La difficile memoria della Grande Guerra nella rivista comunista "Rinascita" (1944-1968).
Contarini, Silvia ; Naccarella, Pierpaolo
Introduzione
Dopo avere trascorso quasi vent'anni lontano dall'Italia,
il leader comunista Palmiro Togliatti sbarca a Napoli il 27 marzo 1944.
Mentre la seconda guerra mondiale continua a infuriare e l'Italia
affronta una situazione politicoistituzionale drammatica, Togliatti
dedica tempo ed energie alla fondazione di una rivista,
"Rinascita", il cui primo numero esce a Salerno nel giugno
1944. Il leader comunista ne sara il direttore per due decenni,
attribuendo con ogni evidenza al periodico un valore strategico: lo
scopo sara di "fornire una guida ideologica" (Anonimo,
Programma 1) al comunismo italiano e, in particolare, ai quadri del PCI,
il Partito comunista italiano (Vittoria, Togliatti e gli intellettuali
176).
Una delle principali caratteristiche di "Rinascita" e la
grande importanza che in essa hanno le analisi storiche e la
commemorazione di avvenimenti storici, come conferma Alatri
(Introduzione 13), caratteristica che svela sia il "temperamento
intellettuale nettamente storicistico" di Togliatti (Alatri,
Introduzione 14), sia la funzione che il segretario del PCI assegna alla
storia per rafforzare il partito e fargli assumere un rilievo nazionale
(Vittoria, Togliatti, la "ricerca oggettiva" 58).
In questo articolo ci proponiamo di riflettere sulla visione della
Grande Guerra--memoria, celebrazione, rivisitazione--proposta nelle
pagine di "Rinascita" in un arco temporale di venticinque
anni. Perche? La prima guerra mondiale e uno dei massimi avvenimenti
storici del ventesimo secolo; essa ha avuto conseguenze rilevanti e
durevoli nel campo delle relazioni internazionali come nella vita di
ciascuno dei paesi coinvolti e delle popolazioni. "Rinascita"
e un periodico di importanza strategica maggiore per il PCI e sara letto
al di la dei quadri di partito, da intellettuali, anche non tesserati;
inoltre il PCI aspira a essere partito di massa e di governo, forza
politica in grado di trasformare il paese, nei rapporti economici e
sociali, come pure sul piano culturale. Come viene rappresentata e
analizzata, su "Rinascita", la prima guerra mondiale? Viene
dedicato spazio al conflitto? Di che tipo sono gli interventi e chi ne
sono gli autori? L'interpretazione resta immutata o evolve nel
corso degli anni?
Queste sono alcune delle domande alle quali cercheremo di
rispondere, analizzando gli interventi sulla prima guerra mondiale
pubblicati nelle seguenti annate: 1944, 1945, 1947, 1948, 1954, 1955,
1957, 1958, 1964, 1965, 1967, 1968. Sono annate in cui si celebra la
ricorrenza di date fondamentali della prima guerra mondiale: scoppia nel
luglio del 1914; l'Italia vi entra nel maggio 1915; il 1917 e
l'anno della disfatta di Caporetto (ottobre-novembre), ma anche
quello in cui a Torino si svolgono, ad agosto, moti operai di protesta
contro la guerra; le ostilita si concludono nel novembre 1918. (1)
Prima di entrare nel merito, e utile ricordare due avvenimenti
legati alla storia di "Rinascita". Il periodico nasce come
mensile e mantiene questa periodicita fino alla primavera del 1962,
quando diventa un settimanale. Perche questo cambiamento? Togliatti
decide di fare della sua rivista uno strumento piu agile, "che
permettesse una presenza piu ramificata e piu puntuale" (Vittoria,
Togliatti e gli intellettuali 173) del PCI nella societa italiana,
attraversata al tempo da cambiamenti rapidi e profondi. L'altro
avvenimento, di poco successivo, e la morte di Togliatti a Yalta il 21
agosto 1964. Dopo la scomparsa del fondatore, il nuovo direttore di
"Rinascita" e il dirigente comunista Gian Carlo Pajetta,
sostituito nel 1966 dal giornalista e uomo politico Luca Pavolini.
Quindi, Togliatti e il direttore di "Rinascita" per tutte le
annate della rivista di cui abbiamo fatto lo spoglio, tranne gli ultimi
quattro mesi dell'annata 1964 e le annate 1965, 1967 e 1968.
E questo un dato da non sottovalutare, tenuto conto di alcuni
elementi della biografia sia di Togliatti sia del suo
"maestro", Antonio Gramsci. Nei mesi che precedono la
decisione dell'entrata in guerra dell'Italia, Togliatti,
iscrittosi al Partito socialista italiano nel 1914, e interventista.
Secondo la ricostruzione fatta da alcuni dei suoi principali biografi
(Agosti, Palmiro Togliatti 12-14; Bocca, Palmiro Togliatti 31-39),
probabilmente Togliatti condivideva le posizioni di interventismo
democratico di Gaetano Salvemini: lo storico e politico pugliese vedeva
nel conflitto un'occasione propizia al trionfo del libero scambio
in Europa e sosteneva la necessita della partecipazione italiana alla
guerra sia in opposizione agli Imperi centrali (l'austro-ungarico e
il tedesco) sia per completare l'unita d'Italia (Frangioni,
Salvemini 53-97). (2)
Nello stesso periodo, un altro giovane intellettuale socialista
attivo a Torino, Gramsci, si schiera contro la maggioranza neutralista
del PSI (Partito socialista italiano) e adotta le posizioni della
mozione presentata da Lenin nel 1915 alla conferenza di Zimmerwald:
trasformare la "guerra imperialista" (come tale era percepito
dal rivoluzionario russo il primo conflitto mondiale) in guerra civile,
cioe in guerra del proletariato contro la borghesia (Vacca, Gramsci
348). Vedremo come si posizionera "Rinascita" rispetto
all'interventismo di personalita-culto come Gramsci e Togliatti.
Gli anni quaranta
Procedendo in ordine cronologico con lo spoglio delle annate 1944,
1945, 1947 e 1948, osserviamo che la rivista comunista pubblica una
quindicina di interventi nei quali viene citata la prima guerra
mondiale, pur non costituendovi l'oggetto principale; nella maggior
parte dei casi, anzi, gli interventi le dedicano brevi accenni e la
Grande Guerra non e ne commemorata ne tantomeno celebrata.
