest'obiettivo sono molteplici: un'analisi psicologica
semplificata e conciliante, sempre pronta a esaltare l'elemento
umano in ogni attore del conflitto; un sistema di personaggi che
rappresenta tutte le classi sociali, tutte le regioni della penisola e
tutti i gradi della gerarchia militare; una struttura testuale che al
frammento lirico-descrittivo alterna con efficace puntualita--nonostante
l'autodefinizione "giornale di battaglia"--la durata del
racconto el'ideologia del commento.
La guerra poteva arrivare cosi a un pubblico non piu elitario ma
medio, che, attratto dal marchio di uno scrittore colto e tuttavia
capace di sollecitare il piacere della lettura, assorbiva
un'immagine orientata del conflitto, in cui l'esercito
diventava metafora della nazione e lo sforzo bellico appariva animato da
un ethos pre-politico, intriso di buoni sentimenti e capace di
primeggiare sul non-senso della guerra di trincea.
"Interesse umano " e scansione narrativa
Non per niente, autorevoli lettori dell'epoca paragonarono
Kobilek alla memorialistica risorgimentale, sottolineando indirettamente
come il fattore umano riuscisse ad avere la meglio sulle atrocita della
guerra tecnologica. Se Ungaretti si limitava ad esprimere uno scarno
quanto esplicito apprezzamento, (7) Primo Conti scriveva in questi
termini a Giuseppe Raimondi: "Ho letto nelle mie lunghe ore di noia
il Kobilek di Soffici, e l'ho trovato bello, pieno di un calore
vasto che si assoda in blocchi di commossa umanita. E un Soffici
imprevisto e, a parer mio, importantissimo" (42). Baldini citava
esplicitamente Le noterelle d'uno dei Mille di Abba (65). Ancora
piu significativa la lettura di Emilio Cecchi, che nel 1921, al momento
di annunciare allo stesso Baldini l'affiliazione di Soffici alla
"Ronda", si inoltrava in un paragone sorprendente:
Ho riavuto in mano Le mie prigioni, in questi giorni, hai notato
che somiglianze di tono ci sono tra certe parti di Kobilek, La Ritirata
etc. per innocenza, didattismo morale, interesse umano, Soffici somiglia
a Pellico in un modo straordinario. E una cosa che fa ridere, sul primo
momento; o sembra soltanto un bon mot: invece e verissima, e potrebbe
servire come spunto di una interpretazione simpaticissima e rivelatrice.
Soffici-Pellico. Intendi che Pellico m'e piaciutissimo.
(218; lettera inviata da Roma il 5 ottobre del 1921)
"Innocenza, didattismo morale, interesse umano":
dov'era finito lo scrittore manesco e arrogante dei libri
precedenti, da Lemmonio Boreo a Giornale di bordo? Ma l'intuizione
di Cecchi introduce un altro problema importante, cui si e gia avuto
modo di accennare: il genere letterario di Kobilek, che non e di tipo
puramente diaristico. In Kobilek, accanto alla registrazione in presa
diretta, c'e la scansione narrativa lunga, che proietta sul passato
una consapevolezza piu strutturata dei fatti. In certi punti del testo,
infatti, e l'autore stesso a dichiarare una discrasia fra tempo
degli eventi e tempo della scrittura, mettendo in evidenza delle pause
che lo costringono a imporre una scansione piu lunga e a filtrare il
vissuto attraverso la memoria. Ad esempio il 26 agosto scrive (la
sezione precedente recava la data del 18 agosto):
Riprendo questi appunti che le vicende della battaglia
m'impedirono di continuare giorno per giorno.
Sono ricoverato in questo ospedale per una ferita all'occhio
sinistro cagionatami dallo scoppio di una granata durante l'ultima
ora del combattimento, finito vittoriosamente il 23 al mattino con
l'occupazione della quota 652 del monte Kobilek.
(45)
Dopo uno spazio bianco, la narrazione riparte dai fatti del 19
mattina. Una scelta simile consente innanzitutto di anticipare
l'esito vittorioso della battaglia--soluzione che non sarebbe
consentita a una struttura puramente diaristica. In certi punti
l'illusione della forma-diario e mantenuta: vengono esibiti tempi
verbali piu vicini ai fatti, come il presente e il passato prossimo, e
si da rilievo alla prossimita spaziale attraverso i deittici. (8) Nel
complesso prevale tuttavia una vera e propria strategia narrativa in cui
sono riconoscibili artifici strutturali volti a confezionare una storia
avvincente: la durata romanzesca, (9) la drammatizzazione, (10) la
suspense. (11)
Si tratta non solo di scelte stilistiche ma anche di una diversa
ricerca di effetti sul lettore. E il progetto di ricezione a cambiare di
segno. Un giornale di battaglia dovrebbe enfatizzare la soggettivita, il
carattere irripetibile e sconnesso delle singole percezioni,
l'estro dell'artista sperimentale che cattura gli eventi nel
loro repentino accadere. Con il suo spazio-tempo costrittivo la guerra
di trincea poteva condurre facilmente verso questa opzione: che tuttavia
Soffici non adotto, come un acuto recensore (Baldini) ebbe modo di
sottolineare. (12) Il diario richiede al lettore piu collaborazione nel
colmare gli "spazi vuoti" per la costruzione del senso; il
processo della lettura e piu critico e personale. Invece la scansione
narrativa lunga consente di far ritornare personaggi e temi, di
costruire un gruppo, di individuare obiettivi e scale di valori;
fornisce al lettore una prospettiva gia solida con cui giudicare gli
eventi. Sull'umoralita dell'impressione o dello squarcio
paesaggistico interviene il potere coesivo della memoria, della
costruzione identitaria, del commento etico. Il testo trasforma il suo
statuto comunicativo. Da diario, da documento di un individuo isolato,
diventa narrazione di una comunita.
