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文章基本信息

  • 标题:La difficile memoria della Grande Guerra nella rivista comunista "Rinascita" (1944-1968).
  • 作者:Contarini, Silvia ; Naccarella, Pierpaolo
  • 期刊名称:Annali d'Italianistica
  • 印刷版ISSN:0741-7527
  • 出版年度:2015
  • 期号:January
  • 语种:English
  • 出版社:Annali d'Italianistica, Inc.
  • 摘要:Dopo avere trascorso quasi vent'anni lontano dall'Italia, il leader comunista Palmiro Togliatti sbarca a Napoli il 27 marzo 1944. Mentre la seconda guerra mondiale continua a infuriare e l'Italia affronta una situazione politicoistituzionale drammatica, Togliatti dedica tempo ed energie alla fondazione di una rivista, "Rinascita", il cui primo numero esce a Salerno nel giugno 1944. Il leader comunista ne sara il direttore per due decenni, attribuendo con ogni evidenza al periodico un valore strategico: lo scopo sara di "fornire una guida ideologica" (Anonimo, Programma 1) al comunismo italiano e, in particolare, ai quadri del PCI, il Partito comunista italiano (Vittoria, Togliatti e gli intellettuali 176).

La difficile memoria della Grande Guerra nella rivista comunista "Rinascita" (1944-1968).


Contarini, Silvia ; Naccarella, Pierpaolo


Introduzione

Dopo avere trascorso quasi vent'anni lontano dall'Italia, il leader comunista Palmiro Togliatti sbarca a Napoli il 27 marzo 1944. Mentre la seconda guerra mondiale continua a infuriare e l'Italia affronta una situazione politicoistituzionale drammatica, Togliatti dedica tempo ed energie alla fondazione di una rivista, "Rinascita", il cui primo numero esce a Salerno nel giugno 1944. Il leader comunista ne sara il direttore per due decenni, attribuendo con ogni evidenza al periodico un valore strategico: lo scopo sara di "fornire una guida ideologica" (Anonimo, Programma 1) al comunismo italiano e, in particolare, ai quadri del PCI, il Partito comunista italiano (Vittoria, Togliatti e gli intellettuali 176).

Una delle principali caratteristiche di "Rinascita" e la grande importanza che in essa hanno le analisi storiche e la commemorazione di avvenimenti storici, come conferma Alatri (Introduzione 13), caratteristica che svela sia il "temperamento intellettuale nettamente storicistico" di Togliatti (Alatri, Introduzione 14), sia la funzione che il segretario del PCI assegna alla storia per rafforzare il partito e fargli assumere un rilievo nazionale (Vittoria, Togliatti, la "ricerca oggettiva" 58).

In questo articolo ci proponiamo di riflettere sulla visione della Grande Guerra--memoria, celebrazione, rivisitazione--proposta nelle pagine di "Rinascita" in un arco temporale di venticinque anni. Perche? La prima guerra mondiale e uno dei massimi avvenimenti storici del ventesimo secolo; essa ha avuto conseguenze rilevanti e durevoli nel campo delle relazioni internazionali come nella vita di ciascuno dei paesi coinvolti e delle popolazioni. "Rinascita" e un periodico di importanza strategica maggiore per il PCI e sara letto al di la dei quadri di partito, da intellettuali, anche non tesserati; inoltre il PCI aspira a essere partito di massa e di governo, forza politica in grado di trasformare il paese, nei rapporti economici e sociali, come pure sul piano culturale. Come viene rappresentata e analizzata, su "Rinascita", la prima guerra mondiale? Viene dedicato spazio al conflitto? Di che tipo sono gli interventi e chi ne sono gli autori? L'interpretazione resta immutata o evolve nel corso degli anni?

Queste sono alcune delle domande alle quali cercheremo di rispondere, analizzando gli interventi sulla prima guerra mondiale pubblicati nelle seguenti annate: 1944, 1945, 1947, 1948, 1954, 1955, 1957, 1958, 1964, 1965, 1967, 1968. Sono annate in cui si celebra la ricorrenza di date fondamentali della prima guerra mondiale: scoppia nel luglio del 1914; l'Italia vi entra nel maggio 1915; il 1917 e l'anno della disfatta di Caporetto (ottobre-novembre), ma anche quello in cui a Torino si svolgono, ad agosto, moti operai di protesta contro la guerra; le ostilita si concludono nel novembre 1918. (1)

Prima di entrare nel merito, e utile ricordare due avvenimenti legati alla storia di "Rinascita". Il periodico nasce come mensile e mantiene questa periodicita fino alla primavera del 1962, quando diventa un settimanale. Perche questo cambiamento? Togliatti decide di fare della sua rivista uno strumento piu agile, "che permettesse una presenza piu ramificata e piu puntuale" (Vittoria, Togliatti e gli intellettuali 173) del PCI nella societa italiana, attraversata al tempo da cambiamenti rapidi e profondi. L'altro avvenimento, di poco successivo, e la morte di Togliatti a Yalta il 21 agosto 1964. Dopo la scomparsa del fondatore, il nuovo direttore di "Rinascita" e il dirigente comunista Gian Carlo Pajetta, sostituito nel 1966 dal giornalista e uomo politico Luca Pavolini. Quindi, Togliatti e il direttore di "Rinascita" per tutte le annate della rivista di cui abbiamo fatto lo spoglio, tranne gli ultimi quattro mesi dell'annata 1964 e le annate 1965, 1967 e 1968.

E questo un dato da non sottovalutare, tenuto conto di alcuni elementi della biografia sia di Togliatti sia del suo "maestro", Antonio Gramsci. Nei mesi che precedono la decisione dell'entrata in guerra dell'Italia, Togliatti, iscrittosi al Partito socialista italiano nel 1914, e interventista. Secondo la ricostruzione fatta da alcuni dei suoi principali biografi (Agosti, Palmiro Togliatti 12-14; Bocca, Palmiro Togliatti 31-39), probabilmente Togliatti condivideva le posizioni di interventismo democratico di Gaetano Salvemini: lo storico e politico pugliese vedeva nel conflitto un'occasione propizia al trionfo del libero scambio in Europa e sosteneva la necessita della partecipazione italiana alla guerra sia in opposizione agli Imperi centrali (l'austro-ungarico e il tedesco) sia per completare l'unita d'Italia (Frangioni, Salvemini 53-97). (2)

Nello stesso periodo, un altro giovane intellettuale socialista attivo a Torino, Gramsci, si schiera contro la maggioranza neutralista del PSI (Partito socialista italiano) e adotta le posizioni della mozione presentata da Lenin nel 1915 alla conferenza di Zimmerwald: trasformare la "guerra imperialista" (come tale era percepito dal rivoluzionario russo il primo conflitto mondiale) in guerra civile, cioe in guerra del proletariato contro la borghesia (Vacca, Gramsci 348). Vedremo come si posizionera "Rinascita" rispetto all'interventismo di personalita-culto come Gramsci e Togliatti.