Negli anni quaranta, "Rinascita" sembra insomma poco
interessata alla prima guerra mondiale; quando affronta
l'argomento, il giudizio e intrinsecamente negativo: si e trattato
di una guerra imperialistica (Spano, Appunti sul massimalismo 270; Alfa,
La rivoluzione sovietica 289; Astesano, Come i comunisti lottano
429-430), nella quale le classi dominanti hanno precipitato i popoli per
affermare il loro predominio (Diaz, Le due liberta 152). Piu
precisamente, il conflitto armato, condotto dall'Impero
tedesco-prussiano per interessi del tutto estranei a quelli del popolo,
aveva visto contrapposti due gruppi di Stati imperialistici, che si
erano dati battaglia per realizzare una nuova spartizione del mondo
(Anonimo, La barbarie prussiana 53 e 55).
Per dimostrare al di la di ogni dubbio che la prima guerra mondiale
e stata imperialistica, "Rinascita" ricorre
all'indiscutibile autorita politica e intellettuale del padre della
rivoluzione d'Ottobre, Lenin. Non soltanto la riflessione che
questi svolge sulla Grande Guerra in quanto guerra imperialistica e
richiamata da uno dei collaboratori della rivista (La Rocca, Lenin e la
guerra 134), ma "Rinascita" pubblica nel 1947 un articolo di
Lenin risalente al 1923, nel quale il leader bolscevico parla di
"prima guerra imperialista mondiale" (Lenin,
L'originalita della Rivoluzione 280). In altri termini,
"Rinascita" sembra fondare la sua visione della prima guerra
mondiale sulla riflessione gia elaborata da Lenin, anche
nell'opuscolo del 1916 intitolato L'imperialismo fase suprema
del capitalismo, nel quale, riferendosi alla Grande Guerra, Lenin
sosteneva che la lotta tra le potenze capitalistiche per la conquista di
mercati e territori sarebbe inevitabilmente sfociata in un conflitto
armato. (3)
Secondo "Rinascita", la prima guerra mondiale ha avuto
conseguenze nefaste sia in Italia, in campo politico ed economico, sia
nelle relazioni internazionali. Per quanto concerne l'Italia, la
Grande Guerra, combattuta da masse, in parte politicamente immature,
"e stato un fattore importante del successo fascista" (V. C.,
Recensione 159). Inoltre, essa ha prodotto alterazioni negative della
"struttura naturale" dell'industria italiana poiche ha
danneggiato proprio le industrie che, date le condizioni presenti nella
penisola, avrebbero potuto "vivere e prosperare" (Pesenti,
Struttura e avvenire 235-36). Sul piano internazionale, invece, la prima
guerra mondiale ha profondamente mutato gli equilibri, sia rafforzando
gli Stati Uniti, dei quali ha stimolato l'attivita industriale e lo
sviluppo, sia rovinando gli altri paesi capitalistici (Foster, Esiste
una situazione 13).
In alcune analisi proposte dalla rivista comunista si riconosce
nondimeno che la Grande Guerra ha avuto anche conseguenze positive. Il
conflitto ha contribuito all'educazione delle masse, preparandole
"a realizzare una vera politica marxistica" (Spano, Appunti
sul massimalismo 270); ha risvegliato i popoli che, nel primo
dopoguerra, "ripresero con nuovo e piu incalzante vigore le loro
rivendicazioni sociali" (Diaz, Le due liberta 152); ha fatto
cessare il trasformistico compromesso attuato in Italia da Giovanni
Giolitti poiche, mostrando a tutti le insufficienze e la debolezza del
vecchio Stato liberale, ha permesso al proletariato italiano di porre
"la sua candidatura a classe egemonica" (De Rossi, Dal Partito
popolare 110).
La prima guerra mondiale dunque avrebbe favorito la maturazione
politica delle masse, dando loro lo slancio necessario per continuare le
lotte con rinnovata foga. Questo "risveglio" suscitato dalla
Grande Guerra ha coinvolto non solo le classi popolari e proletarie, ma
anche le donne italiane, come sottolinea Rosetta Longo Fazio. Secondo
quest'ultima, la prima guerra mondiale e "la grande leva che
riesce a muovere le donne [...] a dar loro una maggiore maturita e
consapevolezza" e a permettere loro di inserirsi attivamente nella
vita politica, economica e sociale dell'Italia (127). (4)
Il principale merito della Grande Guerra che si deduce da alcuni
interventi su "Rinascita" sarebbe pero un altro. La rivista
pubblica uno scritto di Stalin, nel quale il dittatore georgiano,
richiamandosi all'autorita di Lenin, cita un passaggio di
L'estremismo, malattia infantile del comuniSmo. Secondo Stalin e
Lenin, tra le circostanze esterne che hanno favorito il successo della
rivoluzione d'Ottobre (che, conviene ricordarlo, rappresenta ancora
negli anni quaranta il modello e la speranza dei comunisti del mondo
intero), c'e stato il fatto che questa e scoppiata durante la prima
guerra mondiale. Piu precisamente, la Grande Guerra ha contribuito al
trionfo della rivoluzione russa per tre ragioni: i grandi gruppi
imperialistici, che lottavano tra loro, non potevano curarsi della
rivoluzione d'Ottobre; le masse, che desideravano la pace, vedevano
la rivoluzione proletaria come via d'uscita dal conflitto armato;
infine, la "lunga guerra imperialista", cioe la prima guerra
mondiale, avrebbe fatto maturare una crisi rivoluzionaria (Stalin,
Condizioni estere e interne 311).
Un ultimo elemento positivo legato alla Grande Guerra si evince
dalla lettura di "Rinascita" : l'esercito italiano ne e
uscito "con onore", contrariamente a quanto stava accadendo in
quegli anni, affermazione contenuta in un articolo pubblicato nel luglio
1944 quando la seconda guerra mondiale e ancora in corso (Anonimo,
Ufficiali filofascisti 24).
Presentiamo infine un articolo essenziale, a firma dell'allora
vicesegretario del PCI, Luigi Longo, uscito nel numero dell'agosto
1948, dopo l'attentato subito da Togliatti nel luglio dello stesso
anno. In questo articolo, chiaro esempio del culto del quale il
"Migliore" e oggetto all'interno del PCI, Longo
ripercorre le tappe dell'azione politica di Togliatti. Ora,
arrivato agli anni della Grande Guerra, cosi si esprime
sull'impegno del capo comunista: "Egli visse, come militante,
la tragedia della prima guerra mondiale, la lotta tra sciovinisti,
centristi--ne aderire ne sabotare--e rivoluzionari, dei quali gli operai
di Torino presero la testa con le grandi manifestazioni contro la
guerra" (Longo, Il nostro capo 283). Longo non lascia intendere che
Togliatti e stato interventista e ha partecipato al primo conflitto
mondiale; il lettore che ignorava la circostanza continuera a ignorarla.
Gli anni cinquanta
Un decennio dopo, il contesto politico italiano e internazionale e
cambiato rispetto all'immediato dopoguerra. Il PCI ha fatto parte
del governo italiano fino al maggio 1947, ed e poi diventato la
principale forza di opposizione (Colarizi, Storia dei partiti 88-117).
