La guerra (in) tradotta. Informazione, propaganda e immagini dal fronte.
Campagnoni, Sarah Pesenti
E noto quanto la Prima Guerra Mondiale abbia segnato l'imporsi
di una fondamentale rottura con la tradizione precedente, seguita da un
processo di modernizzazione che ha toccato gli ambiti piu diversi: dalla
politica alla cultura, dalle scienze alle tecnologie industriali, senza
dimenticare le arti tutte, impegnate in un rinnovamento estetico e
linguistico necessario all'interpretazione della nuova realta
dell'uomo e delle societa. Tra i settori piu profondamente segnati
da questo processo si deve annoverare anche quello mediatico che vede in
prima linea fotografia e cinema quali interpreti privilegiati delle
trasformazioni in corso.
Nei primi anni del Novecento, lo straordinario potenziale mimetico
dei mezzi foto-cinematografici aveva alimentato lo sviluppo di due
generi di grande fortuna, il fotoreportage giornalistico, (2) e, poco
dopo, l'attualita cinematografica d'informazione (1908-1910),
entrambi imperniati sull'idea di una nuova etica della notizia
quale testimonianza fedele dei fatti del reale.
L'illusione di realta suggerita dai mezzi foto-cinematografici
al proprio pubblico e sapientemente sfruttata sia in ambito
giornalistico che nell'industria del cinema si pone dunque alla
base del ruolo fondamentale da essi giocato nel rapido sviluppo dei
sistemi di comunicazione (e propaganda) dell'esercito.
Negli anni del primo conflitto mondiale, infatti, lo Stato Maggiore
del Regio Esercito e della Regia Marina italiani si impongono tra i
principali produttori di immagini della guerra in corso, segnando un
momento di profonda trasformazione negli equilibri industriali, estetici
e linguistici vigenti.
In queste pagine si cerchera di evidenziare, brevemente, alcuni
momenti fondamentali dello sviluppo in senso moderno della produzione
fotografica e cinematografica militare italiana a carattere
propagandistico-informativo nel corso del primo conflitto mondiale,
osservando, nel dialogo tra questi due media, l'alternarsi di
distanze e punti di contatto.
1. Un esercito dietro l'obiettivo: primi approcci militari al
medium foto-cinematografico
L'Italia rappresenta un caso di singolare interesse per
sondare quei sintomi di rottura della produzione foto-cinematografica
d'attualita con la tradizione precedente che troveranno la loro piu
forte espressione in occasione del primo conflitto mondiale.
Nel 1915, il Bel Paese e infatti reduce da soli tre anni dalla
Guerra ItaloTurca (1911-1912), un evento che, oltre ad essere stato
oggetto di un forte risalto da parte dell'industria giornalistica e
cinematografica, con un'impennata delle produzioni di attualita a
tema bellico, segna anche un punto di svolta nella storia della
fotografia militare. In questa occasione, infatti, lo Stato Maggiore
dell'Esercito italiano da il via ad una prima campagna fotografica
in zona di guerra, portata avanti dal lavoro dei soldati e degli
ufficiali del Servizio Fotografico militare, facente parte del
Battaglione Specialisti del Genio. (3)
L'attivita del Servizio Fotografico sul fronte libico,
terrestre e aereo, si incentra, in particolare, sulla riproduzione delle
azioni militari piu rilevanti e sul reperimento di informazioni
strategiche, senza avanzare pretese di esaustivita in termini di
documentazione storica del conflitto, come avverra invece nel corso
della Grande Guerra.
Prima dei tragici eventi del 1914-1918, inoltre, non si registra un
interesse diretto ed esplicito, da parte dell'Esercito italiano,
per un impiego del mezzo cinematografico assimilabile a quello descritto
in fotografia. Pur esistendo, infatti, un'interessantissima
produzione scientifica, militare e civile, rivolta al cinema quale
completamento della fotografia nel tempo per lo studio del movimento,
l'insegnamento di pratiche chirurgiche, l'indagine di fenomeni
fisici o, piu semplicemente, a scopo pedagogico, per quanto concerne la
produzione di guerra manchera per lungo tempo un'attenzione
specifica dell'Esercito nei confronti delle potenzialita di questo
medium. Nelle rare occasioni in cui si rivolge al cinema prima della
Grande Guerra, l'Esercito dimostra anzi un atteggiamento del tutto
indifferente alle sue specificita rispetto al mezzo fotografico,
scegliendo di utilizzare l'uno o l'altro esclusivamente in
funzione di necessita di ordine pratico.
A conferma di questa prassi, la Regia Marina e il Regio Esercito
italiani si impegneranno nella costituzione di specifiche sezioni
cinematografiche solo nella primavera del 1916 (con l'Ufficio
Speciale della Marina) e nel gennaio del 1917 (con la Sezione
Cinematografica del Regio Esercito) e, anche allora, continuera a
mancare un servizio permanente, indipendente dalle necessita della
propaganda di guerra, sul modello di quello fotografico. (4) Nonostante
l'innovativa presenza di un Servizio Fotografico militare sul
fronte del conflitto libico, dunque, la produzione piu esplicitamente
mediatica e propagandistica sui temi della guerra resta appannaggio, in
questa occasione, dell'industria dello spettacolo e
dell'informazione. (5)
Questa scissione tra la produzione militare e quella civile,
tuttavia, stimola la ricerca di nuove strategie ed estetiche della
narrazione del conflitto che si riveleranno fondamentali per la
produzione foto-cinematografica militare di poco successiva. Per quanto
concerne il cinema, in particolare, gli anni del conflitto libico vedono
profilarsi, nelle scelte delle principali case cinematografiche
impegnate sul luogo degli scontri, un modello produttivo che, pur
professando una piena adesione al reale, deve fare i conti da un lato
con i propri limiti tecnici, dall'altro con esigenze estetiche e
narrative dettate, oltre che dal mercato, anche da forti inferenze
politiche e militari.
La produzione foto-cinematografica realizzata dall'Esercito
italiano nel corso del primo conflitto mondiale si inserisce dunque nel
solco di importanti esperienze pregresse sia di ambito militare che
civile, definendo il proprio potenziale innovativo nella capacita di far
dialogare una tradizione visiva non ancora superata con un panorama di
forme espressive e mediali in forte espansione. Superata la distanza tra
una produzione strettamente documentaria e una prevalentemente
attrazionale e spettacolare, infatti, l'attivita delle sezioni
foto-cinematografiche militari durante la Grande Guerra si costruisce
intorno ad un preciso ed organico intento propagandistico, teso a
coniugare l'illusione di realta suggerita dall'immagine
analogica alla sua "ambiguita gnoseologica", che le consente
di servire con efficacia progetti narrativi anche molto diversi.
2. Nuovi attori per un evento nuovo
Nel breve volgere del periodo che intercorre tra lo scoppio della
Guerra ItaloTurca e la fine della Grande Guerra, l'Esercito
italiano si trova dunque impegnato in un processo di progressivo
"assorbimento" della produzione fotocinematografica, non solo
per quanto pertiene le sue potenzialita tecnicoscientifiche, gia in gran
parte sperimentate, ma anche e soprattutto in ambito propagandistico.