Gli anni quaranta

Procedendo in ordine cronologico con lo spoglio delle annate 1944, 1945, 1947 e 1948, osserviamo che la rivista comunista pubblica una quindicina di interventi nei quali viene citata la prima guerra mondiale, pur non costituendovi l'oggetto principale; nella maggior parte dei casi, anzi, gli interventi le dedicano brevi accenni e la Grande Guerra non e ne commemorata ne tantomeno celebrata.

Negli anni quaranta, "Rinascita" sembra insomma poco interessata alla prima guerra mondiale; quando affronta l'argomento, il giudizio e intrinsecamente negativo: si e trattato di una guerra imperialistica (Spano, Appunti sul massimalismo 270; Alfa, La rivoluzione sovietica 289; Astesano, Come i comunisti lottano 429-430), nella quale le classi dominanti hanno precipitato i popoli per affermare il loro predominio (Diaz, Le due liberta 152). Piu precisamente, il conflitto armato, condotto dall'Impero tedesco-prussiano per interessi del tutto estranei a quelli del popolo, aveva visto contrapposti due gruppi di Stati imperialistici, che si erano dati battaglia per realizzare una nuova spartizione del mondo (Anonimo, La barbarie prussiana 53 e 55).

Per dimostrare al di la di ogni dubbio che la prima guerra mondiale e stata imperialistica, "Rinascita" ricorre all'indiscutibile autorita politica e intellettuale del padre della rivoluzione d'Ottobre, Lenin. Non soltanto la riflessione che questi svolge sulla Grande Guerra in quanto guerra imperialistica e richiamata da uno dei collaboratori della rivista (La Rocca, Lenin e la guerra 134), ma "Rinascita" pubblica nel 1947 un articolo di Lenin risalente al 1923, nel quale il leader bolscevico parla di "prima guerra imperialista mondiale" (Lenin, L'originalita della Rivoluzione 280). In altri termini, "Rinascita" sembra fondare la sua visione della prima guerra mondiale sulla riflessione gia elaborata da Lenin, anche nell'opuscolo del 1916 intitolato L'imperialismo fase suprema del capitalismo, nel quale, riferendosi alla Grande Guerra, Lenin sosteneva che la lotta tra le potenze capitalistiche per la conquista di mercati e territori sarebbe inevitabilmente sfociata in un conflitto armato. (3)

Secondo "Rinascita", la prima guerra mondiale ha avuto conseguenze nefaste sia in Italia, in campo politico ed economico, sia nelle relazioni internazionali. Per quanto concerne l'Italia, la Grande Guerra, combattuta da masse, in parte politicamente immature, "e stato un fattore importante del successo fascista" (V. C., Recensione 159). Inoltre, essa ha prodotto alterazioni negative della "struttura naturale" dell'industria italiana poiche ha danneggiato proprio le industrie che, date le condizioni presenti nella penisola, avrebbero potuto "vivere e prosperare" (Pesenti, Struttura e avvenire 235-36). Sul piano internazionale, invece, la prima guerra mondiale ha profondamente mutato gli equilibri, sia rafforzando gli Stati Uniti, dei quali ha stimolato l'attivita industriale e lo sviluppo, sia rovinando gli altri paesi capitalistici (Foster, Esiste una situazione 13).

In alcune analisi proposte dalla rivista comunista si riconosce nondimeno che la Grande Guerra ha avuto anche conseguenze positive. Il conflitto ha contribuito all'educazione delle masse, preparandole "a realizzare una vera politica marxistica" (Spano, Appunti sul massimalismo 270); ha risvegliato i popoli che, nel primo dopoguerra, "ripresero con nuovo e piu incalzante vigore le loro rivendicazioni sociali" (Diaz, Le due liberta 152); ha fatto cessare il trasformistico compromesso attuato in Italia da Giovanni Giolitti poiche, mostrando a tutti le insufficienze e la debolezza del vecchio Stato liberale, ha permesso al proletariato italiano di porre "la sua candidatura a classe egemonica" (De Rossi, Dal Partito popolare 110).

La prima guerra mondiale dunque avrebbe favorito la maturazione politica delle masse, dando loro lo slancio necessario per continuare le lotte con rinnovata foga. Questo "risveglio" suscitato dalla Grande Guerra ha coinvolto non solo le classi popolari e proletarie, ma anche le donne italiane, come sottolinea Rosetta Longo Fazio. Secondo quest'ultima, la prima guerra mondiale e "la grande leva che riesce a muovere le donne [...] a dar loro una maggiore maturita e consapevolezza" e a permettere loro di inserirsi attivamente nella vita politica, economica e sociale dell'Italia (127). (4)

Il principale merito della Grande Guerra che si deduce da alcuni interventi su "Rinascita" sarebbe pero un altro. La rivista pubblica uno scritto di Stalin, nel quale il dittatore georgiano, richiamandosi all'autorita di Lenin, cita un passaggio di L'estremismo, malattia infantile del comuniSmo. Secondo Stalin e Lenin, tra le circostanze esterne che hanno favorito il successo della rivoluzione d'Ottobre (che, conviene ricordarlo, rappresenta ancora negli anni quaranta il modello e la speranza dei comunisti del mondo intero), c'e stato il fatto che questa e scoppiata durante la prima guerra mondiale. Piu precisamente, la Grande Guerra ha contribuito al trionfo della rivoluzione russa per tre ragioni: i grandi gruppi imperialistici, che lottavano tra loro, non potevano curarsi della rivoluzione d'Ottobre; le masse, che desideravano la pace, vedevano la rivoluzione proletaria come via d'uscita dal conflitto armato; infine, la "lunga guerra imperialista", cioe la prima guerra mondiale, avrebbe fatto maturare una crisi rivoluzionaria (Stalin, Condizioni estere e interne 311).

Un ultimo elemento positivo legato alla Grande Guerra si evince dalla lettura di "Rinascita" : l'esercito italiano ne e uscito "con onore", contrariamente a quanto stava accadendo in quegli anni, affermazione contenuta in un articolo pubblicato nel luglio 1944 quando la seconda guerra mondiale e ancora in corso (Anonimo, Ufficiali filofascisti 24).