Il 1947 e un anno decisivo anche nel campo delle relazioni
internazionali perche scoppia la guerra fredda, la cui fase piu acuta
termina nel 1953 con la morte di Stalin, cui faranno seguito la
distensione internazionale e l'ampio diffondersi di ideali
pacifisti, favoriti anche dal timore permanente di un conflitto nucleare
(Colarizi, Storia dei partiti 171-81). Nel 1956, a soli tre anni dalla
scomparsa di Stalin, il movimento comunista internazionale, di cui il
PCI e parte integrante, e scosso sia dalla denuncia dei crimini del
dittatore georgiano, fatta in occasione del XX congresso del PCUS, sia
dall'intervento dei carri armati sovietici in Ungheria. Il PCI
togliattiano sostiene la sanguinosa repressione condotta
dall'Armata Rossa, posizione che condurra numerose personalita
della cultura a prendere le distanze dal partito (Colarizi, Storia dei
partiti 203-10).
Nonostante un contesto cosi differente, l'immagine della prima
guerra mondiale che affiora dalla lettura delle annate 1954, 1955, 1957
e 1958 di "Rinascita" e sostanzialmente immutata. Come nel
decennio precedente, negli interventi su "Rinascita" in cui si
parla della Grande Guerra--16 in totale--, essa svolge un ruolo
marginale (eccetto in un caso su cui ci soffermeremo). E come negli anni
quaranta, viene valutata in modo negativo. Una condanna storica,
politica e morale basata sulle seguenti considerazioni:
1) si e trattato di una guerra imperialistica. Questo giudizio e
ricorrente (Canzio, La partecipazione italiana 171; Amendola, Il lungo
cammino 627; Fabbrini, Recensione 128; Sereni, Nella vita e nella lotta
552; Pieck, Ricordo di Clara Zetkin 558), e lo si trova soprattutto in
un influente testo di Lenin (1920 753).
2) Si e trattato anche di una guerra "borghese", che ha
rivelato "la stupidita, la bestialita, la vilta, l'immoralita
della borghesia, dello Stato borghese, del patriottismo borghese, della
'patria borghese'" (Malaparte, Autobiografia 376).
3) La partecipazione dell'Italia al conflitto si e attuata,
come afferma autorevolmente Togliatti, "attraverso una brutale
violazione della legalita parlamentare, di fronte a un Paese nella sua
maggioranza ostile o passivo" (Attualita del pensiero 139). Secondo
il direttore di "Rinascita", la decisione di fare entrare in
guerra l'Italia e stata presa in violazione dello Statuto albertino
ed e stata anche politicamente e moralmente illegittima poiche solo una
minoranza degli Italiani le era favorevole.
Rispetto agli anni quaranta, tuttavia, la riflessione si concentra
particolarmente sulle cause del conflitto. A questo proposito spicca il
solo intervento che ha come oggetto principale la Grande Guerra, il cui
autore e il padre della rivoluzione d'Ottobre. Si tratta di un
rapporto presentato da Lenin nel 1920 in occasione di un congresso
dell'Internazionale comunista. Il rivoluzionario bolscevico spiega,
con tono appassionato e perentorio, le ragioni per le quali e scoppiata
la "guerra imperialistica": e stata la conseguenza inevitabile
della "spartizione di tutta la terra" da parte delle potenze
coloniali capitalistiche, del "dominio del monopolio
capitalistico" e dell'"onnipotenza di un numero infimo di
grandissime banche". Secondo Lenin, la guerra e stata fatta
"per una nuova spartizione del mondo" e "per decidere
quale dei ristrettissimi gruppi dei grandissimi Stati--il gruppo inglese
o il gruppo tedesco--avrebbe ottenuto la possibilita e il diritto di
saccheggiare, di soffocare, di sfruttare il mondo intiero" (1920
752).
L'intervento di Lenin e pubblicato nel 1958 in un voluminoso
numero monografico di "Rinascita" intitolato Crepuscolo del
colonialismo. Nello stesso numero, l'interpretazione leniniana
della Grande Guerra e ripresa in altri due articoli: visibilmente, i
collaboratori di "Rinascita" si riconoscono
nell'interpretazione di Lenin, secondo cui la prima guerra mondiale
ha avuto cause essenzialmente economiche in quanto decisa per sapere chi
avrebbe conquistato il diritto di utilizzare le risorse e le ricchezze
della Terra. Per esempio, Pacor ritiene che la Grande Guerra sia stata
il risultato della crisi di sovrapproduzione di fine ottocento,
dell'aumento della concorrenza tra paesi industrializzati e
colonialisti e della "lotta piu accanita per le materie prime e per
i mercati" imposta dai nuovi investimenti resi necessari dallo
sviluppo tecnologico (Ascesa e fine 696). E Michele Salerno, citando
Lenin, precisa che la guerra e stata combattuta dalle potenze
imperialistiche per "decidere i destini dei paesi coloniali",
cioe "per ridividersi il mondo coloniale" (712 e 714).
Questa lettura economicistica delle cause della guerra era gia
stata proposta, tre anni prima, dal dirigente comunista Giorgio
Amendola, secondo il quale "le forze motrici" del primo
conflitto mondiale erano quelle della "grande industria", che
"si poneva fini di espansione imperialistica" (Il lungo
cammino 627).
Inoltre, e inevitabile che una guerra dovuta all'avidita degli
Stati coloniali capitalistici abbia avuto conseguenze negative. Lenin,
Amendola e Gramsci ne individuano tre: innanzitutto, il conflitto ha
precipitato la popolazione dei paesi sconfitti, a cominciare da quella
tedesca, "in una situazione di soggezione coloniale, di miseria, di
fame, di rovina, di mancanza di diritti" (Lenin, 1920 753). In
secondo luogo, ha favorito l'avvento in Italia del fascismo
(Amendola, Il lungo cammino 624 e 627). Infine, sempre in Italia, ha
danneggiato particolarmente il Mezzogiorno, aggravandone il ritardo
rispetto al Nord industriale (Gramsci, Il Mezzogiorno e la guerra
151-52).