Ancor prima del suo intervento a fianco delle potenze
dell'Intesa, nel maggio 1915, l'Italia e oggetto di una
pesante campagna di propaganda, giornalistica e cinematografica, ad
opera, in particolare, dei futuri alleati anglofrancesi. Accanto alle
notizie riportate da periodici e quotidiani, le riviste fotografiche e
cinematografiche si interessano con evidente curiosita alle novita
determinate dalle nuove esigenze della guerra: campagne di
documentazione fotografica ad opera di soldati dilettanti, (6)
proiezioni itineranti al fronte, (7) riprese effettuate da palloni,
aerostati e velivoli d'ogni sorta.
I cinema del Bel Paese ospitano inoltre esotiche attualita sugli
eccezionali e colossali avvenimenti della guerra europea in corso
accanto a una produzione tutta nostrana di film a soggetto che, facendo
proprio un certo clima nazionalistico e nostalgico, rievoca le gloriose
campagne risorgimentali (8) strizzando l'occhio agli eventi
d'attualita.
Con l'ingresso in guerra dell'Italia, il ruolo
fondamentale giocato dai media foto-cinematografici si rende
ulteriormente evidente nel tentativo di bilanciare l'invadenza
della propaganda straniera con una produzione adeguata e in grado di
veicolare sapientemente le informazioni e le emozioni del pubblico
dentro e fuori dai nostri confini.
Nelle prime fasi del conflitto, tuttavia, l'Esercito italiano
non predispone un sistema di produzione di materiali informativi e
propagandistici interno: l'idea stessa di propaganda, infatti,
disturba tanto i soggetti piu diretti della stessa quanto i vertici
militari al punto che, ancora dopo Caporetto, si preferira fare
riferimento ad un generico Servizio P. piuttosto che esplicitare un
sostantivo naturalmente legato a sgradite pratiche coercitive. (9)
Sarebbe, tuttavia, ingenuo ignorare la forte e costante azione di
controllo e veicolamento dell'informazione operata dagli organismi
militari sulle strutture mediatiche civili ancor prima dell'inizio
della Grande Guerra e nel corso della stessa. In questa direzione si
muovono tutta una serie di iniziative che vanno dal rilascio di
lasciapassare ad alcuni selezionati operatori dell'industria del
cinema per la produzione di film di attualita, (10) alle concessioni in
esclusiva di materiali fotografici a editori selezionati per la
tempestiva pubblicazione di cataloghi fotografici degli eventi in corso.
(11)
Ben presto, pero, questo sistema di delega a terzi della produzione
e diffusione di materiali foto-cinematografici a scopo informativo e
propagandistico si rivelera fallimentare, soprattutto in ambito
cinematografico, mettendo in forte imbarazzo i vertici militari per i
troppo frequenti episodi di speculazione oltre che per le numerose
truffe operate ai danni di esercenti italiani e stranieri. (12)
Nel corso del 1916, dunque, lo Stato Maggiore dell'Esercito
italiano, nella figura dell'ufficiale incaricato della gestione dei
flussi di informazione, il Colonnello Eugenio Barbarich, capo
dell'Ufficio Stampa, poi Ufficio Stampa e Propaganda (1917),
comincia a riflettere sulla necessita di creare una struttura militare
capace di gestire internamente la produzione di materiali
fotocinematografici da diffondersi capillarmente dentro e fuori dal
Paese.
Per quanto pertiene la fotografia, la struttura cui questa speciale
produzione viene demandata, detta Sezione Fotografica, si presenta quale
ramo eccentrico del piu antico Servizio Fotografico e viene collocata
alle dirette dipendenze del gia citato Ufficio Stampa. La distinzione
tra la produzione del Servizio Fotografico e quella della Sezione
addetta all'Ufficio Stampa viene inoltre formalmente sancita, come
si dira tra poco, dalla diversa destinazione conservativa cui questi
materiali sono indirizzati: gli archivi militari, da un lato, e il Museo
Centrale del Risorgimento di Roma, dall'altro
I nuovi soggetti d'interesse individuati dalla fotografia di
propaganda investono, in particolare, l'ampio filone dedicato alla
catalogazione e denuncia dei danni al patrimonio artistico,
architettonico e industriale italiano, l'illustrazione sistematica
delle forniture di vettovaglie, armi, materiali da costruzione e
d'altro genere, la dimensione tecnologica e industriale del
conflitto, lo sviluppo e il funzionamento degli ospedali da campo e
delle retrovie, delle navi e dei treni per il trasporto dei soldati e
dei feriti, i campi di concentramento ecc. Si ha poi un fiorire di
immagini dal sapore meno impersonale, come i molti ritratti e i gruppi
di ufficiali e soldati al campo, di infermiere e medici al lavoro, di
momenti della quotidianita del fronte e delle retrovie, tutti tesi a
ricercare una ricchezza emotiva e una densita simbolica funzionale a
farsi veicolo dello spirito di unita nazionale tra il fronte e il resto
del Paese.
A tutti questi temi sono dedicati ampi repertori fotografici che
sfruttano, di volta in volta, tecniche differenti, tra le quali si
ricorda in particolare l'utilizzo della fotografia stereoscopica,
efficace per la sua resa iperrealistica, e quello della diapositiva,
ampiamente sfruttata per illustrare gli interventi in favore del
conflitto tenuti da intellettuali, politici, personaggi dello spettacolo
e reduci.
La ricerca di un canale di comunicazione empatica con il pubblico
del fronte interno rappresenta infatti una delle principali svolte della
fotografia come del cinema militare della Grande Guerra, la cui
dimensione propagandistica si incentra, principalmente,
sull'amplificazione di alcuni temi chiave della campagna di
sostegno alla guerra, quali il valore del sacrificio, la bonta
d'animo del soldato italiano, il lavoro, il legame simbolico tra
Patria e famiglia. Questi scatti devono poter raggiungere il pubblico in
modo capillare, sfruttando al massimo le consuetudini culturali delle
fasce sociali piu diverse: oltre che a coronare articoli e cronache di
guerra sulle riviste e i quotidiani d'informazione o a completare
l'immagine confezionata nelle pubblicazioni di propaganda della
guerra del Regio Esercito e della Regia Marina, dunque, la fotografia
viene largamente utilizzata anche nella produzione di cartoline, album,
collezioni stereoscopiche tese alla conservazione celebrativa di una
memoria familiare che si confonde, di necessita, con quella pubblica.
(13)
E inoltre interessante citare un ulteriore, e certamente moderno,
utilizzo del mezzo fotografico al fronte: nonostante i numerosi divieti,
infatti, nel corso della Grande Guerra si assiste ad un proliferare di
scatti amatoriali, realizzati da soldati, in genere ufficiali, dotati di
apparecchi di proprieta di vario formato, come ricordo personale
dell'esperienza di guerra. (14) Queste memorie private sono state
oggetto di una pesante censura ed e pertanto assai difficile valutarne
l'allineamento con la rappresentazione ufficiale del conflitto.
Nonostante le pesanti ingerenze censorie, tuttavia, gran parte della
produzione fotografica amatoriale sembra rivelare il desiderio di
conservare una dimensione piu onorevole e umana della guerra, negandone
gli aspetti piu terribili e assecondando cosi una non meno rigida
censura privata.
3. Lo spettacolo cinematografico al servizio dell'esercito
Accanto alla fotografia, negli anni della Grande Guerra, anche la
cinematografia s'impone per la prima volta all'attenzione del
Comando Supremo, in virtu della sua eccezionale capacita di parlare al
proprio pubblico nei termini di un intenso coinvolgimento sensoriale ed
emotivo, fermo restando la fede nella sua gia citata vocazione
riproduttiva del reale. Come gia evidenziato nelle pagine precedenti,
negli anni del conflitto libico si era andato consolidando un nuovo
genere cinematografico, declinato nella forma del giornale seriale o, in
alternativa, del documentario a soggetto, e caratterizzato dalla
dichiarata intenzione di essere una trasposizione fedele di avvenimenti
d'attualita.