Sorvegliare e perdonare: la retorica della comunita
La voce narrante, non a caso, non e quella di un outsider, bensi di
un ufficiale. Soffici e consapevole dello spirito di sacrificio dei
soldati e della loro qualita umana. La scrittura mette in rilievo
proprio questi elementi e sottolinea la responsabilita di chi occupa i
vertici dell'istituzione militare. Si noti la frase ipotetica che
chiude questo brano:
Piu tardi, in un giro che abbiamo fatto insieme fra i nostri
uomini, gia sistemati con miracoli d'industria al riparo di qualche
asse, dei teli da tenda fissati con nulla lungo un muro, a ridosso di un
ciglio, tesi dal peso obliquo del fucile ritto nella melma, abbiamo
ammirato tutta la loro inventiva, la pazienza, la calma, e anche la loro
bonta e rassegnazione di gente abituata a tutto, mai scorata, se
trattata umanamente e con giustizia.
(11)
Umanita e giustizia: sono questi i valori necessari a un ufficiale
per tenere alto il morale dei soldati e guidarli verso l'obiettivo.
Valori generici, intrisi di filantropico universalismo, adatti a far
presa su un grande pubblico. Alla truppa si richiede una virtu passiva
come la "rassegnazione", ma si e pure disposti a riconoscerle
un ethos del lavoro, quasi nel segno di un antico sapere artigianale
italico. Piu avanti, a completare lo stereotipo identitario, il motivo
bucolico si salda con una massiccia dose di buonismo. Soldati italiani
hanno portato oleandri presso le sepolture dei caduti: "Gentilezza
di cuore del nostro popolo" (11-12). A dominare e un punto di vista
bonario e comprensivo che punta a rendere familiari al lettore gli umori
del soldato, talvolta condensandoli in espressioni dal sapore
proverbiale:
Volentieri anzi avrebbero chiacchierato e riso, se non fosse stato
proibito, come spensieratamente buttavano lungo i sentieri tutto cio che
li impacciava nell'andare--il telo da tenda arrotolato insieme alla
mantellina, le pinze tagliatili; persino la gavetta--e cio malgrado
tutte le nostre minacce. Che il soldato e fatto cosi: tanto, sa che al
momento buono ritrovera tutto, o sapra farne a meno.
(45)
Pero Soffici non si limita a descrivere la truppa nel suo
anonimato. Sceglie di conferire ai soldati la dignita di personaggi,
assegnando a ciascuno un nome, una posizione nell'esercito, un
background geografico e un profilo caratteriale. C'e il piemontese
smanioso e audace, "tutto cordialita e ingenuita, pronto a
qualunque incarico, un poco esaltato dall'avventura guerresca, e di
cui e difficile dire se agisca con un tal quale eroismo o con una
candida incoscienza. [...] Questa passivita che c'e imposta non sa
capirla" (21). C'e il siciliano goloso e sornione, che si
lascia ipnotizzare dagli auspici di un'imminente pace ascoltando le
chiacchiere degli ufficiali, "rimasto tutto il tempo rintanato
nella sua buca sotterra, a sentire quella parola di pace ripetuta tante
volte, e l'enumerazione di tante delizie, mette fuori piano piano
il capo come fa la testuggine a pericolo scomparso, e resta li attento e
immoto" (30-31). C'e il bergamasco salace e carnale, che fra
oscenita e bestemmie manifesta il suo desiderio di tornare a casa dalla
moglie, puntualizzando pero, con paesana astuzia: "Eh no ! Questi
signori ci mandano a casa perche si empia la moglie, ma io non mi fido e
non ci casco. Finche dura la guerra, niente figlioli. A pace fatta, oh!
allora si. Boia d'un mondo ladro! Torno a casa, vuoto la botte del
vino, sbornie da olio santo, tiro il collo a tutti i polli del
pollaio--e ingravido la sposa" (41). C'e il fiorentino calmo e
intelligente, "pizzicagnolo" di mestiere (54), capace di
conquistarsi la promozione sul campo, ma animato soprattutto da un puro
istinto di sopravvivenza (66). C'e, infine, il calabrese alla sua
prima vedetta notturna, attanagliato da una paura quasi infantile, che
Soffici si premura di confortare con paternalistica condiscendenza:
Domandai allora al povero figliolo perche tremasse e battesse i
denti a quel modo. Comincio col dirmi ch'era pel freddo; ma subito
poi confesso che aveva paura. Lo rimproverai un poco schernendolo per
tanta pusillanimita che bisognava vincere in tutti i modi al piu presto.