Quest'ultimo effetto negativo della Grande Guerra e espresso
da Gramsci in un articolo apparso per la prima volta nel 1916 nel
settimanale "Il grido del popolo", ripubblicato da
"Rinascita" nel 1957 in occasione del ventesimo anniversario
della morte dell'uomo politico sardo. Ma allo stesso Gramsci e alla
sua autorita "Rinascita" si richiama per mostrare che la prima
guerra mondiale ha avuto anche conseguenze positive. Quali? Quattro anni
di guerra combattuta nelle trincee, si puo leggere in un articolo del
giornalista e politico comunista Luciano Barca che cita esplicitamente
Gramsci, "rompono molte barriere tra operai e contadini, annodano
nuovi legami di solidarieta che 'altrimenti solo decine e decine di
anni di esperienza storica e di lotte intermittenti avrebbero
suscitato'" (747). La prima di queste conseguenze e dunque che
la vita di trincea sopportata dai soldati ha favorito l'unita tra
le classi sociali piu svantaggiate. Su queste ricade un altro effetto
positivo del conflitto, ricordato dallo storico Franco Ferri in un denso
articolo dedicato alla concezione gramsciana dei consigli di fabbrica e
del partito. Secondo Ferri, Gramsci ritiene che la Grande Guerra abbia
"messo in movimento masse sterminate di operai e di
contadini", nei quali la vita di trincea e i sacrifici hanno
"creato la coscienza di nuovi diritti, la spinta a nuove
rivendicazioni". Dal conflitto, insomma, esce "un prorompente
sviluppo di immense forze sociali nuove e tumultuose" (461).
Le altre due conseguenze positive della prima guerra mondiale, ma
relativamente alla Russia, sono enunciate direttamente da Gramsci. Il
conflitto ha suscitato in Russia, pur tra miserie e sofferenze
inenarrabili, una "volonta collettiva popolare"; esso "ha
servito a spoltrire le volonta" che si sono messe rapidamente
"all'unisono" (La rivoluzione contro il
"Capitale" 147), provocando in tal modo un'accelerazione
della storia. Sempre secondo Gramsci, "nel sommovimento ideale
provocato" dalla prima guerra mondiale, si e rivelata una forza
nuova, quella dei "massimalisti russi", cioe dei bolscevichi.
Il fatto che il "massimalismo russo" si sia fatto conoscere
durante questo conflitto e grazie a esso e, per il politico sardo, un
evento di portata storica che giovera a tutte le nazioni e a tutti i
popoli: "[...] al massimalismo russo la storia riserva un posto di
primo ordine, superiore a quello dei giacobini francesi" (Wilson e
i massimalisti russi 148).
Gramsci e i collaboratori di "Rinascita" che lo citano
non sono i soli a mettere in evidenza i "meriti" della prima
guerra mondiale. Secondo Curzio Malaparte, la disfatta di Caporetto e
stata, in realta, "una 'rivolta' della fanteria, cioe del
'proletariato della guerra'"; per questa ragione, la si
puo considerare "come l'atto iniziale della rivoluzione
comunista italiana" (Autobiografia 376). Infine, lo storico Roberto
Battaglia si appoggia sull'autorita di Lenin per sottolineare che
la prima guerra mondiale ha posto in modo perentorio "le questioni
essenziali": o difendere i privilegi e i vantaggi della borghesia
oppure abbattere i governi garanti di quei privilegi attraverso
l'azione rivoluzionaria svolta dal proletariato internazionalmente
solidale (860).
Gli anni sessanta
Negli anni sessanta, "Rinascita" subisce una doppia
trasformazione. Da mensile, diventa settimanale, periodicita che
consente di seguire piu da vicino l'attualita politica italiana e
internazionale e, pertanto, di intervenire con maggiore capillarita nel
dibattito politico e culturale. L'altra trasformazione e legata al
decesso di Togliatti: "Rinascita" perde colui che ne ha
elaborato e deciso la linea per oltre due decenni. I suoi primi due
successori, Gian Carlo Pajetta e, poi, Luca Pavolini, non hanno certo il
prestigio e il potere di Togliatti, che concentrava nella sua persona la
carica di direttore di "Rinascita" e di segretario politico
del PCI. L'avvicendamento alla direzione del periodico sembra
riflettersi sul contenuto degli articoli, che appare, come vedremo, meno
costretto all'interno di una rigida griglia politico-ideologica.
Non sono solo la morte di Togliatti e il cambio di leadership a
introdurre maggiore liberta interpretativa (5): il contesto
internazionale e mutato. Da un lato, il rapporto con il PCUS,
gradualmente si allenta. (6) Dall'altro, l'anno successivo al
decesso di Togliatti l'escalation della guerra in Vietnam raggiunge
l'apice, prima con i bombardamenti massicci sul Nord, poi con la
decisione degli Stati Uniti di passare all'intervento diretto, e
questo induce i comunisti italiani a accentuare la lettura classista
delle relazioni internazionali e, di conseguenza,
l'antiamericanismo e il "terzomondismo" (Pons,
L'URSS e il PCI 30).
Questi cambiamenti si riflettono sul modo in cui
"Rinascita" affronta il tema della prima guerra mondiale nelle
annate 1964, 1965, 1967 e 1968, nelle quali si trovano ben 37 interventi
che parlano del conflitto. Rispetto ai due decenni precedenti, emerge
subito la differenza quantitativa (gli articoli sono ben piu numerosi),
ma la differenza e anche qualitativa: il conflitto e l'oggetto
principale di numerosi interventi. Soprattutto, si notano un impegno
intellettuale e un livello di approfondimento molto superiori rispetto
ai decenni precedenti. A questo non e estraneo il fatto che, nella
grande maggioranza dei casi, gli autori degli interventi non sono veri e
propri politici, ma storici di primo piano, talora membri del PCI,
talora semplici "compagni di strada".
Osserviamo quindi che negli anni sessanta, il giudizio sulla Grande
Guerra e ancora piu negativo e viene espresso in maniera ancora piu
netta. Ecco perche: 1) si tratto di una guerra imperialistica (Spriano,
Il "no" alla socialdemocrazia 5; Lepre, Ipartiti socialisti
europei 22; Lepre, Il revisionismo in Italia 29; Longo, Un grave
pericolo 2; Spriano, Zimmerwald 19; Secchia, Il no di Liebknecht 28); 2)
fu una guerra inutile (Longo, Un grave pericolo 2; Spriano, Isonzo 1917
28); 3) la guerra dissanguo il popolo e rovino l'Italia (Longo, Un
grave pericolo 2); 4) l'Italia fu coinvolta attraverso menzogne e
pretesti (Longo, Un grave pericolo 2); 5) la guerra fu imposta da una
minoranza alla maggioranza degli Italiani (De Felice, Caporetto perche?
25), come prova "la estrema ristrettezza della base democratica di
potere" in Italia alla vigilia della Grande Guerra (Spriano,
L'Italia neutrale 28).
Questa critica radicale diventa ancora piu impietosa quando si
tratta di valutare il comportamento e le scelte degli alti ufficiali
delle forze armate italiane, a cominciare dai membri dello stato
maggiore dell'esercito. I collaboratori di "Rinascita"
attaccano duramente gli ufficiali per la loro mancanza di umanita,
l'incompetenza e gli errori commessi (Alatri, Caporetto 22-23;
Lepre, Recensione di Emilio Faldella, La Grande Guerra. Le battaglie
dell'Isonzo 18), nonche per l'atteggiamento sterilmente e
pericolosamente romantico e retorico, che li portava a declamare
vanamente "sull'Idea della Vittoria" (Ferrata, Un anno
sull'Altipiano 23). Non sorprende dunque che le cause della
disfatta di Caporetto siano "tutte riconducibili alla condotta
della guerra dall'alto, col logorio, la rabbia, la insopportabilita
che aveva oramai generato nella truppa" (Spriano, Isonzo 1917 29).