Con lo scoppio del nuovo conflitto europeo, dunque, la formula
dell'informazione cinematografica ritorna immediatamente in auge,
favorita anche dalle esperienze consumatesi nelle altre nazioni
belligeranti. Sin dalla fine del primo anno di guerra, il 1914, si
registra infatti un processo di uniformazione dei sistemi di
acquisizione dei media foto-cinematografici da parte degli eserciti
belligeranti: Inghilterra, Francia, Germania e Impero Austro-Ungarico si
dotano prontamente di strutture produttive che, pur essendo organizzate
secondo logiche di dipendenza differenti, fanno di fatto riferimento
all'esercito per la produzione di documentari e, soprattutto,
giornali cinematografici a cadenza periodica, il cui scopo e quello di
fornire un racconto diretto, controllato e verosimile, degli avvenimenti
in corso.
Per quanto concerne l'Italia, superata una prima fase di
esperimenti tesi a sfruttare al massimo strutture industriali gia
operanti sul territorio, si arriva alla costituzione di una Sezione
Cinematografica militare, anch'essa alle dipendenze
dell'Ufficio Stampa, solo tra le fine del 1916 e il gennaio del
1917, momento in cui la suddetta Sezione diventa effettivamente
operativa. La Marina italiana anticipa di qualche mese questo risultato,
affidando la produzione cinematografica ad un Ufficio Speciale (con
funzioni in gran parte simili a quelle dell'Ufficio Stampa del
Comando Supremo), attivo gia a partire dalla primavera del 1916.
L'affiancarsi di una Sezione Cinematografica alla gia
esistente Sezione Fotografica rappresenta certamente un momento di
svolta fondamentale nella definizione di un rapporto piu diretto tra
l'Esercito italiano e il pubblico di massa. Questa novita non puo
tuttavia nascondere il forte debito della giovane produzione
d'attualita cinematografica militare con l'industria del
cinema italiano e straniero contemporaneo. Pur essendo dotata di
operatori militari, (15) infatti, la Sezione Cinematografica, suddivisa
in 4, poi 5 squadre destinate ciascuna a coprire un settore diverso del
fronte, deve appoggiarsi, per quanto riguarda le fasi della lavorazione
e del montaggio del film, nonche per la disponibilita di macchinari e
attrezzature, a strutture industriali capaci di soddisfarne il
fabbisogno. Esercito e Marina italiani troveranno in particolare nella
casa romana Cines, dichiarata "Stabilimento Militare
Ausiliario", un punto d'appoggio fondamentale alla loro
produzione.
Anche per quanto concerne l'aspetto distributivo,
l'Esercito si trova a dover inserire i propri programmi
d'informazione all'interno dei normali palinsesti dello
spettacolo cinematografico, venendo cosi a confrontarsi direttamente con
i gusti di un pubblico molto esigente e progressivamente sempre piu
annoiato, al punto da rendere necessario l'obbligo di proiezione
prima dei normali spettacoli. Ad acuire il disamore del pubblico verso
la produzione di guerra e la sua diffidenza nei confronti della fedelta
al reale dei materiali e delle notizie riportate, contribuiscono poi i
gia citati episodi di falsi e le frequenti speculazioni che avevano
caratterizzato il primo anno di combattimenti.
La comparsa del Regio Esercito tra i principali produttori diretti
di immagini da e del fronte rappresenta certo un passo avanti in
direzione della conquista di una nuova fiducia del pubblico nei
confronti dell'attualita cinematografica di guerra. La maggiore
affidabilita della fonte dispensatrice delle informazioni, viene
tuttavia controbilanciata, nei timori del pubblico, dal suo potere
censorio. La frequentissima discrepanza riscontrabile tra le aspettative
del pubblico nei confronti della rappresentazione di guerra e le
caratteristiche dei materiali messi effettivamente in circolazione viene
dunque spesso attribuita alla volonta militare di "tagliare"
certi contenuti, quali, in particolare, quelli relativi alle dinamiche
degli scontri veri e propri.
Nonostante l'innegabile azione censoria operata dalle
strutture militari su informazioni e immagini provenienti dal fronte,
fisse o in movimento, bisogna tuttavia specificare quanto questa censura
sia stata spesso prevalentemente "positiva", nel senso di
propositiva. La maggior parte degli operatori aveva infatti
l'obbligo di inserire all'interno dei metri del proprio girato
una percentuale, per altro minima, di sequenze relative alla vita piu
strettamente ufficiale del fronte: personalita militari, visite e
cerimonie o altri elementi rilevanti a scopo propagandistico. (16)
La censura piu severa era diretta soprattutto in due direzioni: la
tutela del morale dei soldati e dei cittadini, per la quale si evitava
di mostrare troppo apertamente i morti in pose macabre, i cadaveri dei
nostri soldati o le reali condizioni delle trincee di prima linea,
prediligendo al contrario sottolineare il numero dei caduti e dei
prigionieri nemici o la dimensione cameratesca della vita al fronte. In
secondo luogo, era applicata una forte censura a tutti gli aspetti
legati alla disciplina militare, cui non si fa cenno ne nella
documentazione fotografica, ne tantomeno in quella cinematografica.
La mancanza effettiva di immagini e sequenze relative allo
svolgimento degli scontri e alle dinamiche dei combattimenti (intesi
quali momenti di incontro armato tra parti opposte belligeranti) e
imputabile, invece, principalmente alle peculiari caratteristiche della
modernita di questa guerra. La dimensione fortemente tecnologica e le
proporzioni colossali di questo primo conflitto mondiale, segnano
infatti una frattura insanabile con l'esperienza bellica
precedente. Nonostante la modernita militare avesse gia fatto capolino,
annunciandosi nel corso di alcuni conflitti minori del '900, e in
questi anni che la trasformazione raggiunge la sua piena maturazione,
segnando un profondo iato non solo a livello storico, ma anche e
soprattutto culturale. La maggior parte dei combattenti della Grande
Guerra era partita portando con se un'idea di battaglia forgiata
nella tradizione ottocentesca e riassumibile, sommariamente,
nell'equazione valore piu sacrificio uguale onore. Lo scontro con
la realta, rappresentata dal configurarsi di un conflitto regolato, in
primo luogo, dall'efficienza e modernita industriale dei paesi
belligeranti, dal numero dei combattenti schierati, dalla capacita di
rinnovare le proprie risorse umane e tecnologiche, annullando quasi del
tutto il valore del singolo e il senso del suo sacrificio, rappresenta
dunque uno degli aspetti piu terrificanti dell'esperienza di
guerra. Aspetto per altro difficilmente compreso da quanti non
esperirono in prima persona il fronte e raccontato quasi con pudore dai
reduci, vittime di una sorta di censura interiore.
Tornando al rapporto tra guerra moderna e mezzo cinematografico,
questo si trova in gran parte estromesso dall'effettiva possibilita
di cogliere in pieno le proporzioni, le dinamiche, nonche il senso della
vita di trincea, caratterizzata da spazi angusti e bui, dalla convivenza
con la morte (rappresentata sia fisicamente, dai cadaveri abbandonati
dentro e fuori dai trinceramenti in attesa di sepoltura, sia in
prospettiva, dal pericolo cui gli uomini erano costantemente
sottoposti), da attese lunghissime e da una noia in tutti i sensi
letale.