Ma quella franchezza, quel terrore ridicolo, quella gioventu, mi
empirono il cuore di tenerezza. La guerra mi mostro ancora il suo volto
tragico, e non potendo, come avrei voluto, abbracciare e rimettere a
dormire nella sua buca di terra quel fanciullo, rimasi accanto a lui a
rincorarlo e consolarlo, a spiegargli il nessun pericolo di quel suo
primo servizio, per tutta l'ora del suo turno.
Nell'andarmene, dissi al capoposto di fare in modo che nelle
sere successive Pietracadella fosse comandato di vedetta piu presto
affinche si abituasse a poco a poco a non temere la tetraggine delle ore
estreme della notte.
(18)
La superiorita psicologica dell'ufficiale sul soldato e netta.
L'anima del soldato e un mondo semplice, da scoprire e manovrare
con delicatezza. Ma anche l'ufficiale prova sentimenti; ha un
"cuore" ed e quasi spinto ad atteggiamenti affettuosi,
rispetto ai quali risultano tuttavia piu efficaci piccoli accorgimenti
organizzativi. Anche le risorse stilistiche del brano sono ben calibrate
per arrivare a un pubblico standard: si notino il diminutivo
"figliolo" e la locuzione attenuativa "[lo rimproverai]
un poco", le strutture binarie
"freddo"/"paura",
"abbracciare"/"dormire",
"rincorarlo"/"consolarlo", e l'allitterazione
finale dei suoni t-e, "non temere la tetraggine delle ore estreme
della notte", che con il suo ritmo da filastrocca sembra quasi
ammonire il lettore: e facile, al fronte, ritornare preda di arcaiche
paure.
Tutte queste figure sono identificabili dal cognome--Borgo,
Randone, Badiale, Fondelli, Pietracadella--e a molte vengono riservati
spazi di discorso diretto. Il fante non e lasciato nell'ombra
dell'anonimato, coerentemente con un progetto ideologico che vuole
riconoscere (e in qualche modo tipizzare) l'importanza del
contributo di ciascuno alla causa comune. Siamo quindi agli antipodi
della scelta di Ungaretti, che dalla "congestione" del
cadavere senza nome, in Veglia, traeva un'energia etica volta a
trascendere la contingenza del conflitto. Viceversa i combattenti di
Kobilek vengono nominati proprio in quanto parti di un gruppo
belligerante, ingranaggi di una comunita specificamente militare.
Rendendosi conto del rischio del paternalismo, Soffici si sforza ogni
tanto di correggerlo o prevenirlo, sottolineando una sovrapposizione di
punti di vista tra ufficiale e soldato. "Guardavo intorno le facce
dei miei soldati, fra i quali ero accovacciato, e in tutte leggevo i
miei stessi sentimenti" (55). Il valore supremo e quello della
comunita, sia pure nel rispetto delle differenze gerarchiche.
"Mangiamo il pane da truppa e beviamo il nostro vino allo stesso
fiasco" (23). "E difficile dire come questa collaborazione
cordiale fra capi e subalterni sia utile e feconda" (42).
"Comincio lo sforzo enorme di noi tutti, maggiori, capitani e
subalterni, per regolare piu intelligentemente la loro marcia"
(86), si dice piu avanti a proposito di un momento dell'avanzata.
La retorica comunitaria che Soffici affida alle pagine di Kobilek,
inscenando lo sforzo degli ufficiali di porsi in sintonia con il vissuto
dei soldati, riflette in qualche modo le direttive che, gia prima di
Caporetto (e a maggior ragione dopo), i vertici dell'esercito
italiano avrebbero impartito in materia di gestione comportamentale
delle truppe. Cosi si legge in una circolare riservata di Cadorna ai
Comandanti d'Armata, nel luglio 1917, sulla repressione sommaria
dei fenomeni di indisciplina:
Chi punisce con la morte, si domandi sempre, in coscienza, se tutto
e stato fatto da parte sua per migliorare moralmente e materialmente le
condizioni dei suoi soldati, se oltre il reprimere egli ha saputo
prevenire, se egli e stato a continuo contatto con l'animo delle
truppe per comprenderne le aspirazioni, i bisogni, le depressioni, il
bene ed il male; se, in una parola, egli sente di dominare veramente le
forze vive che gli sono state affidate, con quella scienza del cuore
umano, senza la quale nessuno e stato mai un condottiero. Non sempre i
Comandanti hanno sentito l'obbligo morale, che e anche una
necessita pratica, di conquistare un ascendente personale sulle truppe e
di saperlo adoperare. Eppure quotidiani esempi dimostrano quanto puo
l'autorita, quando e sentita come missione. Dove le truppe parevano
depresse, stanche e inquinate da spirito di indisciplina o da teorie
sovversive e bastato un uomo di fede e di volonta per infondere in esse
un'anima nuova, per mutarne, anche in pochi giorni, il carattere
collettivo, e per ridonare ad esse l'efficienza bellica,
infiacchita. E una constatazione che deve essere di grave ammonimento
per tutti.
