A lode e difesa dei recensori e della recensione *.
Cervigni, Dino S.
Recentemente si e acceso un dibattito sul valore del genere della
recensione. Cosi, ad esempio, in riviste specializzate, indirizzate
soprattutto a bibliotecari (e.g., Choice), si e discusso se la
recensione possa essere considerata un mezzo utile per vagliare la
reputazione di case editrici, se le recensioni siano sempre positive e
se vi siano differenze fra recensioni stampate o elettroniche. Nel campo dell'italianistica, nell'ultimo fascicolo di Italica, Paolo Cherchi affronta la questione del genere recensione in un intervento
intitolato: "Dobbiamo continuare a scrivere recensioni"?
(Italica 83.2 [Summer 2006]: 262-74). In questa nota lo studioso
riprende, sintetizzandolo in modo personale, il dibattito sulle
"Caratteristiche e valenze delle segnalazioni librarie"
condotto da eminenti studiosi, incluso lo stesso Cherchi, durante un
importantissimo congresso tenutosi a Napoli il 23-25 novembre del 2000
su Le riviste di italianistica nel mondo, i cui atti sono stati
pubblicati in un volume omonimo a cura di Marco Santoro (Roma: Istituti
Editoriali Internazionali, 2002). Dato che il volume non e forse
accessibile a molti lettori, ho creduto utile sintetizzare in questa
sede le posizioni espresse dai partecipanti alla tavola rotonda napoletana al fine di stabilire dei rapporti con la situazione
nordamericana (che esulava dagli scopi di quella tavola rotonda) e
chiarire quanto Paolo Cherchi scrive a proposito della gestione delle
recensioni negli Annali d'italianistica, rivista che ho fondato e
dirigo dal 1983 con il consiglio e l'appoggio di eminenti colleghi,
fra i quail lo stesso Cherchi.
Segnalazioni librarie e recensioni oggi: impossibilita assoluta e
caos totale?
La realizzazione chela condizione attuale della produzione libraria
(enorme, frantumata, caotica), del consumo (un pubblico diversissimo) e
dell'informazione dei libri (incompleta) sia impossible da gestire
e condivisa da tutti i relatori (e ovviamente anche da me). Scrive Gian
Carlo Ferretti (Universita di Roma III): "... esiste una
frantumazione, una diversificazione tale, una produzione caotica e
quantitativa cosi ridondante ... una frantumazione del pubblico ... che
persino chi usufruisce degli organi di formazione si trova in una
situazione difficile" (327). In realta, io sono pronto ad andare
anche oltre questa affermazione, riconoscendo l'impossibilita quasi assoluta, oggi, per lo studioso di mantenersi al corrente di tutto
quello che viene pubblicato nel proprio campo di ricerca, anche se non
sono disposto ad accettare le conclusioni cui giungono quasi tutti gli
studiosi della tavola rotonda napoletana. Data la condizione attuale
concernente la produzione, il consumo e anche l'informazione sui
libri, e facile capire come i loro interventi (salve poche eccezioni su
cui mi soffermero piu avanti) siano improntati ad uno scetticismo quasi
totale sul valore della recensione, come anche degli altri generi ad
essa connessi: segnalazioni e informazioni librarie, rendiconti,
ragguagli, annunci, schede, ecc. Non solo lo scetticismo dei relatori,
con poche eccezioni, e pressoche assoluto nei confronti del genere
recensione, ma nessuno di loro sembra interessato a presentare una
minima proposta pratica intesa a porte rimedio alla situazione precaria del genere recensione. Con un'unica eccezione: Marco Santoro,
organizzatore del Convegno, moderatore del dibattito e curatore degli
atti, ha proposto durante il dibattito, e ha realizzato in rete, un sito
bibliografico accessibile a tutti. Questo sito dal 2000 svolge
un'attivita di analisi, schedatura e indicizzazione di piu di cento riviste di italianistica (http://www.italinemo.it/).