L'invisibilita della guerra moderna non corrisponde quindi,
nella maggior parte dei casi, a nessun astratto divieto di ripresa,
quanto piuttosto ad una concretissima vacuita dal campo di battaglia, al
mancato contatto visivo con il nemico, all'impossibilita di
restituire una dimensione sonora che, nel buio delle trincee, ha
rappresentato uno degli elementi piu concreti e significativi
dell'esperienza bellica. Nonostante la sua modernita tecnologica,
l'impegno etico nel farsi testimone degli eventi in corso e le
evidenti necessita della propaganda militare, il cinema non puo che
dimostrarsi impotente di fronte a questa nuova guerra delle macchine e
degli uomini.
Fatta questa premessa, possiamo ora spiegare fino a che punto la
guerra riportata nei cine-giornali e nei documentari dell'Esercito
fosse in gran parte percepita dal pubblico dell'epoca in quanto
falsa o, piu precisamente, inverosimile, pur risultando oggi un
passaggio fondamentale in direzione dello sviluppo del nuovo genere
documentario.
All'impossibilita tecnica del mezzo cinematografico di
riprodurre gran parte degli aspetti piu sensibili del conflitto in corso
(attese, invisibilita del nemico, suoni, difficolta di percezione dei
confini spaziali nonche degli sviluppi evenemenziali), si deve infatti
sommare un orizzonte culturale di riferimento che per la maggior parte
degli spettatori oscilla tra l'esaltazione della modernita
tecnologica e la nostalgia per un'idea di guerra quale succedersi
ordinato e causalmente concatenato di battaglie sul modello
ottocentesco.
Per quanto concerne l'aspetto della modernita tecnologica,
fondamentale anche ai fini di una propaganda tesa a valorizzare gli
sforzi del Paese nella direzione di una modernizzazione industriale al
passo con le altre nazioni europee, nel corso degli anni questa assume
un'importanza sempre maggiore nella rappresentazione fattane dal
cinema militare. L'affastellarsi di sequenze e inquadrature che
mostrano, in un accumularsi iperbolico, le sempre piu incredibili e
letali dotazioni dell'artiglieria italiana, rappresentano un
aspetto fondamentale all'interno della maggior parte delle
produzioni d'attualita. La tensione spettacolare di queste
immagini, il cui obiettivo e eminentemente mostrativo, tuttavia, le
vincola ad una dimensione estetica che si rifa agli anni precedenti. Al
contrario, le sequenze che si cimentano nel difficile compito di
raccontare la quotidianita del conflitto e, ancor piu, quelle relative
alla guerraguerreggiata, si trovano a dover gestire da un lato la nuova
deontologia di fedelta al reale dell'attualita cinematografica
(fedelta invocata dal pubblico gia ai tempi del conflitto libico),
dall'altro un'aspettativa spettatoriale che si rifa a
un'idea del combattere ormai superata e incongruente rispetto alla
realta del fronte.
La contraddittorieta di questa situazione, tuttavia, viene risolta
in molti casi dalla ricerca di soluzioni ibride, che guardano a uno
sfruttamento delle potenzialita del linguaggio cinematografico
(montaggio e raccordi in primo luogo) in direzione narrativa, pur
restando il piu possibile fedeli al repertorio di immagini e situazioni
ritratti al fronte o, piu spesso, nelle retrovie con o senza la
collaborazione dei soldati-attori. Si assiste dunque ad una
drammatizzazione del reale, non a caso retaggio della tradizione
giornalistica, tesa a riprodurne una dimensione in qualche modo gia
digerita e narrativizzata, funzionale alle esigenze di una propaganda
che punta ad una prematura storicizzazione dei fatti in corso.
L'insoddisfazione del pubblico nei confronti di questa
soluzione si iscrive dunque, in primo luogo, in una mancata rispondenza
con le sue aspettative: pur facendosi racconto, infatti, la guerra
cinematografica continua ad omettere dallo schermo quella
rappresentazione della battaglia e del nemico che, semplicemente, nella
Grande Guerra non si da. Si possono invece facilmente seguire tutte le
fasi di preparazione degli attacchi, dall'arrivo al fronte, alla
disposizione delle trincee, dal bombardamento, alla preparazione delle
armi. Quel che accade dopo, lungi dall'essere censurato, appartiene
all'esperienza di quei pochi che sono sopravvissuti per
raccontarlo. Il cinema riprende il racconto dal rientro al campo, quando
vengono raccolti i feriti per portarli ai posti di soccorso e,
soprattutto, nel momento della sfilata dei prigionieri e del bottino di
guerra. Questa svolta dell'attualita dal vero in direzione di una
drammatizzazione del reale a mezzo degli strumenti di linguaggio del
cinema (e non della messa in scena) segna dunque l'affacciarsi di
un nuovo genere: quello documentario.
4. Diversi progetti per la conservazione delle immagini della
Storia La costituzione delle Sezioni Fotografica e Cinematografica in
seno all'Ufficio Stampa e Propaganda del Comando Supremo delinea,
dunque, il tentativo dell'Esercito italiano di introdursi in modo
competitivo e consapevole, anche se spesso con risultati non ottimali,
in un universo mediatico assai articolato, complicato da dinamiche di
natura economica e commerciale oltre che iscritto in un orizzonte
culturale in rapida evoluzione a partire dal quale si definisce un
inedito rapporto di fiducia con il pubblico.
Le innumerevoli difficolta e i frequenti fallimenti che hanno
ostacolato il progetto di autonoma produzione di materiali
foto-cinematogafici tesi alla propaganda militare dentro e fuori dal
Paese, sono la testimonianza di un processo di apertura a nuove forme di
comunicazione che vive di fasi alterne e che risente fortemente,
soprattutto in ambito cinematografico, di un'eccessiva burocrazia.
(17)
Nonostante i numerosi riscontri negativi, tuttavia, la grande
circolazione di immagini fisse e in movimento messa in moto dalla
produzione e distribuzione militare incide fortemente sul processo di
fissazione della memoria visiva della guerra. La circolazione di questi
materiali non si arresta, infatti, con il cessare delle ostilita, ma al
contrario prosegue cambiando continuamente aspetto e scopo. Smesse le
vesti di una propaganda tesa ad esaltare l'attualita della guerra e
la sua tensione verso sorti magnifiche e progressive, le immagini del
conflitto appena conclusosi si depositano nella memoria comune o vengono
riesumate e ricollocate per farsi sostenitrici di nuove battaglie. (18)
Uno dei principali sbocchi della produzione fotografica di guerra alla
fine del conflitto, ad esempio, e rappresentato dall'ambito
commerciale: le immagini del fronte, gli orrori e la devastazione
lasciati sul campo della Prima Guerra Mondiale vengono confezionati in
serie di cartoline, stereoscopie o lastre da proiezione e vendute
accanto a panorami e diableries per la fruizione domestica e la
conservazione privata. La composizione seriale di questi fondi ricolloca
il singolo scatto nel contesto di una piu ampia ricostruzione e
narrazione della guerra, come gia accadeva con le pubblicazioni
fotografiche. (19)
Diverso il caso del cinema, dove la mancanza di un mercato
d'uso privato (equivalente all'odierno home movie) riduce
fortemente le possibilita di circolazione dei film di guerra dopo la sua
fine al di fuori del raggio d'azione delle principali forze
interessate a proseguire l'opera di propaganda nella nuova veste
della celebrazione commemorativa e di una narrazione
storicoimpressionista incentrata sull'esaltazione della componente
piu fortemente emotiva e spettacolare del mezzo cinematografico.