Presentiamo infine un articolo essenziale, a firma dell'allora vicesegretario del PCI, Luigi Longo, uscito nel numero dell'agosto 1948, dopo l'attentato subito da Togliatti nel luglio dello stesso anno. In questo articolo, chiaro esempio del culto del quale il "Migliore" e oggetto all'interno del PCI, Longo ripercorre le tappe dell'azione politica di Togliatti. Ora, arrivato agli anni della Grande Guerra, cosi si esprime sull'impegno del capo comunista: "Egli visse, come militante, la tragedia della prima guerra mondiale, la lotta tra sciovinisti, centristi--ne aderire ne sabotare--e rivoluzionari, dei quali gli operai di Torino presero la testa con le grandi manifestazioni contro la guerra" (Longo, Il nostro capo 283). Longo non lascia intendere che Togliatti e stato interventista e ha partecipato al primo conflitto mondiale; il lettore che ignorava la circostanza continuera a ignorarla.

Gli anni cinquanta

Un decennio dopo, il contesto politico italiano e internazionale e cambiato rispetto all'immediato dopoguerra. Il PCI ha fatto parte del governo italiano fino al maggio 1947, ed e poi diventato la principale forza di opposizione (Colarizi, Storia dei partiti 88-117). Il 1947 e un anno decisivo anche nel campo delle relazioni internazionali perche scoppia la guerra fredda, la cui fase piu acuta termina nel 1953 con la morte di Stalin, cui faranno seguito la distensione internazionale e l'ampio diffondersi di ideali pacifisti, favoriti anche dal timore permanente di un conflitto nucleare (Colarizi, Storia dei partiti 171-81). Nel 1956, a soli tre anni dalla scomparsa di Stalin, il movimento comunista internazionale, di cui il PCI e parte integrante, e scosso sia dalla denuncia dei crimini del dittatore georgiano, fatta in occasione del XX congresso del PCUS, sia dall'intervento dei carri armati sovietici in Ungheria. Il PCI togliattiano sostiene la sanguinosa repressione condotta dall'Armata Rossa, posizione che condurra numerose personalita della cultura a prendere le distanze dal partito (Colarizi, Storia dei partiti 203-10).

Nonostante un contesto cosi differente, l'immagine della prima guerra mondiale che affiora dalla lettura delle annate 1954, 1955, 1957 e 1958 di "Rinascita" e sostanzialmente immutata. Come nel decennio precedente, negli interventi su "Rinascita" in cui si parla della Grande Guerra--16 in totale--, essa svolge un ruolo marginale (eccetto in un caso su cui ci soffermeremo). E come negli anni quaranta, viene valutata in modo negativo. Una condanna storica, politica e morale basata sulle seguenti considerazioni:

1) si e trattato di una guerra imperialistica. Questo giudizio e ricorrente (Canzio, La partecipazione italiana 171; Amendola, Il lungo cammino 627; Fabbrini, Recensione 128; Sereni, Nella vita e nella lotta 552; Pieck, Ricordo di Clara Zetkin 558), e lo si trova soprattutto in un influente testo di Lenin (1920 753).

2) Si e trattato anche di una guerra "borghese", che ha rivelato "la stupidita, la bestialita, la vilta, l'immoralita della borghesia, dello Stato borghese, del patriottismo borghese, della 'patria borghese'" (Malaparte, Autobiografia 376).

3) La partecipazione dell'Italia al conflitto si e attuata, come afferma autorevolmente Togliatti, "attraverso una brutale violazione della legalita parlamentare, di fronte a un Paese nella sua maggioranza ostile o passivo" (Attualita del pensiero 139). Secondo il direttore di "Rinascita", la decisione di fare entrare in guerra l'Italia e stata presa in violazione dello Statuto albertino ed e stata anche politicamente e moralmente illegittima poiche solo una minoranza degli Italiani le era favorevole.

Rispetto agli anni quaranta, tuttavia, la riflessione si concentra particolarmente sulle cause del conflitto. A questo proposito spicca il solo intervento che ha come oggetto principale la Grande Guerra, il cui autore e il padre della rivoluzione d'Ottobre. Si tratta di un rapporto presentato da Lenin nel 1920 in occasione di un congresso dell'Internazionale comunista. Il rivoluzionario bolscevico spiega, con tono appassionato e perentorio, le ragioni per le quali e scoppiata la "guerra imperialistica": e stata la conseguenza inevitabile della "spartizione di tutta la terra" da parte delle potenze coloniali capitalistiche, del "dominio del monopolio capitalistico" e dell'"onnipotenza di un numero infimo di grandissime banche". Secondo Lenin, la guerra e stata fatta "per una nuova spartizione del mondo" e "per decidere quale dei ristrettissimi gruppi dei grandissimi Stati--il gruppo inglese o il gruppo tedesco--avrebbe ottenuto la possibilita e il diritto di saccheggiare, di soffocare, di sfruttare il mondo intiero" (1920 752).

L'intervento di Lenin e pubblicato nel 1958 in un voluminoso numero monografico di "Rinascita" intitolato Crepuscolo del colonialismo. Nello stesso numero, l'interpretazione leniniana della Grande Guerra e ripresa in altri due articoli: visibilmente, i collaboratori di "Rinascita" si riconoscono nell'interpretazione di Lenin, secondo cui la prima guerra mondiale ha avuto cause essenzialmente economiche in quanto decisa per sapere chi avrebbe conquistato il diritto di utilizzare le risorse e le ricchezze della Terra. Per esempio, Pacor ritiene che la Grande Guerra sia stata il risultato della crisi di sovrapproduzione di fine ottocento, dell'aumento della concorrenza tra paesi industrializzati e colonialisti e della "lotta piu accanita per le materie prime e per i mercati" imposta dai nuovi investimenti resi necessari dallo sviluppo tecnologico (Ascesa e fine 696). E Michele Salerno, citando Lenin, precisa che la guerra e stata combattuta dalle potenze imperialistiche per "decidere i destini dei paesi coloniali", cioe "per ridividersi il mondo coloniale" (712 e 714).

Questa lettura economicistica delle cause della guerra era gia stata proposta, tre anni prima, dal dirigente comunista Giorgio Amendola, secondo il quale "le forze motrici" del primo conflitto mondiale erano quelle della "grande industria", che "si poneva fini di espansione imperialistica" (Il lungo cammino 627).

Inoltre, e inevitabile che una guerra dovuta all'avidita degli Stati coloniali capitalistici abbia avuto conseguenze negative. Lenin, Amendola e Gramsci ne individuano tre: innanzitutto, il conflitto ha precipitato la popolazione dei paesi sconfitti, a cominciare da quella tedesca, "in una situazione di soggezione coloniale, di miseria, di fame, di rovina, di mancanza di diritti" (Lenin, 1920 753). In secondo luogo, ha favorito l'avvento in Italia del fascismo (Amendola, Il lungo cammino 624 e 627). Infine, sempre in Italia, ha danneggiato particolarmente il Mezzogiorno, aggravandone il ritardo rispetto al Nord industriale (Gramsci, Il Mezzogiorno e la guerra 151-52).