Lo scopo di questa mia nota e di mettere in luce come diverse
riviste italiane e nordamericane, pur non potendo soddisfare a tutti i
bisogni professionali degli studiosi, offrono un valido contributo
scientifico alle esigenze sempre piu complesse del mondo accademico e
culturale in cui viviamo. E mia opinione che queste esigenze
professionali, nonostante la loro innegabile complessita, non dovrebbero
affatto scoraggiare ne gli studiosi ne i direttori di riviste che sono
animati da buona volonta. Al contrario essi dovrebbero sentirsi spronati
ad affrontare ancor piu seilamente il loro impegno professionale,
compreso quello di offrire una segnalazione tempestiva, competente ed
accurata non di tutto quello che si pubblica, impossibilita assoluta, ma
almeno di una selezione sostanziale e rappresentativa dei titoli i cui
argomenti interessano piu da vicino il pubblico cui le ilviste si
rivolgono. Insomma, scopo di questa nota e di scrivere a lode e difesa
delle recensioni e ancor piu dei recensori.
Toni apocalittici e posizioni iconoclastiche
E forse possibile speculare che alcuni studiosi assumano toni cosi
apocalittici e posizioni cosi iconoclastiche perche si aspetterebbero di
ricevere dal genere recensioni qualcosa al di sopra e al di fuoil delle
sue possibilita? Si legga ad esempio quello che scilve il benemerito e
compianto Marziano Guglielminetti (Universita di Torino), il quale non
solo lamenta la carenza dell'aggiornamento "sui grandi temi
della cultura italiana letteraria" (319)--e qui siamo tutti
d'accordo--dichiarando morta "la critica militante di antica
estrazione", ma auspica una critica che sia in grado di restituire
il senso della vitae dell'essere: "primaria e l'esigenza
di una critica che in qualche modo mi restituisca il senso del tempo in
cui vivo e da cui dipendono tutte le mie scelte fondamentali"
(320). Ma possiamo proprio prendercela con il genere recensione se esso
non e in grado di raggiungere questo scopo? Per quanto poi concerne la
critica militante, soprattutto di certi tipi, non potrebbe essa invece
essere responsabile della condizione attuale delle lettere in Italia,
cosi come la politica militante, assieme a tutte le altre militanze,
potrebbe essere responsabile della condizione politica attuale del
mondo?
Senza toccare la crisi esistenziale che sembra trapelare dalle
parole citate qui sopra, la maggioranza dei relatori o mostra pressoche
totale scetticismo sulla funzione della recensione o la dichiara del
tutto inutile. Gian Carlo Ferretti (Universita di Roma III) ritiene
chela "recensione come tale si e usurata nel tempo" (326).
Gianvito Resta (Universita di Messina), dopo essersi chiesto quale sia
l'utente della recensione e dell'informazione di carattere
generale, afferma che quanto si fa oggi e "un'informazione
interessata, generica e talvolta fuorviante", dichiarando in modo
perentorio che il "tradizionale lavoro del recensore oggi non viene
piu esercitato e pertanto e venuta a mancare la funzione peculiare della
recensione, risultando, pero, di nessun giovamento al lavoro dello
studioso" (322). Ma e pur vero che lo studioso in altri momenti del
suo intervento sembra contraddire in parte (se non del tutto) quanto ho
citato sopra, ad esempio la dove apprezza il lavoro di alcuni quotidiani
e riviste, di cui egli parla in modo positivo: l'inserto
settimanale Alias del Manifesto, Effe della Feltrinelli, La rivista dei
libri, L'indice di Torino, Allegoria, Belfagor, Esperienze
letterarie e il Giornale storico della letteratura italiana.