Detto altrimenti, la lontananza abissale, anzi la vera e propria
frattura esistente tra gli alti comandi dell'esercito e i soldati
semplici, che erano in gran parte di condizione operaia o contadina, ha
generato in questi ultimi un senso di "estraniazione [...] alla
guerra dei signori ufficiali", portandoli a tentare di sottrarsi in
tutti modi (diserzione, ammutinamento e perfino autolesionismo) a un
conflitto al quale si sentivano estranei (Spriano, I due volti della
guerra 32).
Le cause della prima guerra mondiale restano di tipo
fondamentalmente economico: il conflitto e stato provocato dagli
"interessi industriali e commerciali" di 'poche
cricche'" (Cipriani, La guerra alla televisione 19). Esso e
stato determinato dalle "forze sociali interessate alla conquista
di territori altrui e alla dominazione di altri popoli" (Boffa, Dal
"decreto sulla pace" 30) e, dunque, in ultima analisi, dal
capitalismo, che "porta in se la guerra, come le nubi
l'uragano" (Longo, Il dilemma della pace 3). Il peso
dell'elemento economico e cosi forte che, secondo lo storico
comunista Paolo Alatri, "sono le contraddizioni degli interessi
capitalistici e imperialistici facenti capo alle grandi potenze"
che spiegano perche, al termine della prima guerra mondiale, la comunita
internazionale deve fronteggiare gli stessi problemi
dell'anteguerra (Alatri, Recensione di Mario Toscano, Pagine di
storia diplomatica contemporanea 31). E tuttavia, sulle pagine di
"Rinascita", una voce autorevole, quella di un altro storico
comunista, Paolo Spriano, si distacca da questa interpretazione in
chiave puramente "economicistica" della prima guerra mondiale.
Spriano ritiene che sulla decisione della corte e del governo di fare
entrare l'Italia nel conflitto abbiano esercitato "scarso
peso" le "pressioni guerrafondaie venute da ambienti
industriali e finanziari". Esistevano infatti imprenditori che
sostenevano la neutralita perche pensavano, grazie a questa, di ottenere
commesse dagli Stati in guerra. Inoltre, la capacita degli imprenditori
di influenzare direttamente i principali decisori politici era ancora
molto limitata. Spriano ritiene che in realta nell'elaborazione
della politica estera italiana siano prevalsi calcoli e paure legati
alla politica interna, cioe "al disegno di tenere a freno il
socialismo e le spinte eversive con una guerra [...] capace di
rinsaldare un equilibrio strettamente conservatore" (L'Italia
neutrale 28).
Questa lettura delle ragioni dell'intervento italiano nella
Grande Guerra e innovativa rispetto alla linea sempre seguita da
"Rinascita" che prevale ancora negli anni sessanta. Spriano
non vede la prima guerra mondiale come evento imposto dalla brama di
ricchezza di capitalisti, banchieri e grandi industriali, come voleva
l'interpretazione fondata sugli scritti e i discorsi di Lenin. Ed e
questo uno degli esempi piu chiari del minore conformismo ideologico e
della maggiore diversita di punti di vista che caratterizzano, negli
anni sessanta, gli interventi su "Rinascita".
Sulle pagine del settimanale, la prima guerra mondiale e anche
oggetto di un'operazione di demistificazione ideologica.
"Rinascita" si schiera contro la lettura della Grande Guerra
come continuazione del Risorgimento, contro "il mito
patriottardo" e il dannunzianesimo proteso "verso il culto
dell'eroismo sublime" che hanno avviluppato il conflitto
(Argentieri, Nuovi film di montaggio 26), contro ogni forma di retorica
esaltatrice della guerra (Lepre, Le lettere di Battisti 25),
"contro l'oleografia ufficiale dei libri di storia patria,
contro i canti di vittoria" insegnati nelle aule scolastiche
durante il fascismo per celebrare la prima guerra mondiale, contro ogni
assurdo nazionalismo (Seroni, Ritorno sul Carso 20). La posizione da
cui, tra il 1964 e il 1968, numerosi collaboratori di
"Rinascita" giudicano questo conflitto e apertamente e
nettamente pacifista (Anonimo, Introduzione a Jean Jaures,
Sull'orlo della tragedia 28; Longo, Un grave pericolo 2; Cipriani,
La guerra alla televisione 19; Spriano, Zimmerwald 19; Boffa, Dal
"decreto sulla pace " 28-30; Ungaretti, Ritorno sui luoghi 28;
Spriano, I due volti 32).
L'orientamento pacifista e confermato dalla decisione di dare
in omaggio, a chi si abbonera alla rivista per l'anno 1968, un
libro contenente lettere di due personalita comuniste fortemente ostili
alla prima guerra mondiale, Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg; un libro
che puo considerarsi una sorta di manifesto pacifista. Il dirigente
comunista Pietro Secchia spiega in questi termini il senso del volume
omaggio, del quale la rivista ha pubblicato un estratto gia
nell'ottobre 1967 (Liebknecht e Luxemburg, Lettere di Karl
Liebknecht e Rosa Luxemburg 16-17): "La pubblicazione che Rinascita
offre in omaggio ai suoi lettori nell'anno in cui le forze avanzate
e progressive sono impegnate e devono ancor piu impegnarsi nella lotta
contro la NATO, e quanto mai opportuna". Inutile sottolineare come
la posizione sulla Grande Guerra espressa su "Rinascita" tra
il 1964 e il 1968 sia influenzata dalle esigenze politiche del momento,
ossia dalla necessita di alimentare la campagna svolta dal PCI contro la
NATO e contro la guerra del Vietnam.
