Giulia Bigolina. Urania.
Ruggiero, Laura Giannetti
Giulia Bigolina. Urania. A cura di Valeria Finucci. Roma: Bulzoni
Editore, 2002. Pp.196.
Una ventina d'anni fa Carlo Ginzburg osservava in un suo
celebre saggio ("Spie: radici di un paradigma indiziario") che
l'opera dello storico e paragonabile a quella del detective e a
quella dello storico dell'arte positivista che pazientemente
mettono insieme tracce e frammenti di quello che stanno cercando sulla
base di un "paradigma indiziario". Valeria Finucci--studiosa
di letteratura del Cinquecento che nei Ringraziamenti si autodefinisce
scherzosamente "Sherlock Holmes della famiglia Bigolini"
(11)--e partita dal paradigma, sicuramente piu che plausibile, che
dovesse esistere una narrativa in prosa scritta da una donna nel
Cinquecento e in seguito a pazientissime ricerche in archivi e
biblioteche italiane ed europee l'ha riportata alla luce e
pubblicata.
Urania nella quale si contiene l'amore d'una giovine di
tal nome e il primo e per ora l'unico romanzo in prosa composto da
una donna nel Cinquecento, Giulia Bigolina; fu scritto a Padova, dove
l'autrice visse, presumibilmente intorno al 1556-58. Giulia
Bigolina fu anche autrice di una lunga novella, Giulia Camposanpiero e
Tesibaldo Vitaliani, arrivata fino a noi, e sicuramente di un'altra
novella andata invece perduta. Appartenente ad una famiglia della
nobilta padovana, Giulia Bigolina visse in un periodo intenso e
difficile della storia d'Italia: i suoi dati biografici vengono
collocati--con un grande lavoro di confronto e ricostruzione di
documenti d'archivio, repertori storici, indici e altro--intorno al
1518 per la nascita e al 1569 per la morte. Come Valeria Finucci fa
giustamente notare, le donne spesso non comparivano negli alberi
genealogici o nei libri di famiglia e infatti i loro nomi cominciano ad
apparire solo dopo il Concilio di Trento in censimenti religiosi quali
gli status animarum. Ma Giulia Bigolina, quasi ignota per i documenti
civili del suo tempo, e invece conosciuta nei circoli letterari della
sua citta, corrisponde brevemente con Pietro Aretino che le manda i
saluti del comune amico Tiziano Vecellio, e citata con ammirazione in un
libro dello storico Bernardino Scardeone, membro dell'importante
Accademia degli Infiammati, e amica di Sperone Speroni e, una ventina
d'anni dopo la sua morte, viene menzionata in un libro di Ercole
Filogenio insieme a Vittoria Colonna, Veronica Gambara, Laura Battiferra
e Laura Terracina. Non solo: la scrittrice appare come interlocutrice in
un dialogo dal titolo A ragionar d'amore scritto intorno al 1550,
il cui manoscritto e stato rintracciato da Paul Oskar Kristeller in una
biblioteca francese. Se si puo gia parlare di un canone al femminile in
formazione verso la fine del Cinquecento, certamente Giulia Bigolina vi
apparteneva.
I secoli successivi--fino all'Ottocento--continuano ad
annoverare Giulia Bigolina all'interno di repertori delle donne
letterate e di raccolte di novelle significative che vanno da Boccaccio
alla fine del Settecento. L'autrice ha un posto tra nomi quali
quelli di Bandello, Bargagli ed Erizzo. Melchiorre Cesarotti, alla fine
del Settecento, la loda per le sue novelle "leggiadre" e per
lo stile. E degno di nota osservare che la fama di Giulia Bigolina non
fu aiutata dalla stampa. Il romanzo non fu mai pubblicato--Valeria
Finucci fa notare che la censura post-tridentina non avrebbe permesso la
stampa di un romanzo la cui protagonista, travestita da uomo, se ne va
in giro da sola--, e la sua novella fu finalmente edita solo nel 1794
all'interno di un'opera dal titolo Notizia de' novellieri
italiani. Valeria Finucci--novella Sherlock Holmes--ha ritrovato
l'originale di Urania nella Biblioteca Trivulziana di Milano; il
manoscritto probabilmente e l'autografo inviato dalla scrittrice a
Bartolomeo Salvatico, il giureconsulto cui l'opera e dedicata.
Finora se ne conosceva solo una copia settecentesca depositata nella
Biblioteca Apostolica Vaticana e menzionata nell'Iter Italicum di
Kristeller. Nel Novecento l'interesse per Giulia Bigolina e
pressoche inesistente: la sua esclusione ad opera di critici quali
Giambattista Salinari e significativa del trattamento riservato a molte
donne scrittrici. Nel 1955 e poi nel 1976 Salinari ristampa la raccolta
Notizia de' novellieri italiani di Anton Maria Borromeo della fine
del '700--una collezione lodata e citata che conteneva novelle
inedite di Giovanni Morlini, Pietro Fortini, Luigi Alamanni e altri, piu
la novella della Bigolina--, e tranquillamente decide di escludere dalla
sua versione l'unica rappresentante femminile.
