Mario Marti. Da Dante a Croce. Proposte consensi dissensi.
Cervigni, Dino S.
Mario Marti. Da Dante a Croce. Proposte consensi dissensi.
Pubblicazioni del Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura
dell'Universita di Lecce, 25. Galatina: Congedo, 2005. Pp. 187.
I cavalli di razza--mi piace a volte ricordare a giovani
colleghi--si riconoscono non solo dallo sprint iniziale, cioe
dall'entusiasmo di ogni giovane studioso all'inizio della
carriera, ma ancor piu dalla capacita di restare in lizza sino alla
conclusione della carriera, che va ben oltre l'attivita didattica.
Cavallo di razza eccezionale--e spero che la metafora non dispiaccia--e
dunque Mario Marti, classe 1914 (come ricorda egli stesso
orgogliosamente in questo volume), il quale pubblico il suo primissimo
scritto nel lontano 1943, come si legge nel suo penultimo volume, Ultimi
contributi: dal certo al vero (Galatina: Congedo, 1995), corredato della
bibliografia dell'Autore (pagg. 255-316). Bibliografia, questa di
Marti, che gia nel 1995, quando egli aveva compiuto gli ottanta anni di
eta, aveva raggiunto il numero di 969 scritti, che egli ha continuato ad
aumentare nei due lustri susseguenti tramite un'attivita di
investigatore profondo, perspicace e diligente e che arriva dunque, come
leggiamo nella bibliografia del presente volume (pagg. 175-81), a 1064
voci: un elenco, questo, gia superato dato che il volume e stato
consegnato alla stampa il 25 marzo 2005 e dato che il professor Mario
Marti e tuttora impegnato su vari fronti della storia letteraria
d'Italia.
Per gli specialisti e i non specialisti vale la pena ricordare
almeno alcuni dei titoli principali per cui dobbiamo molto a Mario
Marti. Innanzitutto, il suo fondamentale volume Poeti del dolce stil
nuovo (pagg. 1089), che egli curo nel 1969 per i tipi della Casa
Editrice Le Monnier e che comprende i cosi detti poeti dolcestilnovisti,
ad esclusione di Dante: opera di riferimento tuttora unica per gli
studiosi del periodo, alla quale tennero dietro, di li a tre anni, i due
volumi altrettanto fondamentali intitolati Storia dello stil nuovo
(pagg. 608), ancor oggi alla base di ogni studio sulla poesia e poetica
dolcestilnovistica. Di qui si vede che uno dei maggiori interessi
dell'attivita critica di Mario Marti sia sempre stato Dante prima
della Divina Commedia, come Marti stesso, con la sua solita affabilita e
modestia, mi si presento quando io, giovane docente, andai a fargli
visita verso la meta degli anni settanta nel suo ufficio di Rettore
Magnifico dell'Universita di Lecce. In realta Mario Marti ha sempre
continuato a produrre studi fondamentali sul periodo anteriore al Dante
della Commedia--vorrei qui ricordare Cecco Angiolieri e i poeti
autobiografici tra il 200 e il 300; Cultura e stile nei poeti giocosi
del tempo di Dante; La prosa del Duecento e Prose della volgar lingua;
contemporaneamente egli ha sempre coltivato tutto Dante, ma anche
Boccaccio--si ricordino per lo meno le Opere minori in volgare--e molti
altri autori--il Leopardi costituisce un altro centro d'attenzione
critica: Dante, Boccaccio, Leopardi; I tempi dell'ultimo Leopardi;
Amore di Leopardi--e molti altri e diversi campi di investigazione,
offrendoci studi che rivelano una conoscenza straordinaria di tutta la
cultura letteraria italiana fino ai nostri giorni e un amore genuino per
la sua terra di origine: il suo amatissimo Salento.
Questo suo ultimo volume, Da Dante a Croce, ci offre una
recentissima e valida testimonianza di questa lunga e fruttuosissima
carriera dedicata agli studi: dodici contributi, fra stimolanti saggi e
review articles, o recensioni-saggi, che spaziano dal Dante anteriore
alla Commedia ("Da 'Donna me prega' a 'Donne
ch'avete: non viceversa"; "Con De Robertis
affabilmente") al Dante della Commedia ("Sui due Guidi di Pg.
XI, 97-98"), a Boccaccio ("Sulle due reazioni del
Decameron"), al Quattro-Cinquecento ("Un poco noto trionfo
della fine del Quattrocento"; "L'idea d'unita
d'Italia nella letteratura dei prmi secoli"), al Leopardi
("Dialogando amabilmente con Gino Blasucci sulle sepolcrali
leopardiane"), a Croce ("Benedetto Croce critico della
letteratura italiana") e a una serie di autori e scritti salentini:
il contributo sul Libro rosso di Gallipoli (curato da Vetere e
Ingrosso), che comprende l'edizione, con commento, di 195 documenti
del Registro de Privilegii di Gallipoli; quello su "Le
'Bute' della 'Rassa'", cioe un dramma in lingua
leccese di un ignoto del primo Settecento; e poi anche "Salvatore
Toma poeta: un 'canzoniere' inventato da Maria Corti":
riflessioni critiche sul tentativo, da parte di Maria Corti, di creare
un canzoniere di un "eccentrico poeta" del Salentino, morto a
trentasei anni (1951-87), che ha lasciato raccolte di poesie ma non un
canzoniere.