Non e il solo esempio dell'influenza dell'attualita
politica sul modo in cui la Grande Guerra viene rievocata. Gli autori di
quattro interventi gia citati svolgono un parallelo tra il tempo
presente e il periodo della prima guerra mondiale. In particolare, Longo
critica gli Stati Uniti perche cercano di coinvolgere l'Italia
nella loro politica da "gendarme mondiale", facendole cosi
correre il rischio di restare nuovamente invischiata "in avventure
imperialistiche", come gia successo all'epoca della Grande
Guerra (Un grave pericolo 2). Il giornalista comunista Giuseppe Boffa e
lo stesso Longo affermano che la politica estera dell'URSS e
coerente nei suoi cinquanta anni di storia: dal "Decreto sulla
pace" leninista, con il quale nel novembre 1917 si proponeva ai
popoli in guerra una pace democratica, cioe senza annessioni ne
riparazioni, fino alla concezione della "coesistenza
pacifica", con la quale negli anni sessanta l'URSS si
identifica quasi nella vita intemazionale (Boffa, Dal "decreto
sulla pace" 28-30; Longo, Il dilemma della pace 3-4). Spriano,
infine, scrive che i contadini e gli operai che si opposero con tutti i
mezzi alla partecipazione alla prima guerra mondiale "costituiscono
gli incunaboli di quella che nella dimensione della guerra atomica
diventera la ideologia del dissenso" (I due volti della guerra 32).
Tutti questi autori associano la loro riflessione sulla prima guerra
mondiale alla volonta di rendere credibili le posizioni assunte negli
anni sessanta dal movimento comunista internazionale.
In ogni caso, su "Rinascita" negli anni sessanta, il
conflitto e visto come radicalmente negativo. Se ne indica
esplicitamente una conseguenza nefasta, gia espressa nei decenni
precedenti: la guerra ha rafforzato "indubbiamente le correnti di
destra" (Lepre, Epistolario di Omodeo 29; Lepre, Recensione di
Piero Pieri, L'Italia nella prima guerra mondiale 33) e, in
particolare, il fascismo (Lepre, Risposta alla lettera di Livia Battisti
27). All'opposto, le conseguenze positive si riducono a una sola:
"[...] e la svolta della grande guerra a porre in luce, in una luce
nuova, le forze rivoluzionarie che si agitano nel nostro paese
[l'Italia]. E non solo in questo" (Spriano, Gramsci e Bordiga
28). Secondo Spriano, la prima guerra mondiale segna un mutamento
radicale, che crea un contesto propizio alla valorizzazione delle
formazioni politiche rivoluzionarie.
Una memoria evolutiva
Nella riflessione sin qui svolta sul modo in cui
"Rinascita" parla della prima guerra mondiale tra il 1964 e il
1968, abbiamo evidenziato alcune differenze rispetto ai decenni
precedenti, legate al mutato contesto. Approfondendo l'analisi in
questa direzione, si rilevano altri elementi di discontinuita.
In primo luogo, negli anni sessanta, alcuni collaboratori di
"Rinascita" ragionano sul ruolo e sull'azione dei Partiti
socialisti europei e, specialmente, di quello italiano, alla vigilia e
durante la prima guerra mondiale. Nell'ambito di questa
riflessione, lo storico comunista Aurelio Lepre critica le forze
politiche socialiste affermando che le ambiguita e le incertezze dei
partiti membri della Seconda internazionale nel momento della crisi del
1914 sono dovute soprattutto al fatto che, nei vari Stati europei, la
solidarieta e la coesione nazionali erano piu forti della solidarieta
internazionalista tra partiti socialisti (I partiti socialisti europei
21-22; Risposta alla lettera di Renato Risaliti 31). (7) Tali carenze ed
esitazioni non risparmiavano il PSI; col risultato, sempre secondo
Lepre, che non solo il PSI non riusci a sfruttare la guerra per fare la
rivoluzione, ma non fu nemmeno capace di saldarsi a quella parte della
borghesia italiana che era contraria al conflitto (24 maggio 1915).
La posizione di Spriano e diversa, benche come Lepre si mostri
critico nei confronti della maggior parte dei Partiti socialisti europei
che, non tenendo fede all'impegno per la pace assunto
all'inizio della prima guerra mondiale, passano nel campo del
"socialsciovinismo" e appoggiano il conflitto (Zimmerwald 19).
(8) Piu sfumato e invece il giudizio di Spriano sul PSI. Pur apprezzando
la "sterzata a sinistra" del PSI nei mesi che precedono lo
scoppio della Grande Guerra, sterzata che ne fa "un movimento
particolarmente sensibile all'azione di massa, particolarmente
intransigente nei suoi connotati di classe", Spriano evidenzia
l'"intima antinomia" degli anni di conflitto: il PSI ebbe
il merito di "ripudiare ogni collaborazione con la borghesia nella
guerra imperialistica", ma le sue componenti riforniste crearono
una "situazione di incertezza e di esitazione" (Il
"no" alla socialdemocrazia 5). Precisa che "la propaganda
socialista contro la guerra e stata efficace", senza assumere
carattere rivoluzionario, malgrado la maggioranza del PSI avesse una
"posizione incerta" e una condotta dai "limiti
attendistici" (Caporetto 15; Gramsci e Bordiga 28).
Un'altra novita, in alcuni articoli pubblicati tra il 1964 e
il 1968, e il riferimento esplicito all'anniversario della Grande
Guerra (Lepre, I partiti socialisti europei 21; Lepre, 24 maggio 1915
23; Spriano, Caporetto 15; De Felice, Caporetto perche? 25). Ossia, solo
negli anni sessanta la prima guerra mondiale diventa per
"Rinascita" degna di commemorazione storica. E, tuttavia, la
rivista comunista tiene a sottolineare la differenza tra il modo in cui
rievoca la Grande Guerra in occasione di anniversari significativi, come
il cinquantesimo dell'entrata in guerra dell'Italia, e le
celebrazioni ufficiali, dalle quali essa prende le distanze. I
collaboratori di "Rinascita" spiegano che non intendono unirsi
al coro delle celebrazioni promosse dal governo perche queste sono
vanamente retoriche (Spriano, Isonzo 1917 29; Anonimo, Il 4 novembre di
Gramsci 24; Spriano, I due volti della guerra 32) e servono, in realta,
a coprire problemi che sarebbe urgente risolvere (Sema, Destino di
Trieste 6).
Un'ultima novita risulta dalla lettura delle annate di
"Rinascita" comprese tra il 1964 e il 1968. Mentre nei due
decenni precedenti ogni forma di interventismo era stata condannata con
vigore, ora sulle sue pagine si compie uno sforzo considerevole per
comprendere le ragioni della partecipazione alla prima guerra mondiale
di due "interventisti democratici", nei confronti dei quali si
esprime stima ed empatia. "Rinascita" presenta in termini
positivi la figura di Giuseppe Lombardo-Radice, padre di Lucio,
dirigente comunista e collaboratore della rivista. Ricorda che Giuseppe
Lombardo-Radice era uscito dal Partito socialista nel settembre 1914
perche era convinto che la partecipazione alla guerra contro gli Imperi
centrali fosse necessaria per completare il Risorgimento e per fare
vincere la democrazia e l'indipendenza dei popoli europei. Aggiunge
che nell'autunno 1914, lo studioso siciliano era "stimato da
tutti [...] per la sua generosita e la sua integrita morale" e fa
notare che, coerente come sempre con le sue idee, appena l'Italia
entro in guerra, "si presento volontario" (Anonimo,
Introduzione a Una iniziativa di Gramsci 32).