La maggior parte dei materiali cinematografici realizzati sul
fronte italiano del conflitto (siano essi giornali della guerra,
documentari, film di propaganda o scarti di lavorazione) e stata infatti
oggetto, a partire dai primi anni del dopoguerra fino ai giorni nostri,
di pratiche di riuso prive di ogni genere di regolamentazione, le cui
gravissime conseguenze hanno portato, dopo quasi un secolo, alla perdita
di gran parte dei film girati dai nostri soldati.
Messo da parte il tema degli utilizzi post-bellici che di questi
materiali sono stati fatti, nel corso degli anni, dagli attori piu
diversi, e interessante soffermarsi brevemente sull'aspetto piu
squisitamente conservativo. Sin dai primi mesi di guerra, infatti, in
Italia come all'estero si registra una straordinaria attenzione nei
confronti della novita rappresentata dalla possibilita di documentare
visivamente e in modo capillare un evento di cosi straordinaria portata
storica quale fu la Prima Guerra Mondiale. Dagli ambienti sociali e
culturali piu illuminati emergono velocemente diverse iniziative per la
conservazione di materiali, in particolar modo fotografici, con lo scopo
di creare una raccolta organica ed esaustiva di immagini della guerra,
capace di trasmettere ai posteri la storia e il significato dei
terribili eventi in corso. (20) Questa spinta per la democratica
costituzione di un archivio visivo della Storia, che richiama, per
altro, ben piu antiche profezie e aspirazioni, (21) incontrera tuttavia
l'ostilita dell'ambiente politico e militare, anch'esso
impegnato in un proprio progetto ufficiale che, alla prova dei fatti, si
rivelera tuttavia ingarbugliato da una serie di questioni di natura
burocratica e amministrativa.
Nel 1918 si era assistito ad un'importante trasformazione
dell'assetto istituzionale dell'Ufficio Stampa che, oltre a
passare sotto il comando del Colonnello Grossi (22) e ad arricchirsi di
un nuovo ufficio destinato alla propaganda, vede configurarsi un diverso
assetto anche per le Sezioni Fotografica e Cinematografica. Queste
vengono infatti a fondersi in un'unica Sezione
Foto-Cinematografica, divisa, da un punto di vista amministrativo, tra
le esigenze del Comando Supremo, da cui di fatto dipende per la
produzione di propaganda, e la disponibilita economica del
Sottosegretariato per la Propaganda all'Estero e la Stampa
dell'Onorevole Gallenga, che ne finanzia l'attivita.
Nonostante i compiti di questa nuova Sezione restino sostanzialmente
immutati, questa trasformazione acuisce la distanza tra una produzione
di propaganda a cavallo tra esigenze militari e politiche, e una di
stampo documentaristico e scientifico che rimane, al contrario, di
esclusiva pertinenza militare.
Con lo smantellamento degli uffici del Sottosegretariato di
Gallenga nel dicembre del 1918, dunque, il finanziamento alla Sezione
Foto-Cinematografica e al suo Laboratorio Fotografico viene sospeso e si
richiede all'Esercito di raccogliere e spedire a Roma tutti i
materiali realizzati con l'aiuto economico del Sottosegretariato
stesso. La richiesta di Roma, cui sottosta un accordo precedente,
siglato tra il Generale Diaz e l'ex Presidente del Consiglio
Boselli, prevede il trasferimento di questi materiali presso le sale del
Museo Centrale del Risorgimento, allo scopo di favorire il
consolidamento di quella memoria ufficiale della guerra, proposta, per
l'appunto, dagli organi della propaganda militare. Questa
operazione sembra dunque sostenere un progetto conservativo che, lungi
dal volersi il piu possibile esaustivo e completo, si propone invece di
effettuare una selezione ridotta di materiali rispetto a quelli
potenzialmente accessibili.
Una certa mancanza di rigore storico in questa operazione di
musealizzazione dei materiali della Sezione Foto-Cinematografica viene
prontamente sottolineata, con toni assai poco concilianti, dal Capitano
Cesare Antilli, responsabile della Direzione del Servizio Fotografico
(23) e, in conseguenza, di tutti i materiali realizzati nel corso del
conflitto dal suddetto Servizio, ivi compresa la Sezione Fotografica e
il suo Laboratorio. Egli contesta, in particolare, la scelta arbitraria
di separare l'archivio della Sezione FotoCinematografica, i cui
negativi (circa 10.000) sono per altro giudicati molto scadenti,
dall'archivio generale dei materiali del Servizio Fotografico,
comprendente invece oltre 120.000 negativi di grande qualita. Secondo le
rimostranze di Antilli, infatti, la produzione del Laboratorio
Fotografico (precedente all'istituzione della Sezione
Foto-Cinematografica), di cui Boselli rivendica la proprieta, non ha mai
ricevuto finanziamenti dal Sottosegretariato Gallenga che, pertanto, non
dovrebbe avanzare pretese in merito.
La questione dei diritti di proprieta sui materiali realizzati dai
vari organi in funzione au'intemo dell'Ufficio Stampa del
Comando Supremo rimane ad oggi poco chiara. Quel che appare certo,
invece, e come la mancanza di un progetto di conservazione concordato in
armonia tra le forze militari e quelle politiche abbia portato alla
quasi completa distruzione dei fondi cinematografici di produzione
militare (di propaganda) a fronte, invece, del conservarsi di un
imponente archivio fotografico, ancora in gran parte di proprieta dello
Stato Maggiore dell'Esercito.
Questi numerosi scatti sono conservati oggi presso le differenti
fototeche e gli archivi dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore
dell'Esercito, della Marina, del Genio e di altre Armi, presso
musei e archivi minori, compresi quelli di istituzioni che hanno
ricevuto donazioni da privati in possesso, per le ragioni piu varie, di
materiali fotografici, militari e non, relativi al conflitto. (24) Il
destino dei negativi e positivi cinematografici, al contrario, e stato
piu inclemente oltre che piu incerto. (25)
Conclusioni
Si e infine giunti a conclusione di questo breve excursus dedicato
ai momenti fondamentali dello sviluppo della produzione
foto-cinematografica militare la cui modernita si iscrive nella svolta
squisitamente mediatica dell'utilizzo di questi mezzi quali veicolo
privilegiato di informazione ufficiale, da un lato, ed esperimento di
drammatizzazione dell'attualita storica a scopo spettacolare e
narrativo, dall'altro.
E proprio sulla scia di questa pratica di drammatizzazione dei
fatti del reale, dovuta principalmente alle necessita della propaganda,
che muovera i primi passi quel genere documentario i cui natali si fanno
generalmente risalire solo alla fine degli anni Venti, grazie alle
riflessioni dello studioso John Grierson. (26)
In questa prospettiva, e interessante sottolineare come, dopo
un'iniziale indifferenza da parte militare nei confronti del medium
cinematografico, considerato nulla piu che un perfezionamento, nel
tempo, delle risorse tecnicoscientifiche di quello fotografico, si
assista nel corso della Grande Guerra ad un atteggiamento
sostanzialmente nuovo, che guarda al cinema proprio per la sua
differenza mediatica rispetto alla fotografia. Questo sguardo nuovo e
inoltre favorito dall'imporsi, negli anni immediatamente precedenti
il conflitto, di forme di giornalismo cinematografico in cui la
dimensione informativa si mescola con quella spettacolare, capace di
parlare a grandi masse di spettatori.
