首页    期刊浏览 2025年07月28日 星期一
登录注册

文章基本信息

  • 标题:Pierluigi Pellini. Naturalismo e verismo. Zola, Verga e la poetica del romanzo.
  • 作者:Bellini, Davide
  • 期刊名称:Italica
  • 印刷版ISSN:0021-3020
  • 出版年度:2011
  • 期号:June
  • 语种:English
  • 出版社:American Association of Teachers of Italian
  • 摘要:Nella storia delle arti visive, l'impressionismo ci appare come il tipico momento di dirompente innovazione formale, capace di sconvolgere i postulati epistemologici del realismo e di aprire il varco alla modernita. Perche, invece, quando si pensa alla storia della letteratura, il naturalismo si presenta sempre irremediabilmente lontano, e anzi quasi contrapposto, rispetto alle inquietudini e alle disarticolazioni del Novecento? E da domande come questa che prende le mosse Pierluigi Pellini per provare a ridiscutere alcuni aspetti cruciali della poetica del romanzo europeo del secondo Ottocento, ripresentando con alcune modifiche un agile volumetto troppo trascurato alla sua prima apparizione (La Nuova Italia, 1998).
  • 关键词:Books

Pierluigi Pellini. Naturalismo e verismo. Zola, Verga e la poetica del romanzo.


Bellini, Davide


Pierluigi Pellini. Naturalismo e verismo. Zola, Verga e la poetica del romanzo. Nuova edizione riveduta e aggiornata. Firenze: Le Monnier Universita, 2010.

Nella storia delle arti visive, l'impressionismo ci appare come il tipico momento di dirompente innovazione formale, capace di sconvolgere i postulati epistemologici del realismo e di aprire il varco alla modernita. Perche, invece, quando si pensa alla storia della letteratura, il naturalismo si presenta sempre irremediabilmente lontano, e anzi quasi contrapposto, rispetto alle inquietudini e alle disarticolazioni del Novecento? E da domande come questa che prende le mosse Pierluigi Pellini per provare a ridiscutere alcuni aspetti cruciali della poetica del romanzo europeo del secondo Ottocento, ripresentando con alcune modifiche un agile volumetto troppo trascurato alla sua prima apparizione (La Nuova Italia, 1998).

Comparatista attento alla letteratura francese, curatore del primo volume dei romanzi di Zola uscito per i Meridiani nel 2010, Pellini espone fin da subito le tesi difondo del suo lavoro: <<il primo romanziere della modernita letteraria e Gustave Flaubert; nella poetica del naturalismo, e segnatamente nelle sue aporie, e possibile rintracciare i germi piu fecondi del romanzo novecentesco; gli elementi di continuita prevalgono nettamente su quelli di rottura nel passaggio dal naturalismo al grande 'modernismo' di primo Novecento; nello sviluppo del genere-romanzo, percio, la seconda svolta storica, dopo quella decisiva di fine Settecento, non si colloca negli ultimi anni del secolo, ma a meta dell'Ottocento>> (VII).

Rispetto a questa stringata premessa, pero, occorre fare una precisazione. E vero, si possono rintracciare nel romanzo naturalista i germi degli sviluppi novecenteschi; ma a ben vedere e lo stesso percorso tracciato da Pellini a farci oltrepassare questa prospettiva, in qualche modo teleologica. Cio che emerge alla fine del libro non e l'immagine di un naturalismo inteso come poetica sostanzialmente ottocentesca, eppure 'riscattatabile' per le sporadiche anticipazioni degli sviluppi successivi; al contrario, si profila un'autonoma modernita del naturalismo, destinata in parte ad estinguersi e in parte a continuare nelle innovazioni del romanzo modernista del primo Novecento, ma comunque non meno significativa.

Si pensi soltanto alla dilatazione del panorama oggettuale che riguarda l'immaginario del naturalismo. Il sempre maggiore peso delle descrizioni, oltre che un dato di fisionomia stilistica, e anche il segno che nel mondo rappresentato dal romanzo naturalista gli stessi attori umani tendono ad oggettualizzarsi, ad essere vissuti dal reale piu che a viverlo. Questo fenomeno segna da una parte, com'e ovvio, la distanza con il Bildungsroman tradizionale; ma, in un senso meno scontato, costituisce una punta di estrema modernita destinata in parte ad essere riassorbita con i romanzi del primo Novecento, in cui <<si puo assistere anche a un parziale restauro della centralita umana rovesciata dal naturalismo: cosi in un importante filone narrativo che si fonda su una nuova mitologia del soggetto, cui la psicoanalisi freudiana da una base teorica decisiva>> (141). Sia pure definitivamente lacerato, il personaggio-uomo tornera insomma al centro dei romanzi di Pirandello e Svevo, di Proust e Kafka, come non lo era invece in quelli di Zola e (in parte) di Verga.