Quest'ultimo effetto negativo della Grande Guerra e espresso da Gramsci in un articolo apparso per la prima volta nel 1916 nel settimanale "Il grido del popolo", ripubblicato da "Rinascita" nel 1957 in occasione del ventesimo anniversario della morte dell'uomo politico sardo. Ma allo stesso Gramsci e alla sua autorita "Rinascita" si richiama per mostrare che la prima guerra mondiale ha avuto anche conseguenze positive. Quali? Quattro anni di guerra combattuta nelle trincee, si puo leggere in un articolo del giornalista e politico comunista Luciano Barca che cita esplicitamente Gramsci, "rompono molte barriere tra operai e contadini, annodano nuovi legami di solidarieta che 'altrimenti solo decine e decine di anni di esperienza storica e di lotte intermittenti avrebbero suscitato'" (747). La prima di queste conseguenze e dunque che la vita di trincea sopportata dai soldati ha favorito l'unita tra le classi sociali piu svantaggiate. Su queste ricade un altro effetto positivo del conflitto, ricordato dallo storico Franco Ferri in un denso articolo dedicato alla concezione gramsciana dei consigli di fabbrica e del partito. Secondo Ferri, Gramsci ritiene che la Grande Guerra abbia "messo in movimento masse sterminate di operai e di contadini", nei quali la vita di trincea e i sacrifici hanno "creato la coscienza di nuovi diritti, la spinta a nuove rivendicazioni". Dal conflitto, insomma, esce "un prorompente sviluppo di immense forze sociali nuove e tumultuose" (461).

Le altre due conseguenze positive della prima guerra mondiale, ma relativamente alla Russia, sono enunciate direttamente da Gramsci. Il conflitto ha suscitato in Russia, pur tra miserie e sofferenze inenarrabili, una "volonta collettiva popolare"; esso "ha servito a spoltrire le volonta" che si sono messe rapidamente "all'unisono" (La rivoluzione contro il "Capitale" 147), provocando in tal modo un'accelerazione della storia. Sempre secondo Gramsci, "nel sommovimento ideale provocato" dalla prima guerra mondiale, si e rivelata una forza nuova, quella dei "massimalisti russi", cioe dei bolscevichi. Il fatto che il "massimalismo russo" si sia fatto conoscere durante questo conflitto e grazie a esso e, per il politico sardo, un evento di portata storica che giovera a tutte le nazioni e a tutti i popoli: "[...] al massimalismo russo la storia riserva un posto di primo ordine, superiore a quello dei giacobini francesi" (Wilson e i massimalisti russi 148).

Gramsci e i collaboratori di "Rinascita" che lo citano non sono i soli a mettere in evidenza i "meriti" della prima guerra mondiale. Secondo Curzio Malaparte, la disfatta di Caporetto e stata, in realta, "una 'rivolta' della fanteria, cioe del 'proletariato della guerra'"; per questa ragione, la si puo considerare "come l'atto iniziale della rivoluzione comunista italiana" (Autobiografia 376). Infine, lo storico Roberto Battaglia si appoggia sull'autorita di Lenin per sottolineare che la prima guerra mondiale ha posto in modo perentorio "le questioni essenziali": o difendere i privilegi e i vantaggi della borghesia oppure abbattere i governi garanti di quei privilegi attraverso l'azione rivoluzionaria svolta dal proletariato internazionalmente solidale (860).

Gli anni sessanta

Negli anni sessanta, "Rinascita" subisce una doppia trasformazione. Da mensile, diventa settimanale, periodicita che consente di seguire piu da vicino l'attualita politica italiana e internazionale e, pertanto, di intervenire con maggiore capillarita nel dibattito politico e culturale. L'altra trasformazione e legata al decesso di Togliatti: "Rinascita" perde colui che ne ha elaborato e deciso la linea per oltre due decenni. I suoi primi due successori, Gian Carlo Pajetta e, poi, Luca Pavolini, non hanno certo il prestigio e il potere di Togliatti, che concentrava nella sua persona la carica di direttore di "Rinascita" e di segretario politico del PCI. L'avvicendamento alla direzione del periodico sembra riflettersi sul contenuto degli articoli, che appare, come vedremo, meno costretto all'interno di una rigida griglia politico-ideologica.

Non sono solo la morte di Togliatti e il cambio di leadership a introdurre maggiore liberta interpretativa (5): il contesto internazionale e mutato. Da un lato, il rapporto con il PCUS, gradualmente si allenta. (6) Dall'altro, l'anno successivo al decesso di Togliatti l'escalation della guerra in Vietnam raggiunge l'apice, prima con i bombardamenti massicci sul Nord, poi con la decisione degli Stati Uniti di passare all'intervento diretto, e questo induce i comunisti italiani a accentuare la lettura classista delle relazioni internazionali e, di conseguenza, l'antiamericanismo e il "terzomondismo" (Pons, L'URSS e il PCI 30).

Questi cambiamenti si riflettono sul modo in cui "Rinascita" affronta il tema della prima guerra mondiale nelle annate 1964, 1965, 1967 e 1968, nelle quali si trovano ben 37 interventi che parlano del conflitto. Rispetto ai due decenni precedenti, emerge subito la differenza quantitativa (gli articoli sono ben piu numerosi), ma la differenza e anche qualitativa: il conflitto e l'oggetto principale di numerosi interventi. Soprattutto, si notano un impegno intellettuale e un livello di approfondimento molto superiori rispetto ai decenni precedenti. A questo non e estraneo il fatto che, nella grande maggioranza dei casi, gli autori degli interventi non sono veri e propri politici, ma storici di primo piano, talora membri del PCI, talora semplici "compagni di strada".

Osserviamo quindi che negli anni sessanta, il giudizio sulla Grande Guerra e ancora piu negativo e viene espresso in maniera ancora piu netta. Ecco perche: 1) si tratto di una guerra imperialistica (Spriano, Il "no" alla socialdemocrazia 5; Lepre, Ipartiti socialisti europei 22; Lepre, Il revisionismo in Italia 29; Longo, Un grave pericolo 2; Spriano, Zimmerwald 19; Secchia, Il no di Liebknecht 28); 2) fu una guerra inutile (Longo, Un grave pericolo 2; Spriano, Isonzo 1917 28); 3) la guerra dissanguo il popolo e rovino l'Italia (Longo, Un grave pericolo 2); 4) l'Italia fu coinvolta attraverso menzogne e pretesti (Longo, Un grave pericolo 2); 5) la guerra fu imposta da una minoranza alla maggioranza degli Italiani (De Felice, Caporetto perche? 25), come prova "la estrema ristrettezza della base democratica di potere" in Italia alla vigilia della Grande Guerra (Spriano, L'Italia neutrale 28).