L'altro "interventista democratico" di cui su
"Rinascita" si parla in termini positivi e lo scrittore Piero
Jahier, del quale Manacorda dice che "tese sempre a inserire la
prima guerra mondiale 'in un processo di sviluppo della democrazia
e della liberta' [.] sia per quanto doveva riguardare i rapporti
fra i popoli sia, ancor piu, per quanto doveva riguardare i rapporti
interni della societa italiana" (Manacorda, Recensione di Piero
Jahier, 1918 L'Astico. 1919 Il Nuovo Contadino 30). Si ammette
dunque che la partecipazione di Jahier come volontario alla Grande
Guerra avesse avuto motivazioni nobili, quali la democratizzazione delle
relazioni tra gli Stati e tra le diverse classi della societa italiana.
Come si e detto, anche Togliatti era stato interventista e aveva
sostenuto la partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale
per ragioni simili a quelle di Lombardo-Radice e di Jahier; ma nel 1948,
quando Longo--il "numero 2" del PCI--aveva parlato
dell'azione politica di Togliatti negli anni del conflitto, una
formula era stata pudicamente ellittica: "visse, come militante, la
tragedia della prima guerra mondiale" (Il nostro capo 283). Il
periodico comunista, che in quel periodo condannava ogni forma di
interventismo, preferiva non dire che il suo direttore e segretario del
PCI aveva sostenuto l'entrata in guerra dell'Italia. Nel 1964,
sedici anni dopo la pubblicazione dell'articolo di Longo, il PCI e
"Rinascita" sono cambiati. Ne sono una testimonianza visibile
i due interventi nei quali si riconoscono e si comprendono (anche se non
si condividono) le ragioni dell'"interventismo
democratico". Si osservi che quando "Rinascita" pubblica
lo scritto su Lombardo-Radice, Togliatti e ancora in vita, mentre e
deceduto da oltre un mese quando appare l'intervento su Jahier. Se
e plausibile pensare che la morte di Togliatti abbia permesso di
affrontare argomenti che, quando il "Migliore" dirigeva la
rivista, sarebbero stati difficili da trattare, l'evoluzione della
rivista (e del Partito) era comunque in corso.
Conclusioni
Quali conclusioni possiamo trarre dalla lettura di circa settanta
articoli, pubblicati su "Rinascita" nelle dodici annate
considerate, su un periodo di venticinque anni?
Il primo elemento da sottolineare e che l'interpretazione che
la rivista comunista da della Grande Guerra si sviluppa, almeno negli
anni quaranta e cinquanta, all'interno e nei limiti di
un'uniformizzante griglia ideologica. La lettura della prima guerra
mondiale e monocausale e dunque riduttiva. L'applicazione del dogma
del materialismo storico nel campo della riflessione storiografica porta
i collaboratori della rivista a ignorare le cause non economiche della
Grande Guerra. Nessuna riflessione verte su aspetti socio-culturali: le
cause e conseguenze economiche da un lato, le implicazioni ideologiche e
politiche dall'altro sono gli unici aspetti che emergono da
"Rinascita", un periodico, ricordiamolo, destinato a formare
la classe dirigente comunista e gli intellettuali vicini al partito.
Questo dogmatismo ha come conseguenza l'impoverimento
dell'analisi sulla prima guerra mondiale, della quale
"Rinascita" non coglie ne la complessita ne la portata.
Se non sorprende che una rivista di partito proponga una lettura
fortemente ideologica di un avvenimento maggiore, lo studio che abbiamo
condotto permette di individuare un'altra caratteristica, piu
peculiare. Si tratta del rispetto dell'autorita dei "numi
tutelari" del comunismo italiano, Lenin e Gramsci, citati dai
collaboratori di "Rinascita" come interpreti pressoche
infallibili. Un'analisi della prima guerra mondiale fondata su
scritti o discorsi di Lenin o Gramsci da la certezza, a chi si esprime
sulle pagine di "Rinascita", di essere nel vero. Il risultato
di una tale riflessione condizionata dall'ideologia e rispettosa
del principio d'autorita, e stato per due decenni un "giudizio
'canonico'" sulla Grande Guerra, sia di
"Rinascita" che del PCI, come osserva acutamente (e
polemicamente) la figlia di Cesare Battisti, Livia, in una lettera
inviata nel 1967 al direttore della rivista (Lettera a Rinascita 27).
Sono considerazioni valide fino agli inizi degli anni sessanta quando,
grazie alla graduale liberalizzazione che comincia a investire il
comunismo italiano, l'interpretazione della prima guerra mondiale
evolve.
La seconda conclusione che possiamo trarre e che la memoria del
passato e la commemorazione sono condizionate anche dalle esigenze
politiche del presente. In altre parole, abbiamo visto che
l'interpretazione data dai collaboratori di "Rinascita"
alla Grande Guerra risente degli imperativi politici che il PCI ha nel
momento in cui essi scrivono (Guiso, La seconda guerra mondiale
531-532). Basti ricordare quanto il pacifismo, rivendicato dal PCI negli
anni sessanta, condizioni la nuova lettura della Grande Guerra: la
condanna e assoluta alla luce dei valori che il PCI intende incarnare e
che lo spingono a opporsi con durezza alla politica, vista come
bellicistica e aggressivamente imperialistica, degli Stati Uniti in
Vietnam e, attraverso la NATO, anche in Europa. Si ricordi anche come,
negli anni sessanta, l'influenza della lettura leninista della
Grande Guerra si smorzi a mano a mano che il prestigio del Paese-guida
si affievoliva; non a caso, diversamente da quanto avveniva nei decenni
precedenti, il padre della rivoluzione d'Ottobre viene citato
sporadicamente come interprete autorevole del conflitto.
La terza e ultima conclusione e forse quella che piu si presta al
dibattito e a ulteriori approfondimenti. Si sono notate le difficolta e
gli imbarazzi dei collaboratori di "Rinascita"
nell'interpretare, o nel semplice commemorare, uno snodo cruciale
della storia e della cultura quale fu la prima guerra mondiale. Alla
Grande Guerra, per due decenni, "Rinascita" riserva uno spazio
molto limitato. Certo, per il PCI la prima guerra mondiale e un
avvenimento negativo, seppure con alcune conseguenze positive, e in
quanto tale non e degno di essere celebrato. Ma se si considera da un
lato l'importanza epocale della prima guerra mondiale e
dall'altro l'impostazione di "Rinascita", cosi
attenta agli anniversari storici e alla rielaborazione del passato,
sarebbe stato legittimo attendersi maggiore attenzione e una seria
riflessione su quella che, non a caso, e stata chiamata la Grande
Guerra.