Pur ilmanendo perplesso sull'effettivita del genere recensione
e dichiarandone la fine nel contesto attuale, Marco Santagata
(Universita di Pisa) ne enuncia tuttavia le caratteristiche
fondamentali, che anch'io condivido pienamente: la recensione
dovrebbe informare, esprimere una valutazione scientifica, fornire nuovi
elementi fattuali o nuove interpretazioni; afferma poi chela recensione
tradizionale non e piu in grado di esaudire questi bisogni (e su questo
punto avro qualcosa da ridire) e che i possibili rimedi esulano in gran
parte dalle mani delle redazioni (che a me sembra un vero tentativo di
autogiustificare la direzione presa nella rivista che egli dirige,
Rivista di letteratura italiana, di cessare la pubblicazione delle
recensioni). Fra le cause della sconfitta della recensione classica egli
indica l'enorme quantita dei libri, lo iato temporale fra
l'uscita del libro e della recensione, il ritardo nella
pubblicazione delle riviste (attribuibile a chi?) e la necessita, quando
occorre fare delle scelte, di privilegiare i libri degli studiosi
vicini, creando cosi dei circuiti chiusi. Ma poi Santagata sembra
ricredersi, almeno in parte, la dove propone un'accettabilissima
definizione della recensione scientifica, il cui compito, "oggi,
dovrebbe essere quello di selezionare, di valorizzare i contributi
scientifici veri": "come un momento secondo, piu calmo,
pacato, che puo intervenire dopo i pilmi commenti ..." (325). Piu
sotto, dopo aver affermato di non credere piu "al futuro delle
recensioni", annuncia un'altra fede: "al futuro
dell'informazione bibliografica che puo essere enormemente
potenziata" dall'internet (330), auspicando l'intervento
delle universita in questo ruolo.
Durante tutto il dibattito (e anche nella nora di Paolo Cherchi)
ricorre spesso la questione della funzione dei quotidiani sia per le
segnalazioni bibliografiche che per un dibattito sulla cultura tramite
recensioni brevi e lunghe. Non sono pochi i quotidiani che vengono
menzionati, da La repubblica a Il corriere della sera, Il manifesto e al
Sole 24 ore, che ora, vorrei aggiungere, sono accessibili anche online,
anche se in versione ridotta per i non abbonati. (Faccio notare che
alcuni quotidiani, ad esempio Il messaggero di Roma, e leggibile online
nella sua interezza.) A questo riguardo Santagata ammette che Sole 24
ore "con il suo supplemento e quello che forse fa pit)
'cultura' di tutti", ma subito dopo fa notare che esso
"5 anche il quotidiano che fa piu politica culturale" (323),
come anche, ovviamente, politica commerciale e finanziaria. Nel contempo
sembra pero strano e anche preoccupante chela maggioranza dei
relatori--con poche eccezioni: Ferretti a pag. 327 e Ceserani a pag.
331--non si rendano conto che quando la gestione e diffusione della
produzione accademica va in mano a persone che si preoccupano
soprattutto del mondo del denaro, della finanza e della politica, non
sara la correttezza accademica ad avere il sopravvento (se siamo ancora
disposti a credervi) bensi lo strapotere del denaro e
dell'ideologia. Attinente alia questione della funzione dei
quotidiani e anche quella dei mensili e dei settimanali, spesso, se non
sempre, controllati da grandi corporazioni il cui interesse e quello di
divulgare la propria produzione libraria e non quella degli altri
editori e men che meno quella strettamente accademica, come la nostra.
Gli atti del convegno contengono anche un breve intervento di Paolo
Cherchi, che non faceva parte della tavola rotonda ma era presente nel
pubblico: "Mi dispiace sentire che si e parlato solo di
informazione e non di divertimento", Cherchi incomincia nel suo
intervento, affermando subito dopo che "in rondo le recensioni
danno l'invidia maligna a vedere recensito male un collega, e un
grande piacere. Se ci rinunciamo, diventiamo tutti santi ..."
(332). Sappiamo tutti noi che quel groviglio di sentimenti che va sotto
il termine di Schadenfreude costituisce un aspetto profondo e oscuro
della psiche umana, un aspetto tuttavia che ogni recensore dovrebbe
cercare di controllare. Ad onore del vero, Paolo Cherchi, sei anni dopo
quell'affermazione, sembra ricredersi, anche se parzialmente,
riconoscendo a volte certi "peccati" nelle sue (numerosissime)
recensioni; cosi infatti scrive in conclusione al suo intervento su
Italica: "E come tanti altri anch'io vorrei non aver fatto
alcune recensioni perche contengono peccati di incomprensione, di
severita eccessiva e anche di parzialita, tendendo ad eccedere in
generositY, peccato veramente grave quando applaude la mediocrita"
(274).