La specificita d'uso individuata per il cinema militare,
tuttavia, ne circoscrive l'utilizzo nel tempo e nello spazio alle
necessita del conflitto in corso, senza mai prevedere la costituzione di
una struttura produttiva permanente, come per il Servizio Fotografico,
ne altro scopo rispetto a quello della produzione di propaganda. Gli usi
tecnico-scientifici della cinematografia militare di guerra (affini a
quelli fotografici come la ricognizione aerea del territorio, i film
educativi ad uso militare, quelli scientifici ecc.), pur ampiamente
attestati e documentati, restano privi di una struttura produttiva di
riferimento e sono per lo piu opera di operatori del Servizio
Fotografico. Di questi materiali, purtroppo, si conserva (o e stato
ritrovato) assai poco, e indagare sulla loro storia particolare e sul
loro destino conservativo sara un'interessante sfida per il futuro.
Per la fotografia militare e possibile individuare usi distinti,
rappresentanti ciascuno la risposta ad un diverso approccio e utilizzo
di questo medium: documento isolato, unita significante all'interno
di un flusso di altre immagini (dalle mostre alle cartoline ecc.) o
infine elemento illustrativo facente parte di forme mediali piu
complesse (come la rivista illustrata). La dimensione comunicativa della
fotografia e la sua capacita di parlare ad un grande pubblico sembra
dunque venire considerata dall'Esercito italiano in modo del tutto
discrezionale, quale possibilita secondaria e ridefinibile di volta in
volta a seconda delle necessita.
Il cinema, dal canto suo, e visto con maggiore sospetto proprio in
virtu delle sue potenzialita comunicative e di coinvolgimento emotivo,
ovvero delle sue stesse qualita di medium. Il motore che sembra muovere
la produzione cinematografica militare si iscrive nel processo di
creazione di una narrazione della guerra in qualche modo gia epicizzata,
una documentazione sottratta alla lettura storica cui e destinato il
documento e votata fin dall'inizio alla costituzione di una memoria
celebrativa. In questa prospettiva, si chiarisce dunque il senso del
passaggio della produzione cinematografica di propaganda dagli archivi
militari a quelli di un istituto preposto specificatamente alla
conservazione di questa memoria preconfezionata. Nella stessa direzione
sembrano iscriversi perfettamente anche gli usi successivi che di questi
materiali verranno fatti, piegati dalle trasformazioni politiche a
servire nuovi racconti mitici del recente passato italiano.
Universita degli Studi di Milano
Opere citate
Alonge Giaime. Cinema e guerra. Il film, la Grande Guerra e
l'immaginario bellico del Novecento. Torino: UTET, 2001.
--. "L'occhio e il cervello dell'esercito",
Cinema muto italiano: tecnica e tecnologia. Vol. 1 a cura di Canosa
Michele, Carluccio Giulia e Villa Federica. Roma: Carocci, 2006.
Basano Roberta e Pesenti Campagnoni Sarah, a cura di. AL FRONTE.
Cineoperatori e fotografi raccontano la Grande Guerra. Catalogo di una
mostra al Museo Nazionale del Cinema, Torino, 29 gennaio--31 maggio,
2015. Cinisello Balsamo (Milano): Silvana Editoriale, 2015.
Berruti Sila e Mazzei Luca. "Il giornale mi lascia freddo. I
film "dal vero" dalla Libia (1911-1912) e il pubblico
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costruccio de l'actualitat en el cinema dels origen. Girona: A.
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documenti non ufficiali di una pagina di storia." Immagine. Note di
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Cavallaro Alfonso. A. (Veritas). "Rappresentazioni
cinematografiche nelle trincee." La Vita Cinematografica. Torino,
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Faccioli Alessandro e Scandola Alberto, a cura di. A fuoco
l'obiettivo! Il cinema e la fotografia raccontano la Grande Guerra.
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Photographic Sketch Book of the Civil War. Berkeley: University of
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Namias Rodolfo. "La documentazione fotografica della nostra
guerra potra riuscire un'opera organica?" Il Progresso
Fotografico. Milano: 10 (ottobre 1915): 318.
--. "Per la documentazione fotografica della nostra
guerra". Il Progresso Fotografico. Milano: 2 (febbraio 1916): 62.
Pesenti Campagnoni Sarah. WWI La guerra sepolta. I film girati al
fronte tra documentazione, attualita e spettacolo. Torino: Universita
degli Studi, Facolta di Lettere e Filosofia, Fondo di studi
"Parini-Chirio", 2013.
Regio Esercito Italiano, Comando Supremo, Ufficio Stampa. NORME per
i corrispondenti di guerra. Prescrizioni per il servizio fotografico e
cinematografico. Roma: Laboratorio Tipografico del Comando Supremo,
giugno 1916 / ottobre 1916.
Viaggio Stefano, Tomasini Luigi e Beurier Joelle. Soldati
fotografi. Fotografie della Grande Guerra sulle pagine di "Le
Mirroir". Rovereto: Museo Storico Italiano della Guerra, 2005.
(1) Con "tradotta" si intende qui sia il convoglio
ferroviario militare destinato al trasporto delle truppe, sia
l'operazione di trasferimento di senso dalla caotica realta del
fronte alla sua ordinata rappresentazione a mezzo dell'immagine
foto-cinematografica. L'ambivalenza di questo termine serve a
sottolineare il continuo movimento di uomini e informazioni attraverso
il Paese: nonostante la Grande Guerra sia stata fondamentalmente un
conflitto statico, migliaia di soldati attraversarono a piu riprese
larghe parti d'Italia per raggiungere il fronte, passando dalla
prima linea alle retrovie e viceversa, esattamente come accadde per le
pellicole e gli scatti realizzati in guerra e quindi diffusi dentro e
fuori dai nostri confini.
(2) La nascita del fotoreportage giornalistico si lega a due
importanti innovazioni tecniche: lo sviluppo della fotografia istantanea
e l'introduzione del retino nel mondo dell'editoria, tra i
primi anni Ottanta e la fine dell'Ottocento.
(3) Il Battaglione Specialisti del Genio nasce nel 1910 in
sostituzione della precedente Brigata Specialisti del Genio che aveva
dato i natali alla prima Sezione Fotografica militare italiana il 1
aprile 1896 (Pesenti Campagnoni, WWI La guerra sepolta).
L'iscrizione della fotografia nel contesto delle tecniche e delle
scienze militari non e irrilevante ai fini della comprensione del ruolo
attribuitole dall'Esercito italiano. La produzione fotografica
militare, indipendente dalle condizioni di pace o di guerra vigenti, si
rivolge infatti al miglioramento e completamento delle tecnologie per la
conoscenza del territorio (dalle frontiere montane alle coste), lo
studio balistico, la cartografia ecc. La fotografia non viene vista
dallo Stato Maggiore quale strumento mediatico, veicolo di dialogo tra
le strutture militari e la popolazione civile, ma esclusivamente come
applicazione tecnica (Galloni).