Poi le ragioni della continuita. Gli esordi di Huysmans e D'Annunzio, future guide europee del decadentismo, sono chiaramente debitori dell'humus naturalista; Mallarme, quando teorizza la sua <<scomparsa elocutoria del poeta>> (99) e promuove una piu fluida combinazione del significante, non e troppo lontano dalle premesse epistemologiche dell'impersonalita e del romanzo sperimentale. Perche la narrativa naturalista, nella sua declinazione piu moderna (quella di Zola), non e affatto una rappresentazione a tutto tondo del reale, sostanziata da attanti pieni e solidi o da una logica discorsiva uniforme. Al contrario, la sua novita consiste proprio nella frammentarieta mimetica, nell'appiattimento dei protagonisti messi in scena, nel disordine babelico dei discorsi confluenti sulla pagina. Il personaggio, venuta meno la procedura di amplificazione tipizzante inaugurata da Balzac, si assottiglia fino a diventare una sorta di passivo recettore degli stimoli circostanti, che si imprimono sul suo punto di vista come su una <<lastra fotografica>> (84). Anche il narratore subisce una drastica parcellizzazione, con i noti effetti di impersonaIita e polifonia. La costruzione della trama non deve piu indulgere alle ragioni del romanzesco, del colpo di scena, dei finali in crescendo, ma semplicemente attenersi a un vischioso e centrifugo proces-verbal del grigiore quotidiano. E questo il nucleo piu avanguardistico del naturalismo europeo, rappresentato soprattutto dal suo capofila francese. Ma poi non mancano ambiguita e divaricazioni interne. Lo stesso Zola, per motivi di calcolo editoriale, e costretto in parte a tradire la logica del romanzo-resoconto concepito come insieme aperto di dati, e a perseguire effetti drammatici o melodrammatici. Anche da noi e una realta il melodramma verista, per quanto la formula appaia, in questo senso, una <<contraddizione in termini>> (122).

Quanto all'indebolimento dell'istanza autoriale, anch'essa nasconde oscillazioni significative. In Zola il principio guida della mimesi romanzesca e si quello, teoricamente meccanico e passivo, della <<lastra fotografica>>; ma l'autore conserva un certo margine di autonomia progettuale grazie al modello dell'esperimento medico desunto da Bernard. Agli autori veristi, viceversa, rimane estraneo il concetto di sperimentazione; ma la loro autonomia sul piano dell'inventio e ancora piu ampia che nei francesi, grazie al postulato della <<ricostruzione intellettuale>> a distanza. (Aggiungerei che a gettare le basi di questa specificita del verismo contribuiscono non poco le letture di Capuana negli anni Sessanta-Settanta, che assimila a fondo le teorie di Taine sullo statuto indiretto e superiore della rappresentazione narrativa rispetto al reale, basato sull'evidenza di un <<carattere dominante>> o di un'immagine fondamentale. Cio per dire anche che, di fronte al giudizio assai limitativo di Pellini sul Capuana narratore, quantomeno l'importanza di Capuana come mediatore ideologico puo difficilmente essere rimossa).

L'erosione delle prerogative autoriali e l'indebolimento del personaggio portano poi ad inibire uno dei meccanismi piu tipici della lettura borghese, quello dell'identificazione. Sostituendo lo straniamento alla catarsi, insomma, il naturalismo prelude davvero alle negativita dissonanti del moderno. Questo passaggio e rilevabile, nota con acume lo studioso, nello stesso itinerario di Verga, che dapprima, in una lettera a Capuana del 1874, critica Madame Bovary perche <<il romanzo non ti fa affezionare ai personaggi del dramma>>, ma che successivamente finisce proprio per adottare un'impersonalita destinata a moltiplicare i punti di vista e quindi a disinnescare qualsiasi identificazione. Pellini respinge cosi la tesi di un Verga <<senza conversione>>, dietro la quale individua la volonta di un filone critico (aperto da Debenedetti e a lungo sorretto dalla sua autorita) inteso a negare proprio le ascendenze zoliane di Verga. Al contrario, i capolavori di Verga dipenderebbero in gran parte da quelli di Zola (e di Flaubert), restringendosi cosi notevolmente i margini per individuare una via autonoma del verismo italiano.

O meglio: se ci sono elementi peculiarmente veristi, essi vanno ricondotti secondo Pellini alla parte meno moderna della poetica del romanzo, e non tanto ad altre dimensioni tematiche, come per esempio quella dell'antinomia sociologica citta/campagna. La rappresentazione degli scenari cittadini rientrava anche nel programma dei veristi; il punto e che, mentre Zola non si preoccupa di modificare i propri strumenti mimetici quando si muove fra i vari punti dello spazio sociale, in Verga e Capuana c'e l'idea che per l'ambiente borghese servano tecniche piu raffinate e profonde di quelle idonee a rappresentare gli scenari rusticani. Sarebbe questo l'equivoco che rende meno avanzato il verismo, e che andrebbe ricondotto alla persistenza, nella cultura italiana, di convenzioni retoriche di lungo corso, innanzitutto <<l'imperativo della divisione degli stili>> (130). Per quanto abbia pianificato la rappresentazione dell'intero organismo sociale, poi, Verga sembra conservarne una visione piu irrigidita e gerarchica, che in parte lo frena nella propria analisi. Non per niente il ciclo dei Vinti si presenta appunto come un ciclo orientato da una freccia sociale, mentre per i Rougon-Macquart sarebbe piu corretto parlare di una <<serie>> romanzesca senza bussole sociologiche.

Anche in Zola, comunque, manca il mito del progresso. Il suo determinismo non e fatto di cause meta fisicamente permanenti, ma di una pluralita di cause <<prossime>>, parziali e frammentate, che pongono le basi per una visione destrutturata e caotica del reale. Il mondo dei suoi romanzi, dominato da inesorabili circuiti materialistici, si rivelerebbe cosi non troppo lontano dalla radicale negativita del pensiero di Schopenahuer. Sostenuto da una scrittura trasparente ma carica di senso critico, Pellini illumina anche questa <<feconda ambiguita>> del naturalismo, in un volume che non perde mai di vista il nesso profondo fra poetica ed ideologia.

DAVIDE BELLINI

Universita di Palermo
联系我们|关于我们|网站声明
国家哲学社会科学文献中心版权所有