Questa critica radicale diventa ancora piu impietosa quando si tratta di valutare il comportamento e le scelte degli alti ufficiali delle forze armate italiane, a cominciare dai membri dello stato maggiore dell'esercito. I collaboratori di "Rinascita" attaccano duramente gli ufficiali per la loro mancanza di umanita, l'incompetenza e gli errori commessi (Alatri, Caporetto 22-23; Lepre, Recensione di Emilio Faldella, La Grande Guerra. Le battaglie dell'Isonzo 18), nonche per l'atteggiamento sterilmente e pericolosamente romantico e retorico, che li portava a declamare vanamente "sull'Idea della Vittoria" (Ferrata, Un anno sull'Altipiano 23). Non sorprende dunque che le cause della disfatta di Caporetto siano "tutte riconducibili alla condotta della guerra dall'alto, col logorio, la rabbia, la insopportabilita che aveva oramai generato nella truppa" (Spriano, Isonzo 1917 29). Detto altrimenti, la lontananza abissale, anzi la vera e propria frattura esistente tra gli alti comandi dell'esercito e i soldati semplici, che erano in gran parte di condizione operaia o contadina, ha generato in questi ultimi un senso di "estraniazione [...] alla guerra dei signori ufficiali", portandoli a tentare di sottrarsi in tutti modi (diserzione, ammutinamento e perfino autolesionismo) a un conflitto al quale si sentivano estranei (Spriano, I due volti della guerra 32).

Le cause della prima guerra mondiale restano di tipo fondamentalmente economico: il conflitto e stato provocato dagli "interessi industriali e commerciali" di 'poche cricche'" (Cipriani, La guerra alla televisione 19). Esso e stato determinato dalle "forze sociali interessate alla conquista di territori altrui e alla dominazione di altri popoli" (Boffa, Dal "decreto sulla pace" 30) e, dunque, in ultima analisi, dal capitalismo, che "porta in se la guerra, come le nubi l'uragano" (Longo, Il dilemma della pace 3). Il peso dell'elemento economico e cosi forte che, secondo lo storico comunista Paolo Alatri, "sono le contraddizioni degli interessi capitalistici e imperialistici facenti capo alle grandi potenze" che spiegano perche, al termine della prima guerra mondiale, la comunita internazionale deve fronteggiare gli stessi problemi dell'anteguerra (Alatri, Recensione di Mario Toscano, Pagine di storia diplomatica contemporanea 31). E tuttavia, sulle pagine di "Rinascita", una voce autorevole, quella di un altro storico comunista, Paolo Spriano, si distacca da questa interpretazione in chiave puramente "economicistica" della prima guerra mondiale. Spriano ritiene che sulla decisione della corte e del governo di fare entrare l'Italia nel conflitto abbiano esercitato "scarso peso" le "pressioni guerrafondaie venute da ambienti industriali e finanziari". Esistevano infatti imprenditori che sostenevano la neutralita perche pensavano, grazie a questa, di ottenere commesse dagli Stati in guerra. Inoltre, la capacita degli imprenditori di influenzare direttamente i principali decisori politici era ancora molto limitata. Spriano ritiene che in realta nell'elaborazione della politica estera italiana siano prevalsi calcoli e paure legati alla politica interna, cioe "al disegno di tenere a freno il socialismo e le spinte eversive con una guerra [...] capace di rinsaldare un equilibrio strettamente conservatore" (L'Italia neutrale 28).

Questa lettura delle ragioni dell'intervento italiano nella Grande Guerra e innovativa rispetto alla linea sempre seguita da "Rinascita" che prevale ancora negli anni sessanta. Spriano non vede la prima guerra mondiale come evento imposto dalla brama di ricchezza di capitalisti, banchieri e grandi industriali, come voleva l'interpretazione fondata sugli scritti e i discorsi di Lenin. Ed e questo uno degli esempi piu chiari del minore conformismo ideologico e della maggiore diversita di punti di vista che caratterizzano, negli anni sessanta, gli interventi su "Rinascita".

Sulle pagine del settimanale, la prima guerra mondiale e anche oggetto di un'operazione di demistificazione ideologica. "Rinascita" si schiera contro la lettura della Grande Guerra come continuazione del Risorgimento, contro "il mito patriottardo" e il dannunzianesimo proteso "verso il culto dell'eroismo sublime" che hanno avviluppato il conflitto (Argentieri, Nuovi film di montaggio 26), contro ogni forma di retorica esaltatrice della guerra (Lepre, Le lettere di Battisti 25), "contro l'oleografia ufficiale dei libri di storia patria, contro i canti di vittoria" insegnati nelle aule scolastiche durante il fascismo per celebrare la prima guerra mondiale, contro ogni assurdo nazionalismo (Seroni, Ritorno sul Carso 20). La posizione da cui, tra il 1964 e il 1968, numerosi collaboratori di "Rinascita" giudicano questo conflitto e apertamente e nettamente pacifista (Anonimo, Introduzione a Jean Jaures, Sull'orlo della tragedia 28; Longo, Un grave pericolo 2; Cipriani, La guerra alla televisione 19; Spriano, Zimmerwald 19; Boffa, Dal "decreto sulla pace " 28-30; Ungaretti, Ritorno sui luoghi 28; Spriano, I due volti 32).

L'orientamento pacifista e confermato dalla decisione di dare in omaggio, a chi si abbonera alla rivista per l'anno 1968, un libro contenente lettere di due personalita comuniste fortemente ostili alla prima guerra mondiale, Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg; un libro che puo considerarsi una sorta di manifesto pacifista. Il dirigente comunista Pietro Secchia spiega in questi termini il senso del volume omaggio, del quale la rivista ha pubblicato un estratto gia nell'ottobre 1967 (Liebknecht e Luxemburg, Lettere di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg 16-17): "La pubblicazione che Rinascita offre in omaggio ai suoi lettori nell'anno in cui le forze avanzate e progressive sono impegnate e devono ancor piu impegnarsi nella lotta contro la NATO, e quanto mai opportuna". Inutile sottolineare come la posizione sulla Grande Guerra espressa su "Rinascita" tra il 1964 e il 1968 sia influenzata dalle esigenze politiche del momento, ossia dalla necessita di alimentare la campagna svolta dal PCI contro la NATO e contro la guerra del Vietnam.