Urania e un affascinante pastiche. La protagonista e una poetessa
che decide di divenire pellegrina per amore; dopo essere stata
abbandonata dal suo amante perche non abbastanza bella, indossa abiti
maschili, assume il nome e l'identita del suo amante Fabio e gira
l'Italia a cavallo alla ricerca di una risposta al suo dilemma
amoroso. In questo viaggio incontra uomini e donne, viene creduta uomo
da tutti e suscita l'amore della giovane vedova Emilia, che la
segue sperando di realizzare un'unione con lei. Il romanzo e
complicato da una serie di intrecci paralleli--di cui e meglio non
parlare per lasciare un po' di suspense ai lettori--fino al lieto
fine che giunge dopo un'ultima difficile prova. Come Valeria
Finucci fa notare nell'importante analisi (44-63) degli svariati
generi letterari coinvolti nella costruzione del romanzo, il modello
principale e l'Elegia di Madonna Fiammetta di Boccaccio. Tuttavia
Giulia Bigolina mostra di conoscere anche i romanzi cavallereschi, la
letteratura pastorale, probabilmente la commedia Gl'ingannati,
(dove la protagonista Lelia si veste da uomo e assume il nome di Fabio),
nonche la vasta trattatistica sull'eccellenza delle donne e
l'amore, molto feconda in area veneta. Tutti questi generi
letterari, piu altri che sarebbe lungo menzionare, si amalgamano
armoniosamente nella narrativa. Anche se--per quel che sappiamo--Giulia
Bigolina non scrisse poesia d'amore, potremmo includerla tra le
poetesse cinquecentesche che Ann Rosalind Jones ha simpateticamente
definito come "bricoleuses" (The Currency of Eros:
Women's Love Lyric in Europe, 1540-1620, Bloomington: Indiana UP,
1990) in riferimento alla loro abilita di servirsi vantaggiosamente
nelle loro opere di diversi generi e motivi stilistici.
La narrazione delle avventure di una poetessa in abiti maschili
consente all'autrice di esplorare liberamente e radicalmente alcuni
temi che cominciavano a circolare proprio in quel periodo riguardo al
ruolo femminile nel rapporto tra i sessi e nella societa. Alla
protagonista sta particolarmente a cuore il tema dell'educazione
femminile che viene esaminato nei due incontri agli inizi del romanzo,
quello con il gruppo di donne e quello con il gruppo di uomini. Le
gentildonne che Urania/Fabio incontra prima di tutto dichiarano di voler
esercitarsi nelle scienze e nelle lettere, esercizio in cui sono
impedite dagli uomini, e solo poi di volersi scegliere un amante di
proprio gradimento. L'incontro successivo con i gentiluomini, che
vogliono sapere il tenore della conversazione del giorno precedente,
consente all'autrice--non dimentichiamo, creduta uomo--di entrare
in una appassionata perorazione della causa femminile e del diritto
all'educazione. Urania/Fabio suggerisce ai gentiluomini che
incominciano il loro discorso spregiativo sulle donne prendendo ad
esempio paradigmatico la figura di Elena di Troia, che dovrebbero invece
"volgere" (120) l'ordine della storia e considerare Paris
(Paride) responsabile di quegli avvenimenti. Forse Giulia Bigolina era a
conoscenza dell'avvertimento finale di San Giovanni
nell'Orlando furioso ("E se tu vuoi che 'l ver non ti sia
ascoso,/ tutta al contrario l'istoria converti:/ che i Greci rotti,
e che Troia vittrice,/ e che Penelopea fu meretrice" 35:27). Di
certo, giudicando complessivamente la sua opera, l'autrice non si
limita ad una confutazione della supposta inferiorita femminile ma
riconosce, in anticipo su Moderata Fonte, il diritto alla parita
intellettuale e sociale.
Verso la chiusura della sua rilevante introduzione al romanzo,
Valeria Finucci avanza una proposta che puo dare inizio ad un nuovo
paradigma, stavolta non indiziario: "Alla luce di quello che
Bigolina fa in Urania, bisogna far risalire l'invenzione del
trattato femminista a quaranta anni indietro e motivarlo non come il
risultato di rigurgiti misogini [...] ma di una precisa agenda
intellettuale e filosofica in un periodo in cui proliferavano testi sul
'prender moglie' e sul 'governo della casa'"
(58). L'invito dovra necessariamente essere preso in considerazione
da tutti coloro che studiano le donne scrittrici nel Rinascimento, la
querelle des femmes, la costruzione dell'identita femminile, ma
anche la formazione del canone letterario e artistico nel Cinquecento,
non solo in Italia ma anche in Europa. E, fortunatamente per tutti gli
appassionati di cose italiane che non hanno familiarita con
l'italiano del Cinquecento e per gli studenti, e attualmente in
corso la traduzione in inglese del romanzo da parte di Valeria Finucci.
In conclusione il volume Urania e una aggiunta considerevole a
tutta quella serie di libri di mano femminile che negli ultimi
vent'anni hanno consentito agli studiosi del Rinascimento di
cominciare a rispondere almeno parzialmente all'ormai topico
quesito: "Did women have a Renaissance?"
Laura Giannetti Ruggiero, The Pennsylvania State University