(4) Come si vedra di seguito, la vita della Sezione Cinematografica
militare e strettamente legata alle necessita del conflitto in corso ed
essa sara pertanto destinata allo scioglimento al momento della
smobilitazione dell'Ufficio Stampa del Comando Supremo dal quale
era dipendente.
(5) Si ricordano, a tal proposito, i numerosi interventi censori
operati dalle autorita politiche, in particolare, in ambito fotografico,
e tesi principalmente a mitigare le accuse rivolte ai militari italiani
di perpetrare brutalita nei confronti della popolazione araba.
L'azione di censura e controllo operata sulla produzione
giornalistica e cinematografica civile impone inoltre il divieto di
accesso al fronte delle operazioni imposto a fotografi e operatori da
parte militare. In ambito cinematografico questo divieto verra spesso
compensato dalla disponibilita di ufficiali e soldati a recitare i
propri ruoli per la macchina da presa nelle retrovie, o in contesti
ugualmente controllati (Berruti e Mazzei, Il giornale mi lascia freddo;
Berruti e Pesenti Campagnoni S. Luca Comerio in Libia).
(6) Sulle pagine del Progresso Fotografico come di altre riviste
italiane (La fotografia Artistica), francesi (Photo-Revue) o inglesi
(l'Amateur Photographer) si puo seguire un percorso di
documentazione informale del conflitto, grazie alla collaborazione dei
molti fotografi dilettanti attivi al fronte che, nonostante i divieti
delle autorita militari, hanno rappresentato una realta importante sia
in Italia che all'estero. Al di fuori del panorama italiano, resta
celebre il concorso fotografico bandito dalla rivista francese Le
Mirroir che, sin dall'inizio del conflitto, invita tutti i
fotografi impegnati sul fronte, ufficiali e non, a spedire i propri
scatti promettendo lauti compensi in cambio di materiali in grado di
riprodurre un'impressione vera del conflitto (Viaggio, Tomasini e
Beurier).
(7) "Gia da tempo la cinematografia ha fatto la sua vittoriosa
apparizione nelle trincee, dove pare si e definitivamente stabilita, con
grande soddisfazione dei soldati che, fra un'azione ed
un'altra, si divertono un mondo. Gli inglesi furono i primi che
riproducessero nei loro campi le films e le prime macchine di
proiezione. Non fu difficile trovare operatori fra i soldati stessi; il
successo e stato tanto lusinghiero da indurre il Comando ad applicare il
piacevole passatempo su piu vasta scala" (Cavallaro 47).
(8) Torna cosi sul mercato Nozze d'Oro, di Luigi Maggi
(Ambrosio, 1911), inizialmente censurato per non urtare la
suscettibilita austriaca, quindi riesumato in nome di un rinnovato
orgoglio nazionale. Proliferano poi titoli irredentisti come A
Trieste--Vincere o morire, Trieste o L'Impero della Forca ecc.,
accanto a favole patriottiche che sfruttano la figura del bambino quale
veicolo per rinsaldare i valori della patria-famiglia e dell'unita
nazionale: Befana di Guerra, Il sogno patriottico di Cinessino, La
guerra e il sogno di Momi ecc. Non sfugge a quest'impeto
patriottico neppure il Maciste mitologico di Cabiria, cui saranno
affibbiati i panni dell'eroico alpino (Alonge; Faccioli e
Scandola).
(9) "Si e chiamato Servizio P. e non servizio Propaganda prima
di tutto perche occorre evitare, quanto piu ci si avvicina ai riparti di
truppa, di parlare di propaganda e propagandisti, parole che acuiscono
la naturale diffidenza del soldato, ed in secondo luogo perche colla
parola "Servizio P." si e indicato il complesso servizio della
vigilanza, propaganda ed assistenza, che converge ad un unico fine ma
che non e costituito dalla sola propaganda" Comando della Ia
Armata, Sezione P, Funzionamento dell'organizzazione P., Circolare
no.358, 24 maggio 1918, p. 6.
(10) Resta celebre il caso del fotografo-operatore Luca Comerio, la
cui intimita con la famiglia reale e l'ambiente militare gli
consente di ritrarre suggestive immagini delle prime operazioni sul
fronte italiano. Oltre a La grande giornata storica italiana "20
maggio 1915", realizzato in occasione della seduta parlamentare che
si conclude con la dichiarazione di guerra all'Austria, Comerio
ritrae anche importanti battaglie come La Battaglia tra Brenta e Adige,
La Battaglia di Gorizia, girato durante le fasi immediatamente
precedenti e successive alla conquista della citta, oltre alle
operazioni militari di Guerra d'Italia a 3000 metri
sull'Adamello, proseguendo poi il suo lavoro accanto agli operatori
della Sezione Cinematografica militare. Speciali concessioni ottennero
anche la ditta Ambrosio, per la realizzazione del film Alla Fronte, e la
coppia Roatto-Rossetti con i film sulle operazioni della Marina: La
Marina da Guerra opera per la vittoria e per la gloria d'Italia e
Fra i nostri combattenti per una piu grande Italia (Pesenti Campagnoni
WWI La guerra sepolta).
(11) Oltre alla nota operazione dell'editore milanese Treves
con l'opera La Guerra, si ricorda anche la serie di fascicoli
Panorami della Guerra pubblicati dalla ditta Bestetti e Tumminelli. La
pubblicazione che ricopre maggiore interesse per le sue caratteristiche
estetiche, tuttavia, e sicuramente quella promossa dall'Ufficio
Speciale della Marina, La marina Italiana nella Guerra europea,
pubblicata dagli editori milanesi Alfieri e Lacroix, tra il 1916 e il
1918. Come si vedra nelle prossime pagine, la pubblicazione di questi
cataloghi fotografici rappresenta un interessante compromesso tra un
intervento diretto dell'Esercito nella produzione dei materiali
fotografici e la delega del lavoro editoriale nonche della
commercializzazione degli stessi a editori di fama.
(12) Resta celebre il caso del Colonnello Enrico Maria Barone
accusato di aver abusato di una concessione per le riprese al fronte
ottenuta allo scopo di illustrare il proprio ciclo di seminari in favore
della Croce Rossa. Barone avrebbe infatti venduto a terzi i materiali in
questione a scopo di lucro. Il caso Barone suscitera lo sdegno
dell'opinione pubblica, rendendo evidente il fenomeno della
speculazione sulle immagini di guerra, e, cosa ancor piu grave, rompendo
il fragile equilibrio tra le case cinematografiche e il Comando Supremo
in merito alla gestione delle concessioni per l'accesso al fronte
(Genovese 14-20).
(13) Un caso interessantissimo e rappresentato dallo stereoscopio
Marzocchi, dal nome dell'ex ufficiale della Sezione Fotografica che
lo mise a punto e lo commercializzo. Nel corso del conflitto, Marzocchi
opero su molti fronti e, verosimilmente, con apparecchiature diverse,
producendo materiali ufficiali e amatoriali. Con la fine delle ostilita
decise di proseguire la sua attivita di fotografo aprendo uno studio a
Milano, la societa "La Stereoscopica", insieme a due soci ed
ex compagni d'armi: il Conte Revedin e V. Lazzaroni. "La
Stereoscopica" si proponeva di commercializzare gli scatti eseguiti
da Marzocchi e da altri fotografi al fronte per perpetrare il ricordo
della guerra nella memoria del pubblico. I visori Marzocchi e le oltre
700 lastre stereoscopiche della serie "La guerra Italo-Austriaca
1915-1918" ebbero purtroppo scarso successo di pubblico e
rappresentano oggi un oggetto piuttosto raro, anche se alcuni esemplari
del catalogo Marzocchi si conservano presso l'Archivio Centrale di
Stato di Roma, il Museo Galvani di Bologna, il Museo della Guerra Bianca
di Brescia, la Fondazione Cineteca Italiana di Milano e il Museo della
Battaglia di Vittorio Veneto, che vanta forse la collezione piu
completa.