Non e il solo esempio dell'influenza dell'attualita politica sul modo in cui la Grande Guerra viene rievocata. Gli autori di quattro interventi gia citati svolgono un parallelo tra il tempo presente e il periodo della prima guerra mondiale. In particolare, Longo critica gli Stati Uniti perche cercano di coinvolgere l'Italia nella loro politica da "gendarme mondiale", facendole cosi correre il rischio di restare nuovamente invischiata "in avventure imperialistiche", come gia successo all'epoca della Grande Guerra (Un grave pericolo 2). Il giornalista comunista Giuseppe Boffa e lo stesso Longo affermano che la politica estera dell'URSS e coerente nei suoi cinquanta anni di storia: dal "Decreto sulla pace" leninista, con il quale nel novembre 1917 si proponeva ai popoli in guerra una pace democratica, cioe senza annessioni ne riparazioni, fino alla concezione della "coesistenza pacifica", con la quale negli anni sessanta l'URSS si identifica quasi nella vita intemazionale (Boffa, Dal "decreto sulla pace" 28-30; Longo, Il dilemma della pace 3-4). Spriano, infine, scrive che i contadini e gli operai che si opposero con tutti i mezzi alla partecipazione alla prima guerra mondiale "costituiscono gli incunaboli di quella che nella dimensione della guerra atomica diventera la ideologia del dissenso" (I due volti della guerra 32). Tutti questi autori associano la loro riflessione sulla prima guerra mondiale alla volonta di rendere credibili le posizioni assunte negli anni sessanta dal movimento comunista internazionale.

In ogni caso, su "Rinascita" negli anni sessanta, il conflitto e visto come radicalmente negativo. Se ne indica esplicitamente una conseguenza nefasta, gia espressa nei decenni precedenti: la guerra ha rafforzato "indubbiamente le correnti di destra" (Lepre, Epistolario di Omodeo 29; Lepre, Recensione di Piero Pieri, L'Italia nella prima guerra mondiale 33) e, in particolare, il fascismo (Lepre, Risposta alla lettera di Livia Battisti 27). All'opposto, le conseguenze positive si riducono a una sola: "[...] e la svolta della grande guerra a porre in luce, in una luce nuova, le forze rivoluzionarie che si agitano nel nostro paese [l'Italia]. E non solo in questo" (Spriano, Gramsci e Bordiga 28). Secondo Spriano, la prima guerra mondiale segna un mutamento radicale, che crea un contesto propizio alla valorizzazione delle formazioni politiche rivoluzionarie.

Una memoria evolutiva

Nella riflessione sin qui svolta sul modo in cui "Rinascita" parla della prima guerra mondiale tra il 1964 e il 1968, abbiamo evidenziato alcune differenze rispetto ai decenni precedenti, legate al mutato contesto. Approfondendo l'analisi in questa direzione, si rilevano altri elementi di discontinuita.

In primo luogo, negli anni sessanta, alcuni collaboratori di "Rinascita" ragionano sul ruolo e sull'azione dei Partiti socialisti europei e, specialmente, di quello italiano, alla vigilia e durante la prima guerra mondiale. Nell'ambito di questa riflessione, lo storico comunista Aurelio Lepre critica le forze politiche socialiste affermando che le ambiguita e le incertezze dei partiti membri della Seconda internazionale nel momento della crisi del 1914 sono dovute soprattutto al fatto che, nei vari Stati europei, la solidarieta e la coesione nazionali erano piu forti della solidarieta internazionalista tra partiti socialisti (I partiti socialisti europei 21-22; Risposta alla lettera di Renato Risaliti 31). (7) Tali carenze ed esitazioni non risparmiavano il PSI; col risultato, sempre secondo Lepre, che non solo il PSI non riusci a sfruttare la guerra per fare la rivoluzione, ma non fu nemmeno capace di saldarsi a quella parte della borghesia italiana che era contraria al conflitto (24 maggio 1915).

La posizione di Spriano e diversa, benche come Lepre si mostri critico nei confronti della maggior parte dei Partiti socialisti europei che, non tenendo fede all'impegno per la pace assunto all'inizio della prima guerra mondiale, passano nel campo del "socialsciovinismo" e appoggiano il conflitto (Zimmerwald 19). (8) Piu sfumato e invece il giudizio di Spriano sul PSI. Pur apprezzando la "sterzata a sinistra" del PSI nei mesi che precedono lo scoppio della Grande Guerra, sterzata che ne fa "un movimento particolarmente sensibile all'azione di massa, particolarmente intransigente nei suoi connotati di classe", Spriano evidenzia l'"intima antinomia" degli anni di conflitto: il PSI ebbe il merito di "ripudiare ogni collaborazione con la borghesia nella guerra imperialistica", ma le sue componenti riforniste crearono una "situazione di incertezza e di esitazione" (Il "no" alla socialdemocrazia 5). Precisa che "la propaganda socialista contro la guerra e stata efficace", senza assumere carattere rivoluzionario, malgrado la maggioranza del PSI avesse una "posizione incerta" e una condotta dai "limiti attendistici" (Caporetto 15; Gramsci e Bordiga 28).

Un'altra novita, in alcuni articoli pubblicati tra il 1964 e il 1968, e il riferimento esplicito all'anniversario della Grande Guerra (Lepre, I partiti socialisti europei 21; Lepre, 24 maggio 1915 23; Spriano, Caporetto 15; De Felice, Caporetto perche? 25). Ossia, solo negli anni sessanta la prima guerra mondiale diventa per "Rinascita" degna di commemorazione storica. E, tuttavia, la rivista comunista tiene a sottolineare la differenza tra il modo in cui rievoca la Grande Guerra in occasione di anniversari significativi, come il cinquantesimo dell'entrata in guerra dell'Italia, e le celebrazioni ufficiali, dalle quali essa prende le distanze. I collaboratori di "Rinascita" spiegano che non intendono unirsi al coro delle celebrazioni promosse dal governo perche queste sono vanamente retoriche (Spriano, Isonzo 1917 29; Anonimo, Il 4 novembre di Gramsci 24; Spriano, I due volti della guerra 32) e servono, in realta, a coprire problemi che sarebbe urgente risolvere (Sema, Destino di Trieste 6).

Un'ultima novita risulta dalla lettura delle annate di "Rinascita" comprese tra il 1964 e il 1968. Mentre nei due decenni precedenti ogni forma di interventismo era stata condannata con vigore, ora sulle sue pagine si compie uno sforzo considerevole per comprendere le ragioni della partecipazione alla prima guerra mondiale di due "interventisti democratici", nei confronti dei quali si esprime stima ed empatia. "Rinascita" presenta in termini positivi la figura di Giuseppe Lombardo-Radice, padre di Lucio, dirigente comunista e collaboratore della rivista. Ricorda che Giuseppe Lombardo-Radice era uscito dal Partito socialista nel settembre 1914 perche era convinto che la partecipazione alla guerra contro gli Imperi centrali fosse necessaria per completare il Risorgimento e per fare vincere la democrazia e l'indipendenza dei popoli europei. Aggiunge che nell'autunno 1914, lo studioso siciliano era "stimato da tutti [...] per la sua generosita e la sua integrita morale" e fa notare che, coerente come sempre con le sue idee, appena l'Italia entro in guerra, "si presento volontario" (Anonimo, Introduzione a Una iniziativa di Gramsci 32).