Ora, si ha quasi l'impressione che la rivista comunista sfugga
a un confronto esplicito e diretto con questo avvenimento. Perche? Le
ragioni sono probabilmente legate, almeno fino al 1964, alla leadership
del PCI: Togliatti era stato interventista, ma il partito condannava la
prima guerra mondiale. Lo stesso Gramsci, che il PCI togliattiano aveva
scelto come "padre nobile", si era schierato contro il
pacifismo del PSI e per una trasformazione del conflitto in guerra
civile tra operai e borghesi. Accanto a queste ragioni
politico-biografiche, ce ne sono altre piu profonde, attinenti al
rapporto tra PCI e nazione, tra PCI e storia nazionale. Pur rivendicando
energicamente il suo status di partito nazionale (Gentile, La Grande
Italia 355-63), il PCI togliattiano apparteneva al sistema comunista
internazionale. Esso celebrava i suoi saldi rapporti con la nazione
italiana e con la storia patria (Aga-Rossi, Il PCI tra identita
comunista 300-311), e nel contempo esaltava il ruolo-guida della classe
operaia, i legami tra i proletari di tutto il mondo e la solidarieta
internazionale tra partiti comunisti. Era difficile in queste condizioni
condurre una riflessione organica su un evento come la prima guerra
mondiale, presentato da molti interventisti come quarta guerra
d'indipendenza, cioe come l'occasione tanto attesa per
ultimare il Risorgimento e completare finalmente l'unita
politico-territoriale italiana. E altrettanto difficile era criticare un
conflitto da cui l'Italia era uscita vincitrice grazie al
sacrificio di un milione circa di morti e piu ancora di feriti, militari
e civili.
Per queste ragioni, particolarmente negli anni quaranta e
cinquanta, "Rinascita" tende a eludere un confronto diretto
con la memoria della prima guerra mondiale e concede prudentemente uno
spazio modesto alla riflessione su di essa. In ultima analisi, il
rapporto complesso e problematico con la memoria della Grande Guerra,
che il nostro studio rivela, conferma la "doppiezza" del PCI
togliattiano, impegnato nel difficile compito di conciliare
l'aspirazione a essere un partito nazionale con l'integrazione
nel sistema comunista mondiale.
Una interpretazione, quindi, sotto influenza ideologica, allineata
alle strategie politiche del momento, limitata dalla prospettiva
storicistica ed economicista: la tragedia umana della Grande Guerra e la
rottura culturale ad essa conseguente sono ignorate.
Universita Paris Ouest Nanterre La Defense
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(1) La scelta di non procedere allo spoglio esaustivo della
rivista, lavoro dal quale sarebbe risultata peraltro una campionatura
smisurata ed eccessiva ai fini del presente saggio, e anche frutto di
una riflessione sull'importanza cruciale del periodo preso in esame
e della funzione celebrativa della rivista, come risultera chiaro alla
lettura del saggio. Sottolineiamo anche che la delimitazione ragionata
del corpus, dodici annate su un periodo di venticinque anni, ha prodotto
una campionatura sufficientemente vasta (circa 70 interventi) per essere
significativa.
(2) Lo slancio interventista di Togliatti e cosi forte che,
dichiarato inabile al servizio militare a causa della sua miopia, nel
1915 si arruola come volontario nella Croce Rossa. Nel 1916 e finalmente
dichiarato abile e presta servizio in fanteria e, poi, negli alpini.
(3) Scritto nel 1916 e pubblicato nell'aprile 1917 in russo,
col titolo Imperializm, kak novejsij etap Kapitalizma, il saggio sara
tradotto in varie lingue, tra cui l'italiano (prima pubblicazione
nel 1921). Il testo italiano e oggi disponibile sia in diversi siti (per
esempio, nella sezione italiana di Marxist Internet Archive,
http://www.marxists. org/italiano/lenin/1916/imperialismo/index.htm) sia
grazie a diverse edizioni economiche, a conferma della attualita
dell'interesse per le teorie anti-imperialiste di Lenin.
(4) L'analisi sul ruolo delle donne durante e dopo la guerra e
sulla posizione delle femministe e delle militanti socialiste
necessiterebbe un'ampia digressione che non trova spazio nel
presente saggio. Ci limitiamo a menzionare la condivisibile e autorevole
posizione della storica Franjoise Thebaud la quale, nel volume da lei
curato, dedicato al Novecento, dell'imponente opera Storia delle
donne in Occidente, dapprincipio ricorda: "L'idea che la
Grande Guerra abbia profondamente trasformato il rapporto tra i sessi,
ed emancipato le donne in misura molto maggiore dei precedenti anni, o
persino secoli, di lotte, e assai diffusa durante e dopo il conflitto. E
questo un luogo comune della letteratura e della politica" (25).
Per poi concludere: "Preferisco sottolineare, al di la del ruolo
essenziale del genere nei sistemi bellici, il carattere profondamente
conservatore della guerra in materia di rapporto tra i sessi" (83).
(5) Le trasformazioni nella leadership del PCI sono notevoli,
poiche al carismatico Togliatti succede Luigi Longo, che promuove una
gestione collegiale del PCI, considerandosi un semplice "primus
inter pares" (Hobel, Il PCI di Luigi Longo 57-59). Un altro
cambiamento importante in seno al PCI e l'indebolirsi del dogma del
"centralismo democratico" con la nascita, dopo la scomparsa di
Togliatti, di ben quattro correnti interne (Colarizi, Storia dei partiti
342-350).
(6) In realta, per il primo "strappo" ufficiale da Mosca
occorrera aspettare l'agosto 1968, quando il PCI critichera
pubblicamente l'invasione della Cecoslovacchia compiuta dalle
truppe del Patto di Varsavia. Tuttavia, gia nel memoriale di Yalta
(agosto 1964), una sorta di testamento politico, Togliatti teorizza il
"policentrismo" nel movimento comunista internazionale. Sara
la nozione chiave per sciogliere il vincolo di ferro con l'URSS, il
cui mito si avvia al declino; Togliatti utilizza il concetto di
policentrismo per affermare che ogni partito comunista ha il diritto, ma
anche il dovere, di elaborare il suo modello rivoluzionario, cioe di
trovare la sua via al comunismo (Colarizi, Storia dei partiti 250-54).
(7) Negli stessi articoli, Lepre mette in luce anche la debolezza
ideologica dei dirigenti dei vari PS e la loro integrazione nel sistema.
(8) La riflessione di Spriano e influenzata da Lenin che, come si
ricorda in un altro intervento pubblicato da "Rinascita",
polemizzava nel 1917 contro la corrente socialsciovinista dominante
"nei partiti socialisti ufficiali di tutto il mondo" (Fabbri,
Il dramma del socialismo europeo 22).