La guerra e lunga, metodica, logorante in quanto tende a
meccanizzare anche il combattente. E necessario reagire contro il
pericolo della depressione di tutti i valori essenzialmente umani del
soldato, senza i quali non si combatte e non si vince. (13)
A ciascun ufficiale si richiede "scienza del cuore
umano", e Soffici dimostra di possederla proprio fra le pagine di
Kobilek. Anche di fronte agli episodi di indisciplina, nei momenti piu
concitati dell'avanzata, il diario documenta l'esemplare
umanita del tenente: ruvido nel serrare i ranghi di fronte al pericolo,
ma anche pronto a comprendere e assolvere le debolezze umane dei
sottoposti. Ecco un brano di Kobilek che mostra una singolare
coincidenza, lessicale e semantica, con la circolare di Cadorna che si e
appena letta. Dopo un incisivo contrattacco austriaco, alcuni soldati
indietreggiano scompostamente, ma Soffici e gli altri ufficiali riescono
a trattenerli. Il testo alterna resoconto in presa diretta (anche
attraverso secchi frammenti di dialogo) e commento ideologico,
all'insegna di quel composito statuto formale di cui piu sopra si e
gia parlato:
Insieme al mio capitano, ai miei colleghi sopraggiunti in quel
punto, al capitano Guardi ed ai nostri graduati, attraversai il cammino
a quei miserabili, urlando.
--Fermi! fermi! Cosa c'e?
--Vengono avanti con la loro cantata ...
Col bastone in aria, con minacce e bestemmie, li fermammo di botto
quasi tutti. Facemmo far loro dietro-front e li rimandammo al loro
posto.
--Su, canaglie. Dovreste esser fucilati!
Ritornarono in se e risalirono il bosco di corsa com'erano
scesi. I due o tre che non s'eran fermati, retrocedettero ad un
tratto anche loro, ed umiliati, vergognosi seguirono i compagni su per
l'erta.
Questo brutto episodio mi disgusto parecchio; ma in guerra bisogna
anche fare i conti con i nervi degli uomini; e del resto quella
prontezza nel ritornare al fuoco, quella vergogna d'aver ceduto a
un cieco istinto, mi fecero capire che non si trattava di cattivi
soldati.
(61)
Anche in questo caso lo stile e il vocabolario appaiono
semplificati. Ma e la stessa scansione narrativa del semplice
"episodio", articolata in un prima e un dopo, a sottolineare
la problematicita della guerra, le mille insidie del cuore del soldato e
la necessita di "fare i conti con i nervi degli uomini". Il
fante e sempre esposto al rischio di cedere alla paura, ma puo essere
richiamato alla sua radice etica positiva se l'ufficiale fa il suo
dovere. Cosi, quasi nel segno di un pentimento rituale, si puo compiere
la redenzione di "miserabili" e "canaglie" pronti
alla fuga in soldati "umiliati" e "vergognosi",
nuovamente ligi al dovere.
L'ufficiale e un mediatore fra il mondo strutturato delle
esigenze militari e quello fluido e informale dei bisogni, delle ansie,
del "cuore umano" di chi combatte. (14) Pur dalla sua
posizione gerarchicamente distinta, egli deve saper comunicare con la
truppa, comprenderne le paure e i disagi, manipolare le varie retoriche
che gli consentono di entrare in sintonia coi sottoposti: da quella
fisicocomica (il bastone, la bestemmia, la battuta volgare) a quella
affettiva (la "tenerezza" con cui conforta la recluta di
vedetta).
E di importanza decisiva, ai fini del meccanismo narrativo del
libro, che proprio il personaggio che dice "io", cioe il
tenente Soffici, sia un ufficiale di questo tipo. Eppure Kobilek non
manca di rappresentare un altro tipo di ufficiale: quello che chiamerei
l'ufficiale-eroe, lontano dalla trivialita dei soldati e quasi
illuminato da un'aura di santita. Si tratta del maggiore Casati, a
cui e rivolta anche la dedica del libro. Nel suo atteggiamento emerge
una piu forte distinzione di status rispetto alla truppa; egli ha
un'aria "di vero Capo" (si noti la maiuscola), un aspetto
"nobile e guerriero" (10). Questo tipo di ufficiale non puo
avere alcun dialogo informale con il soldato. Piuttosto, in lui si
manifesta quell'educazione umanistica che gli consente di tenere
discorsi convincenti alla truppa, attingendo a una "pienezza
d'eloquenza italiana" che fa trasparire l'autorita delle
istituzioni. (15) E il prototipo dell'ufficiale eroico, un vero e
proprio sacerdote dell'azione militare che mescola carisma
aristocratico e saper fare plebeo:
A quell'aria marziale e nobilesca si aggiungeva ora quel suo
fare risoluto da popolano e insieme un carattere come di santita che
inquietava. [...] Mantenne questa sicurezza mistica durante tutto il
combattimento, provocando in noi tutti che lo seguivamo un senso di
riverenza, ma anche di sconcerto, e magari di ripugnanza, quasi che
quell'altezza morale scoraggiasse gli ultimi resti del nostro
egoismo, della nostra miseria troppo umana.