L'altro "interventista democratico" di cui su "Rinascita" si parla in termini positivi e lo scrittore Piero Jahier, del quale Manacorda dice che "tese sempre a inserire la prima guerra mondiale 'in un processo di sviluppo della democrazia e della liberta' [.] sia per quanto doveva riguardare i rapporti fra i popoli sia, ancor piu, per quanto doveva riguardare i rapporti interni della societa italiana" (Manacorda, Recensione di Piero Jahier, 1918 L'Astico. 1919 Il Nuovo Contadino 30). Si ammette dunque che la partecipazione di Jahier come volontario alla Grande Guerra avesse avuto motivazioni nobili, quali la democratizzazione delle relazioni tra gli Stati e tra le diverse classi della societa italiana.

Come si e detto, anche Togliatti era stato interventista e aveva sostenuto la partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale per ragioni simili a quelle di Lombardo-Radice e di Jahier; ma nel 1948, quando Longo--il "numero 2" del PCI--aveva parlato dell'azione politica di Togliatti negli anni del conflitto, una formula era stata pudicamente ellittica: "visse, come militante, la tragedia della prima guerra mondiale" (Il nostro capo 283). Il periodico comunista, che in quel periodo condannava ogni forma di interventismo, preferiva non dire che il suo direttore e segretario del PCI aveva sostenuto l'entrata in guerra dell'Italia. Nel 1964, sedici anni dopo la pubblicazione dell'articolo di Longo, il PCI e "Rinascita" sono cambiati. Ne sono una testimonianza visibile i due interventi nei quali si riconoscono e si comprendono (anche se non si condividono) le ragioni dell'"interventismo democratico". Si osservi che quando "Rinascita" pubblica lo scritto su Lombardo-Radice, Togliatti e ancora in vita, mentre e deceduto da oltre un mese quando appare l'intervento su Jahier. Se e plausibile pensare che la morte di Togliatti abbia permesso di affrontare argomenti che, quando il "Migliore" dirigeva la rivista, sarebbero stati difficili da trattare, l'evoluzione della rivista (e del Partito) era comunque in corso.

Conclusioni

Quali conclusioni possiamo trarre dalla lettura di circa settanta articoli, pubblicati su "Rinascita" nelle dodici annate considerate, su un periodo di venticinque anni?

Il primo elemento da sottolineare e che l'interpretazione che la rivista comunista da della Grande Guerra si sviluppa, almeno negli anni quaranta e cinquanta, all'interno e nei limiti di un'uniformizzante griglia ideologica. La lettura della prima guerra mondiale e monocausale e dunque riduttiva. L'applicazione del dogma del materialismo storico nel campo della riflessione storiografica porta i collaboratori della rivista a ignorare le cause non economiche della Grande Guerra. Nessuna riflessione verte su aspetti socio-culturali: le cause e conseguenze economiche da un lato, le implicazioni ideologiche e politiche dall'altro sono gli unici aspetti che emergono da "Rinascita", un periodico, ricordiamolo, destinato a formare la classe dirigente comunista e gli intellettuali vicini al partito. Questo dogmatismo ha come conseguenza l'impoverimento dell'analisi sulla prima guerra mondiale, della quale "Rinascita" non coglie ne la complessita ne la portata.

Se non sorprende che una rivista di partito proponga una lettura fortemente ideologica di un avvenimento maggiore, lo studio che abbiamo condotto permette di individuare un'altra caratteristica, piu peculiare. Si tratta del rispetto dell'autorita dei "numi tutelari" del comunismo italiano, Lenin e Gramsci, citati dai collaboratori di "Rinascita" come interpreti pressoche infallibili. Un'analisi della prima guerra mondiale fondata su scritti o discorsi di Lenin o Gramsci da la certezza, a chi si esprime sulle pagine di "Rinascita", di essere nel vero. Il risultato di una tale riflessione condizionata dall'ideologia e rispettosa del principio d'autorita, e stato per due decenni un "giudizio 'canonico'" sulla Grande Guerra, sia di "Rinascita" che del PCI, come osserva acutamente (e polemicamente) la figlia di Cesare Battisti, Livia, in una lettera inviata nel 1967 al direttore della rivista (Lettera a Rinascita 27). Sono considerazioni valide fino agli inizi degli anni sessanta quando, grazie alla graduale liberalizzazione che comincia a investire il comunismo italiano, l'interpretazione della prima guerra mondiale evolve.

La seconda conclusione che possiamo trarre e che la memoria del passato e la commemorazione sono condizionate anche dalle esigenze politiche del presente. In altre parole, abbiamo visto che l'interpretazione data dai collaboratori di "Rinascita" alla Grande Guerra risente degli imperativi politici che il PCI ha nel momento in cui essi scrivono (Guiso, La seconda guerra mondiale 531-532). Basti ricordare quanto il pacifismo, rivendicato dal PCI negli anni sessanta, condizioni la nuova lettura della Grande Guerra: la condanna e assoluta alla luce dei valori che il PCI intende incarnare e che lo spingono a opporsi con durezza alla politica, vista come bellicistica e aggressivamente imperialistica, degli Stati Uniti in Vietnam e, attraverso la NATO, anche in Europa. Si ricordi anche come, negli anni sessanta, l'influenza della lettura leninista della Grande Guerra si smorzi a mano a mano che il prestigio del Paese-guida si affievoliva; non a caso, diversamente da quanto avveniva nei decenni precedenti, il padre della rivoluzione d'Ottobre viene citato sporadicamente come interprete autorevole del conflitto.

La terza e ultima conclusione e forse quella che piu si presta al dibattito e a ulteriori approfondimenti. Si sono notate le difficolta e gli imbarazzi dei collaboratori di "Rinascita" nell'interpretare, o nel semplice commemorare, uno snodo cruciale della storia e della cultura quale fu la prima guerra mondiale. Alla Grande Guerra, per due decenni, "Rinascita" riserva uno spazio molto limitato. Certo, per il PCI la prima guerra mondiale e un avvenimento negativo, seppure con alcune conseguenze positive, e in quanto tale non e degno di essere celebrato. Ma se si considera da un lato l'importanza epocale della prima guerra mondiale e dall'altro l'impostazione di "Rinascita", cosi attenta agli anniversari storici e alla rielaborazione del passato, sarebbe stato legittimo attendersi maggiore attenzione e una seria riflessione su quella che, non a caso, e stata chiamata la Grande Guerra.