(14) L'imponente diffusione della fotografia amatoriale e
perfettamente incarnata dal modello Vest Pocket della Kodak, istantanea
e portatile, largamente pubblicizzata sulle pagine delle riviste di
fotografia e non solo come l'accessorio irrinunciabile del soldato
al fronte (Basano e Pesenti Campagnoni).
(15) Non si puo tuttavia dimenticare che una parte considerevole
degli operatori impiegati dalla Sezione Cinematografica italiana, cosi
come accade per altre nazioni, proviene dalle principali case di
produzione attive sul territorio, basti pensare al Tenente Cesare
Borgini della Gaumont, ad Achille Panni della Luca Comerio, a Silvio
Ornano che aveva lavorato per la Kinema Color di Londra e per la Cimino
film di Torino, Carlo Quadroni dell'Etna Film, o a personaggi quali
Carmine Gallone e Nino Oxilia, che insieme agli operatori Gencarelli e
Montuori hanno prestato servizio presso l'Ufficio Speciale della
Marina. Pur restando al di fuori delle strutture militari anche il noto
pioniere del cinema Luca Comerio presta la sua abilita di cineasta alle
necessita della produzione bellica.
(16) Nel 1916, ad esempio, gli operatori ammessi dovevano recarsi
al fronte dotati di un'apposita tessera di riconoscimento e di due
salvacondotti distinti, uno per le retrovie e uno per le zone delle
operazioni, entrambi di durata limitata secondo le disposizioni date
dall'Ufficio Stampa del Comando Supremo. La ditta doveva inoltre
tempestivamente indicare il luogo delle riprese e i soggetti che
sarebbero stati cinematografati, tenendo conto che "per ogni mille
metri di nastro, duecento metri, al massimo, devono essere impressionati
con soggetti indicati dal Comando Supremo". Nonostante i restanti
800 metri fossero naturalmente sottoposti al vaglio della censura, le
richieste dello Stato Maggiore non sembrano costituire un vincolo troppo
gravoso: fatto salvo l'obbligo di riprendere occasioni e
personalita notevoli in visita al fronte, infatti, la scelta degli altri
soggetti rimane a discrezione dell'operatore (R. Esercito Italiano,
Comando Supremo, Ufficio Stampa. NORME per i corrispondenti di guerra
19).
(17) Nonostante i molti sforzi per migliorarne il funzionamento, la
produzione cinematografica militare italiana non riuscira mai, nel corso
della Grande Guerra, a guadagnare il favore del proprio pubblico, non
solo a causa della gia citata incompatibilita fra le aspettative
spettatoriali e le pur innovative soluzioni narrative messe in atto, ma
anche per la sua innegabile poverta estetica, specie se confrontata con
le piu avanzate produzioni anglo-francesi, oltre che per l'evidente
difficolta di tenere il ritmo delle piu agili pubblicazioni di articoli
e fotografie che rendono immancabilmente obsoleta l'informazione
cinematografica.
(18) Il fascismo, in particolar modo, trasformera la memoria della
Grande Guerra in momento fondativo dell'epica nazionale.
(19) Come gia accaduto molti anni prima, nel 1866, con la
commercializzazione degli scatti realizzati sul fronte della Guerra
Civile Americana da Alexander Gardner nel suo Photographic Sketch Book
(Lee e Young) o con quelli della Guerra di Crimea messi in vendita
dall'editore del fotografo inglese Roger Fenton dopo la fine del
conflitto (1856), tuttavia, l'interesse del pubblico nei confronti
di questi cimeli della recente storia nazionale, al di fuori delle
associazioni combattentistiche e di reduci, si dimostra tiepido e si
esaurisce molto rapidamente.
(20) Nel 1916, un gruppo di intellettuali guidati dal milanese
Antonio Curti e da Rodolfo Namias, illustre rappresentante della
migliore tradizione fotografica italiana e proprietario della rivista II
progresso fotografico, presenta un progetto per la costituzione di un
Comitato Nazionale volto a contrastare i ritardi, la miopia, gli
impedimenti burocratici e le "suscettivita gerarchiche" nella
gestione ufficiale della raccolta e conservazione di materiali
documentari sulla guerra. Questo innovativo progetto verra tuttavia
affossato in favore della Societa per la Storia del Risorgimento,
sostenuta dall'Onorevole Boselli, cui verranno infine affidati i
fondi della Sezione Foto-Cinematografica (Namias. La documentazione
fotografica della nostra guerra potra riuscire un 'opera organica?;
Namias. Per la documentazione fotografica della nostra guerra 5).
(21) Si pensi ai famosi Archivi del Film prefigurati dal pioniere
Boleslaw Matuszewski o al colossale progetto di Albert Khan, gli
Archives de la Planete, che, oltre a materiali fotocinematografici,
avrebbero dovuto raccogliere altre numerosissime forme di documentazione
del mondo.
(22) Eugenio Barbarich viene infatti promosso a Generale in capo
della Brigata Friuli e, successivamente, Capo di Stato Maggiore del
Corpo di Spedizione in Bulgaria e Macedonia.
(23) Il 15 gennaio 1919, la Direzione del Servizio Fotografico
militare passa sotto il Comando dell'Areonautica militare insieme a
tutti i materiali prodotti, nel corso del conflitto, dal suddetto
Servizio, compresi quelli accumulati dalla Sezione Fotografica e dal suo
Laboratorio (ex Revedin), tutti affidati al Magazzino Avanzato Materiale
Fotografico per la conservazione.
(24) Tra questi si cita il fondo Luis Bogino del Museo Nazionale
del Cinema di Torino, che annovera numerosi scatti realizzati da Bogino
nel corso del suo lavoro per la Sezione Fotografica del Comando Supremo
dal giugno 1915 al marzo 1919. Oltre a documentare ampiamente il fronte
terrestre italiano, Bogino si distingue per aver lasciato una
dettagliata memoria visiva anche della sezione presso la quale operava,
ritratta all'opera in piu occasioni, con dettagli relativi anche ai
laboratori di sviluppo dei materiali fotografici (Basano. "La
memoria visiva della Grande Guerra. La collezione fotografica del Museo
Nazionale del Cinema." AL FRONTE 23-27).
(25) In Italia purtroppo non esiste un fondo cinematografico
militare organico e non e al momento noto il destino dei film destinati
alle sale del Museo del Risorgimento. I titoli che ci sono pervenuti si
trovano custoditi da archivi e cineteche pubbliche e private e si
presentano per lo piu in forma frammentaria o lacunosa. Le scelte che di
volta in volta sono state fatte, in tempi diversi e da numerosi
artefici, hanno infatti prodotto una spietata selezione delle immagini
passibili di essere salvate e di quelle da consegnarsi all'oblio, a
partire dalla valutazione della loro "utilita storica".
(26) In particolare si fa riferimento alla celebre recensione del
film di Robert Flaherty Moana, pubblicata da John Grierson sul New York
Sun l'8 febbraio 1926.