(105)
Visto il proposito ideologico ed editoriale di un testo come
Kobilek, sarebbe stato impossibile affidare al maggiore Casati la voce
narrante. La grande guerra italiana andava combattuta anche da
carismatici eroi (retaggio dannunziano?), ma poteva essere narrata
soltanto da chi sapeva parlare con la truppa--non solo alla truppa. (16)
Si noti infatti il "noi tutti" che, in antitesi
all'ufficiale-asceta, accomuna il tenente Soffici agli altri
soldati; in questo modo la voce narrante ribadisce di appartenere alla
piu vasta comunita dell'esercito, e continua a sollecitare la
benevola comprensione del lettore.
Lo stile amaro della guerra e le sicurezze del lettore
La "miseria troppo umana" (eco nietzscheana) di chi
soffre e combatte minacciato dalle mitragliatrici, cui Soffici
senz'altro si accomuna, stimola in effetti un peculiare meccanismo
di ricezione. Il lettore e chiamato a immedesimarsi con le debolezze del
soldato e, in buona misura, ad assolverle. D'altronde lo stesso
Soffici si auto-raffigura in momenti di difficolta e di paura, quasi
sottolineando la propria inerme condizione umana di fronte al pericolo.
(17)
Cio non significa che il tasto sublime-eroico sia del tutto espunto
dalle possibilita espressive del libro. Soffici sapeva di non poterne
abusare, soprattutto in quella variante demagogico-nazionalistica cosi
inflazionata nel discorso pubblico del tempo. (18) Ma in alcuni
selezionati punti il sublime riemerge, affiancandosi cosi alla patina
sperimentale e futurista come secondo elemento di prestigio formale del
libro. In questo caso si tratta di una possibilita retorica che nasce
dal contenuto stesso della narrazione, e che puo strizzare l'occhio
a lettori forniti di una tradizionale attrezzatura umanistica. Infatti
Kobilek parla (anche) di un'avanzata vittoriosa, che si consuma per
di piu nello scenario quasi mitologico di una leggendaria montagna.
Cosi, nel finale, quando ormai si e consolidata la vittoria, le truppe
italiane che sostano assetate sul giogo roccioso danno vita a una scena
di "solennita eschilea", e l'autore si spinge fino al
tecnicismo nel proporre il paragone con la tragedia greca. (19)
Piu spesso prevale invece un realismo prosaico, coerente con gli
stenti e le amarezze del fronte, e per questo poco propenso ad incongrue
impennate di tono. Cosi il diluvio che sferza il battaglione, nella
parte piu drammatica dell'avanzata, non e declinato in chiave
simbolica come lavacro purificatore, ma nella sua miserabile realta di
"fango" avvilente (80). Il prosaico e il banale sono assai
diffusi, e lambiscono anche le piu sconvolgenti immagini di morte. Si
notino gli ultimi due elementi della seguente enumerazione, dedicata a
descrivere una distesa di cadaveri: "Di sotto il terriccio
ripiovuto su di essi nelle esplosioni immense, uscivano mani gonfie,
nere di bruciaticcio, ginocchia infrante, scarpe fangose, spalle verdi o
violette, miste ad elmetti squarciati, a mitragliatrici, fucili,
baionette in frantumi, tegami e coperte" (83).
Pero il lettore, se da un lato dev'essere colpito
dall'immagine cruenta, dall'altro va rassicurato attraverso
un'adeguata cornice narrativa che smorzi il potenziale di shock del
racconto bellico. L'obiettivo non e quello di colpevolizzare chi
legge o minarne le certezze (specialmente politiche), ma piuttosto di
renderlo partecipe dell'atmosfera di sofferenza e tensione che si
respira al fronte. Si noti, nel brano seguente, il contrasto tra la
crudezza espressiva con cui viene descritta la ferita del soldato
moribondo e il veloce, ma risolutivo accenno all'happy ending della
sua disavventura:
Quando potei rialzar la testa vidi infatti, un poco piu basso di
me, il corpo d'un uomo che sussultava come in agonia. Attraverso un
buco tondo nell'elmetto, forato da una pallottola come fosse stato
di cartone, vedevo il sangue rosso palpitare sgorgando dal cervello,
mentre altro sangue colava giu da un occhio del disgraziato.
Urlai al portaferiti di condur subito quel moribondo al posto di
medicazione in fondo alla valle. I portaferiti accorsero infatti e lo
trascinarono via.
(Ho poi saputo che quel soldato non era morto, non solo, ma che
"stava benino!").
(71)
Invece gli aspetti politici o economici che hanno scatenato il
conflitto restano fuori dall'universo tematico del libro. Nessuna
istituzione extra-militare e nominata; non si fa alcun cenno alla
monarchia ne al parlamento, mentre solo un rapido passaggio viene
dedicato alla visita di Bissolati e Amendola, per inserire una polemica
digressione sulla "frollaggine" socialista e sui futuri
diritti dei combattenti. (20) La guerra viene offerta al lettore come
esperienza scontata, necessaria, semplice; un dato da vivere e da
accettare su un piano etico (ancor prima che estetico) e non politico.