Fra tutti questi validi e sostanziosi contributi vorrei
sottolineare, anche se brevemente, l'importanza dei primi tre: il
primo dedicato ai rapporti fra la canzone "Donna me prega" di
Guido Cavalcanti e "Donne ch'avete intelletto
d'amore" di Dante. A questo proposito Marti ribadisce la
priorita storica della canzone cavalcantiana citando in chiusura
Vincenzo Mengaldo, chiosatore del De vulgari eloquentia:
"L'accoppiamento alla magna canzone cavalcantiana suona
implicito riconoscimento del valore di modello di quest'ultima
["Donna me prega"] per "Donne ch'avete" (15);
il secondo, "Con De Robertis affabilmente", un saggio
ricchissimo di riflessioni filologiche, critiche ed ermeneutiche sul
volume di De Robertis Dal primo all'ultimo Dante e poi sulla
edizione delle Rime di Dante curata dallo stesso: ambedue i saggi
lettura obbligatoria per chi intenda seguire e valutare la recente
attivita critica e filologica di De Robertis; il terzo, poi, "Sui
due Guidi di PG. XI, 97-98", una disanima dei vari tentativi di
identificare i due Guidi danteschi come Guido Guinizelli e Guittone,
invece della tradizionale coppia Guido Guinizelli e Guido Cavalcanti,
ipotesi che Mario Marti rincalza con nuovi argomenti.
Come in tutti i suoi scritti, Marti presenta anche qui una
solidissima conoscenza dei testi e della storia letteraria che l'ha
caratterizzato attraverso tutta la sua carriera (resa ancor piu
prestigiosa da una costante e fedelissima collaborazione al Giornale
storico della letteratura italiana), rispetto dei testi in quanto
documenti storici che non possono essere travisati da nessuno
revisionismo di moda e affabilita dei modi e della scrittura che gli
permettono di rivolgere critiche sottilissime ai maggiori studiosi della
letteratura italiana anche quando ne ammira la qualita dei contributi.
Questo volume rivela anche due altri aspetti molto accattivanti di
Mario Marti: l'amore per il suo Salento e l'amicizia per i
tanti colleghi e amici con cui ha intrecciato il corso della vita.
Questo suo tenace amore per il Salento ha tenuto sempre fermamente
ancorato alla terra natale un vero maestro, degno delle piu rinomate
cattedre degli atenei italiani. Del rispetto e dell'affetto per
colleghi e amici, poi, queste pagine ridondano ovunque: nel modo con cui
egli si rivolge a due suoi interlocutori, De Robertis e
Fenzi--"affabilmente"; nel piacevole tono epistolare
("Caro Michele") con cui egli offre una "serenata"
all'amico Melillo, ricordandone gli anni giovanili vissuti assieme;
e infine cio che Marti intitola un "Hors-d'oeuvre": un
omaggio a Raffaele Spongano (163-73) in occasione della celebrazione,
tenutasi il 28 ottobre 2004, del centesimo anno d'eta di Spongano,
data prodigiosamente scelta poco prima della scomparsa dell'amato
maestro. Ma vale la pena rileggere almeno alcune righe di questo
discorso destinato a dire addio al maestro: "Come faro a parlare di
lui e del suo, del nostro, Salento per festeggiare i suoi cento anni, io
che ne ho soltanto 10 di meno (anzi nove e cinque mesi) senza parlare di
me, salentino come lui?, e che mossi, ancor ragazzo si puo dire, i primi
passi d'italianista sotto lo sguardo rigoroso, severo, ma anche
affettuoso e incoraggiante di lui, mio professore di italiano nella
seconda classe del Liceo Classico "Colonna" a Galatina? Si era
nel 1932-33, ed egli ne aveva vent'otto, di anni, fresco professore
di ruolo nei Licei, e io diciotto, fra i banchi di fronte a lui,
studentello curioso, avido, caotico autodidatta, e per giunta discoletto
e pronto alla battuta pungente" (163).
E di questo suo maestro che per primo parlo a quello
"studentello curioso" della Normale di Pisa, direzione e
scelta che segnarono la vita del piu giovane salentino, Mario Marti ha
ora preso il posto come decano di tutti gli italianisti non solo
d'Italia ma del mondo: onore che gli e dovuto non solo per
l'eta ma anche e soprattutto per i suoi moltissimi e altissimi
meriti accademici.
Dino S. Cervigni, The University of North Carolina at Chapel Hill