Ora, si ha quasi l'impressione che la rivista comunista sfugga a un confronto esplicito e diretto con questo avvenimento. Perche? Le ragioni sono probabilmente legate, almeno fino al 1964, alla leadership del PCI: Togliatti era stato interventista, ma il partito condannava la prima guerra mondiale. Lo stesso Gramsci, che il PCI togliattiano aveva scelto come "padre nobile", si era schierato contro il pacifismo del PSI e per una trasformazione del conflitto in guerra civile tra operai e borghesi. Accanto a queste ragioni politico-biografiche, ce ne sono altre piu profonde, attinenti al rapporto tra PCI e nazione, tra PCI e storia nazionale. Pur rivendicando energicamente il suo status di partito nazionale (Gentile, La Grande Italia 355-63), il PCI togliattiano apparteneva al sistema comunista internazionale. Esso celebrava i suoi saldi rapporti con la nazione italiana e con la storia patria (Aga-Rossi, Il PCI tra identita comunista 300-311), e nel contempo esaltava il ruolo-guida della classe operaia, i legami tra i proletari di tutto il mondo e la solidarieta internazionale tra partiti comunisti. Era difficile in queste condizioni condurre una riflessione organica su un evento come la prima guerra mondiale, presentato da molti interventisti come quarta guerra d'indipendenza, cioe come l'occasione tanto attesa per ultimare il Risorgimento e completare finalmente l'unita politico-territoriale italiana. E altrettanto difficile era criticare un conflitto da cui l'Italia era uscita vincitrice grazie al sacrificio di un milione circa di morti e piu ancora di feriti, militari e civili.

Per queste ragioni, particolarmente negli anni quaranta e cinquanta, "Rinascita" tende a eludere un confronto diretto con la memoria della prima guerra mondiale e concede prudentemente uno spazio modesto alla riflessione su di essa. In ultima analisi, il rapporto complesso e problematico con la memoria della Grande Guerra, che il nostro studio rivela, conferma la "doppiezza" del PCI togliattiano, impegnato nel difficile compito di conciliare l'aspirazione a essere un partito nazionale con l'integrazione nel sistema comunista mondiale.

Una interpretazione, quindi, sotto influenza ideologica, allineata alle strategie politiche del momento, limitata dalla prospettiva storicistica ed economicista: la tragedia umana della Grande Guerra e la rottura culturale ad essa conseguente sono ignorate.

Universita Paris Ouest Nanterre La Defense

Universita Paris Est Creteil Val de Marne

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(1) La scelta di non procedere allo spoglio esaustivo della rivista, lavoro dal quale sarebbe risultata peraltro una campionatura smisurata ed eccessiva ai fini del presente saggio, e anche frutto di una riflessione sull'importanza cruciale del periodo preso in esame e della funzione celebrativa della rivista, come risultera chiaro alla lettura del saggio. Sottolineiamo anche che la delimitazione ragionata del corpus, dodici annate su un periodo di venticinque anni, ha prodotto una campionatura sufficientemente vasta (circa 70 interventi) per essere significativa.

(2) Lo slancio interventista di Togliatti e cosi forte che, dichiarato inabile al servizio militare a causa della sua miopia, nel 1915 si arruola come volontario nella Croce Rossa. Nel 1916 e finalmente dichiarato abile e presta servizio in fanteria e, poi, negli alpini.

(3) Scritto nel 1916 e pubblicato nell'aprile 1917 in russo, col titolo Imperializm, kak novejsij etap Kapitalizma, il saggio sara tradotto in varie lingue, tra cui l'italiano (prima pubblicazione nel 1921). Il testo italiano e oggi disponibile sia in diversi siti (per esempio, nella sezione italiana di Marxist Internet Archive, http://www.marxists. org/italiano/lenin/1916/imperialismo/index.htm) sia grazie a diverse edizioni economiche, a conferma della attualita dell'interesse per le teorie anti-imperialiste di Lenin.

(4) L'analisi sul ruolo delle donne durante e dopo la guerra e sulla posizione delle femministe e delle militanti socialiste necessiterebbe un'ampia digressione che non trova spazio nel presente saggio. Ci limitiamo a menzionare la condivisibile e autorevole posizione della storica Franjoise Thebaud la quale, nel volume da lei curato, dedicato al Novecento, dell'imponente opera Storia delle donne in Occidente, dapprincipio ricorda: "L'idea che la Grande Guerra abbia profondamente trasformato il rapporto tra i sessi, ed emancipato le donne in misura molto maggiore dei precedenti anni, o persino secoli, di lotte, e assai diffusa durante e dopo il conflitto. E questo un luogo comune della letteratura e della politica" (25). Per poi concludere: "Preferisco sottolineare, al di la del ruolo essenziale del genere nei sistemi bellici, il carattere profondamente conservatore della guerra in materia di rapporto tra i sessi" (83).

(5) Le trasformazioni nella leadership del PCI sono notevoli, poiche al carismatico Togliatti succede Luigi Longo, che promuove una gestione collegiale del PCI, considerandosi un semplice "primus inter pares" (Hobel, Il PCI di Luigi Longo 57-59). Un altro cambiamento importante in seno al PCI e l'indebolirsi del dogma del "centralismo democratico" con la nascita, dopo la scomparsa di Togliatti, di ben quattro correnti interne (Colarizi, Storia dei partiti 342-350).

(6) In realta, per il primo "strappo" ufficiale da Mosca occorrera aspettare l'agosto 1968, quando il PCI critichera pubblicamente l'invasione della Cecoslovacchia compiuta dalle truppe del Patto di Varsavia. Tuttavia, gia nel memoriale di Yalta (agosto 1964), una sorta di testamento politico, Togliatti teorizza il "policentrismo" nel movimento comunista internazionale. Sara la nozione chiave per sciogliere il vincolo di ferro con l'URSS, il cui mito si avvia al declino; Togliatti utilizza il concetto di policentrismo per affermare che ogni partito comunista ha il diritto, ma anche il dovere, di elaborare il suo modello rivoluzionario, cioe di trovare la sua via al comunismo (Colarizi, Storia dei partiti 250-54).

(7) Negli stessi articoli, Lepre mette in luce anche la debolezza ideologica dei dirigenti dei vari PS e la loro integrazione nel sistema.

(8) La riflessione di Spriano e influenzata da Lenin che, come si ricorda in un altro intervento pubblicato da "Rinascita", polemizzava nel 1917 contro la corrente socialsciovinista dominante "nei partiti socialisti ufficiali di tutto il mondo" (Fabbri, Il dramma del socialismo europeo 22).
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