Tra sperimentalismo e leggibilita
Un esame anche rapido degli altri aspetti linguistici e stilistici
del libro conferma come l'obiettivo di Soffici fosse il compromesso
tra soluzioni avanguardistiche e una koine espressiva piu facilmente
accessibile a un pubblico ampio. Soffici e sempre attento a cercare
soluzioni equilibrate che stimolino il lettore senza richiedere una
decodifica complessa. Le immagini stranianti ci sono, ma sempre
sostanziate di una semplicita denotativa e quasi didascalica: elementi
presenti, ad esempio, nel brano in cui viene descritta
l'indifferenza degli uccelli che cinguettano tra i proiettili e
saltellano sul filo spinato (25). O, ancora, nei referenti delle
similitudini con cui si cerca di rendere il suono della mitragliatrice,
tutti attinti al versante di esperienze familiari e pacifiche, persino
erotiche:
Mi colpi la diversita di suono delle pallottole che, a seconda
della distanza onde provengono, dell'accelerazione del tiro, puo
sembrare un fischio, un miagolio, un ronzio, e talvolta rassomiglia a
quello di un bacio, lungo, fine, e che ha persino qualcosa di dolce e
voluttoso. Mi accorsi nello stesso tempo che quando invece battevano nel
tronco, nei rami di qualche albero, o nei sassi in cresta al muricciolo,
il rumore che facevano era simile a quello di un piccolo petardo, o di
quei confetti che da ragazzi si fanno scoppiare per chiasso fra i piedi
della gente.
(50-51)
In questo brano troviamo fra l'altro una vera costante del
libro, i deverbali in--io: utili certo a una ricerca fonosimbolica che
catturi il dinamismo sonoro dei mille pericoli del fronte, e chiaramente
riconoscibili nella loro filiazione pascoliana prima ancora che
futurista. (21)
Le metafore possono attingere anche a un immaginario animale, quasi
favolistico: "La mitragliatrice seguitava a cantare come un cattivo
uccello" (52); oppure domestico e rustico: "le zolle
scottavano sotto di me come i mattoni di un forno arroventato"
(89). Altrove alla mitragliatrice e riferito un selezionato vocabolario
di temi verbali, ingegnoso e straniante nel segno di
quell'interferenza con il quotidiano che abbiamo gia visto:
strepitare (52), gracidare (81), sputare (83), urlare (88).
Non mancano formule comuni e quasi banali ("pallido come un
cadavere" 73), in direzione nettamente contraria ai cromatismi
d'avanguardia pur presenti nel libro (si ricordino le gia citate
"spalle verdi o violette" dei cadaveri). Cio e funzionale a
una precisa poetica di ricezione: rappresentare la guerra come
esperienza semplice e ravvicinata, ormai quotidiana necessita del gruppo
piu che diletto estetico dell'ufficiale-artista.
Certo non si puo negare la ricercatezza formale di alcuni punti.
Pero non si tratta soltanto di stilemi d'avanguardia, come spesso
viene sottolineato; al contrario, certi artifici retorici vogliono
andare in direzione di una maggiore godibilita del testo, per attirare
un lettore incline non tanto alle trovate sperimentali ma magari
all'eleganza lirica del dettato. Assegnerei a questa fattispecie
diversi casi di allitterazione e omoteleuto. (22) Non manca, del resto,
la ricerca di espedienti di prosa ritmica: spesso accade di incontrare
unita sintattiche che coincidono con precisi moduli metrici. (23) Sono
invece assai rare le frasi nominali, a conferma del prevalere di una
sintassi piu convenzionale e scorrevole.
Numerosi, infine, i tecnicismi militari. (24) La dimensione della
guerra tecnologica andava necessariamente nominata, in ossequio ai
propositi documentari del libro; ma solo per mostrare come, sul
non-senso di una violenza meccanica e senza volto, prevalesse
l'umanita di un esercito in cui il pubblico dei lettori poteva
immedesimarsi, uscendo gratificato dal racconto della battaglia.
Conclusione
La guerra raccontata da Soffici in Kobilek rispecchia bene il
carattere mosso e quasi metamorfico del suo percorso di scrittore. Ma e
anche un buon esempio di "concretizzazione" ideologica
dell'esperienza militare, attraverso un codice letterario
che--contaminandosi con la cronaca e la propaganda--si fa quasi
paraletterario. Un autore che aveva esordito sotto il segno di un
individualismo provocatorio e aggressivo si trovava a dover narrare
un'esperienza drammatica, collettiva, nazionale. Cementando una
mitologia della comunita, decideva cosi di rivolgersi ad un pubblico
ampio, sostanzialmente medio, per favorire una lettura basata non tanto
sul trauma e sullo straniamento, quanto sull'identificazione e la
comprensione. In questo senso, i modelli formali che piu lo favorivano
non erano quelli puramente soggettivi del diario, ma una scansione
narrativa che guardava anche a strutture piu solide, capaci di
articolare sviluppi temporali e quadri di personaggi. Anche la lingua
collaborava in tal senso, producendo una peculiare coesistenza tra punte
sperimentali e leggibilita. Allora, i prossimi studi su Soffici--e su
tutta l'area degli scrittori "militanti" degli anni
Dieci, lacerbiani o vociani che si confrontarono con l'esperienza
del conflitto--potranno forse guardare con interesse a questo nesso,
probabilmente nevralgico, tra metamorfosi ideologiche e progetto di
ricezione, che Kobilek rappresenta in maniera cosi peculiare.
Universita di Palermo
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(1) Mangione ha parlato giustamente di "singolare capacita di
adesione anche contraddittoria a tendenze ed eventi del reale"
(115).
(2) Cito dall'edizione di Kobilek del 1966 della casa editrice
Vallecchi. Gli altri due libri La ritirata del Friuli fu pubblicato in
volume da Vallecchi nel 1919; Errore di coincidenza usci su "Rete
mediterranea" tra il marzo e il dicembre 1920--registrano i fatti
successivi alla disfatta di Caporetto, descrivendo le travagliate, e a
volte caotiche, manovre di ripiego delle truppe italiane. Per un quadro
d'insieme sui diari di guerra di Soffici, cfr. Biondi e Bartoletti
Poggi.
(3) "Kobilek contains none of the irony and brazenness that so
permeated Soffici's futurist contributions to "Lacerba."
The tone of the war diary is softer, more reflective, and much more
reverent [...]. It was as if he sought to become immanent to reality in
the manner of Baudelaire and Rimbaud. Kobilek is a celebration of war as
a poetic fusion of art and life, a plunge into the primal that seeks to
escape all traces of bourgeois identity. For Soffici, the war was the
moral equivalent of Rimbaud's move to Africa, and Kobilek is better
described as a Rimbaudian text than a futurist one. Like Rimbaud,
Soffici was determined not only literally to merge himself with the
natural world of sensations, but also to make his way through it
joyously, however hellish it might prove" (Adamson 58).
(4) La lettura di Eraldo Bellini, assai valida e documentata, e fra
le piu significative di questo orientamento. Nella scrittura bellica di
Soffici, Bellini sottolinea l'importanza dell'area semantica
attinente alla gioia, all'allegria e alla felicita, nel segno di un
sostanziale "svuotamento drammatico della guerra". Si
tratterebbe appunto di una visione "ludica" dell'evento,
che comporta una "rimozione degli orrori della guerra" e
"convoglia la narrazione dei momenti piu aspri della battaglia
verso esiti futuristi". Tuttavia--e la notazione e significativa
per il nostro discorso--anche al critico sembra che "Soffici non
riesca mai a liberarsi da un senso di responsabilita nei confronti dei
suoi fanti" (175-77).
(5) Il generale Capello avrebbe poi sottolineato, rispondendo alle
critiche rivoltegli in merito alla trascuratezza della propaganda fra i
soldati, lo sforzo economico profuso per stampare il giornaletto di
Soffici: dal marzo al novembre del 1918 ne sarebbero stati pubblicati
"29 numeri di circa 40.000 copie ciascuno, che al prezzo di oltre
25 centesimi per ogni copia fa salire la spesa complessiva al di la
delle 300.000 lire" (27).
(6) "Disprezzar la folla e poco [...]. Bisogna inebriarsi
dello schifo ch'essa puo causare [...]. Gioia veramente futurista
di sentirsi un dio davanti a questa merda concittadina--mondiale--che
non e neanche possibile odiare" (Giornale di bordo I, 186).
(7) "Con il Kobilek di Soffici, con questo mio Porto, con
Baldini, non c'e altro dal fronte, di degno" (Ungaretti,
Lettere a Papini, 31 dicembre 1917, 169).
(8) "E stamani all'aurora, siamo come ho detto
partiti" (9). "Scrivo appie del muro [...]. Accanto a me
[...]. Fra una mezz'ora [...]" (13). "E arrivata la
posta. Se le amiche, gli amici potessero immaginare il piacere che fa
ricevere un saluto, una notizia qui!" (67).
(9) Alcuni elementi dilatano il tempo narrativo, nel segno tematico
dell'attesa o della sfida: e il caso degli estenuanti tentativi di
neutralizzare una mitragliatrice austriaca che ostacola la marcia
sull'altopiano di Rutarsce. In questo caso l'autore e abile a
rendere la frustrazione serpeggiante nella truppa dando voce ad altri
personaggi: "Ufficiali e soldati, eravamo arrivati al massimo
dell'irritazione. Vecchi fanti, conoscitori a fondo della guerra,
si facevan cattivi all'idea che forse un solo uomo era in quella
caverna sopra di noi a sbarrarci la via e a tenerci in quel modo
grufoloni nella polvere, cotti dal sole, avviliti dalla sete" (70).
(10) Si veda, ad esempio, il concitato episodio in cui Soffici
perde contatto con il proprio reparto e rimane intrappolato in un
cratere sotto il fuoco dell'artiglieria nemica (89-92).
(11) A un certo punto Soffici si accorge che i suoi uomini non
hanno proseguito la marcia in direzione dell'obiettivo stabilito, e
cerca di rendere la tensione vissuta in attesa che un sergente rechi
notizie dagli altri reparti: "Ci volle un po' di tempo prima
che tornasse, ed io lo passai nell'angoscia, pensando che da un
momento all'altro il nemico poteva irromper su noi, tagliati fuori
a quel modo, e distruggerci e accerchiarci" (54).
(12) "E certo che la trincea ha un orizzonte cosi breve che se
uno non riconnette in se stesso gli avvenimenti nella serie del tempo
con un po' di buon umore e di vero estro, l'armonia di
qualunque racconto gli e spezzata, nelle pagine gli si fossilizzano i
fatti e le impressioni. [...] Ogni ora divora le precedenti, non si ha
mai la mente a ragionare ordinatamente lo spazio che ci puo essere tra
il principio e la fine di qualunque avvenimento, e le giornate vissute
ricadono stancamente una sull'altra" (Baldini 65).
(13) Cito da Della Volpe (29).
(14) Certi passaggi sottolineano quasi un'istintiva empatia,
una capacita di cogliere immediatamente gli umori del battaglione:
"In tutti s'indovinava l'impazienza di andarsene, di
allontanarsi al piu presto dalla posizione" (15).
(15) "Parla meravigliosamente, con quella chiarezza e forza di
lingua propria ai buoni toscani nutriti di ottimi studi e che sanno dar
concretezza ed evidenza alle idee piu complesse; esprimere le sensazioni
piu raffinate" (25).
(16) L'aura di superiorita che promana dal maggiore Casati non
e questione di grado militare. Infatti lo stesso generale Capello viene
rappresentato come uomo bonario e cordiale, disponibile a pranzare con i
sottoposti e perfino a scherzare sul proprio aspetto fisico (7-9).
(17) Ecco alcune righe tratte dall'episodio del cratere:
"Gia m'intenerivo immaginando il mio cadavere [...]. Una
terribile voglia di piangere mi saliva alla gola" (91-92).
(18) Nonostante si trovino in Kobilek molti accenni
all'italianita e al patriottismo, i topoi piu abusati della
retorica ufficiale sono accuratamente evitati. Soffici faceva parte
della II armata, dove era diffusa l'irritazione verso comizi e
cerimonie. Durante l'estate del 1917, scrive Silvestri, parate ed
esortazioni si erano intensificate in tutto l'esercito: "Ai
conferenzieri specializzati si aggiungevano gli ufficiali superiori ed i
generali piu audaci che, dando sfogo a segrete ambizioni letterarie,
volevano rivaleggiare in abilita oratoria e dialettica con i
professionisti della penna e della parola, per accendere nella folla
grigia dei soldati la fede e l'entusiasmo. [...] Nella II Armata un
certo freno alla logorrea stereotipata era posto proprio dal generale
Capello, che il tono retorico e roboante di quelle declamazioni
convinceva poco. [...] E si sforzava, a voce e con circolari, di far
capire ai comandi dipendenti che per parlare alla truppa bisognava
scegliere concetti semplici, persuasivi ed umani" (207).
(19) "Coro formidabile, scenario, solennita eschilea che
sbigottiva l'animo, come se un qualche momento eroico d'antica
storia fosse tornato improvvisamente a ripetersi, o si rappresentasse
lassu l'ultimo atto di una tragedia grandiosa. Questa immagine
teatrale era resa ancora piu viva dal gruppo centrale di cui facevo
parte. Il terreno, dalle rocce a noi, era pianeggiante, cosi da formare
una specie di palco, e su quello che si sarebbe potuto dire il
proscenio, un gruppo di massi che pareva messo la a bella posta per i
principali attori del dramma" (131).
(20) Qui non e possibile, per ragioni di spazio, affrontare il
problema del rapporto di Soffici con il fascismo; ma forse ha ragione
Ceva quando mette in guardia dalla facilita con cui, leggendo libri come
Kobilek, "forse troppo e ingiustamente suggestionati dal suo
'dopo' politico--ci crediamo autorizzati [...] a registrare i
prodromi della 'trincerocrazia' fascista, nel suo miscuglio di
arroganza e di inganno, insomma l'Italia del ventennio" (108).
(21) Fra le numerose attestazioni: "ticchettio" (15, 50),
"tramestio" (15), "saltellio" (20),
"rosicchio" (20), "crepitio" (22, 59),
"brulichio" (27), "martellio" (28),
"ronzio" (28, 50, 62), "miagolio" (50),
"sfavillio" (59), "scatenaccio" (60),
"pigolio" (62), "spicinio" (63),
"crivellio" (87), "trapestio" (88),
"sibilio" (89), "sfrascheggio" (93),
"bisbiglio" (100), "frastaglio" (101).
(22) "Notte stellata limpida fra le piante tranquille"
(58); "questa attesa ardente" (69); "una luce come di
storia e di gloria" (77); "vinti da tanta miseria" (84);
"nel caldo e chiaro crepuscolo" (96). E evidente, invece, che
molte sinestesie (ad esempio "bianchezza del cielo
infiammato", 93) andranno piu opportunamente ricondotte al retaggio
avanguardista.
(23) Si notino i due endecasillabi contenuti nel seguente periodo:
"E al ricordo della lunga delizia si torce sulla coperta che
abbraccia e morde con comica furia" (40); ognuno dei quali, fra
l'altro, e concluso dal modulo aggettivo + sostantivo.
(24) Fra gli altri: "giberne" (20),
"perforatrici" (20), "mine" (28),
"granate" (25), "bombarde" (33),
"shrapnel" (59), "marmittoni" (48),
"otturatori" (60), "torpedini" (61).