Ecco, tutti noi pecchiamo di incomprensione, eccessiva severita e
parzialita, il che vuol dire che non siamo recensori perfetti appunto
perche siamo esseri fallibili e spesso non riusciamo a liberarci dei
nostri preconcetti. Ma questa presa di coscienza della realta delle cose
vuol proprio dire che dobbiamo smettere di fare recensioni? E se non ci
e sempre possibile essere equanimi, perche rammaricarsi di eccedere in
generosita quando il suo opposto sarebbe ben peggiore? A chi infatti mi
fa notare che una recensione e stata scritta da un amico
dell'autore, ribatto immediatamente: Ma per qual motivo la dovrebbe
scrivere un nemico? Da quando in qua il nemico sarebbe piu equanime di
un amico? E perche poi dubitare del carattere professionale dei nostri
colleghi, dividendo l'umanita in due campi opposti, alla
Machiavelli, in amici e nemici?
In realta, a parte quello che Paolo Cherchi scrive a proposito
della prassi delle recensioni sugli Annali, mi trovo in sostanziale
accordo con lui sui punti fondamentali che egli svolge, sui quali
cerchero di riflettere anch'io e che elenchero brevemente di
seguito. Per quanto concerne il genere della recensione, egli scrive
come sia un genere minore e poco stimato--ingiustamente, io
aggiunngerei, sottolineando che e un genere letterario con
caratteristiche proprie e con possibilita uniche di offrire un
contributo specifico alla critica e alla conoscenza del mondo della
cultura letteraria. Egli nota anche come questo genere si sia
trasformato attraverso i secoli e continui a trasformarsi anche ai
nostri giorni (e anche qui non parlerei di "decadenza", come
egli fa, bensi d'una evoluzione vera e propria, in parte causata
dalla sterminata produzione libraria e dalla presenza assolutamente
dominante dei mezzi di comunicazione di massa, inclusa la rete
telematica).
Per quanto concerne l'assenza del settore recensioni in non
poche riviste accademiche, sia che esse siano nate escludendo di
proposito le recensioni o che abbiano cessato di pubblicarle in seguito,
Cherchi nota come questa decisione e stata causata dalla difficolta di
gestire le recensioni o da motivi economici (ma io parlerei anche
dell'incomprensione della natura e della funzione della
recensione). Per quanto concerne poi l'aspetto strettamente
redazionale, Cherchi aggiunge come il settore delle recensioni sia in
realta, se non quello che "crei il maggior numero dei
problemi" ai direttori di riviste (262), indubbiamente uno dei piu
difficoltosi da gestire; e anche qui sono d'accordo, poiche la
gestione di un numero notevole di recensioni richiederebbe, soltanto dal
punto di vista redazionale, una vera e propria equipe di redattori.
Cherchi lamenta anche il fatto che siano soprattutto i giovani a
scrivere recensioni, alludendo cosi a una loro certa mancanza di
preparazione. E ovvio chela competenza sia fondamentale per scrivere
recensioni, ma non sarei disposto ad equiparare giovinezza con
incompetenza. A proposito poi della lamentata assenza di studiosi
affermati nel genere recensioni, forse le statistiche lo smentirebbero.
Lui stesso ne ha scritte indubbiamente un centinaio, se non di piu; il
compianto Luigi Monga ne ha scritte piu di una novantina (Annali
d'italianistica 22 [2004]: 404-08); Gustavo Costa (Emeritus,
University of Berkeley) mi confessava una ventina d'anni fa di
averne scritte (gia allora) cinquecento; il carissimo Mario Marti ne ha
scritte anche lui a centinaia.
Fra le tante cose di cui sono grato all'amico Cherchi
elencherei anche la breve panoramica che egli ci offre della
"recensione moderna" (265-66), di cui egli pone gli inizi nel
mondo barocco (lo stesso Marco Santoro aveva accennato a Christoph
August Heumann, che secoli fa aveva scritto De notitia librorum) e che
si e poi sviluppata nei secoli seguenti per stabilizzarsi nella seconda
meta dell'Ottocento. Ma e proprio con la stabilizzazione della
prassi della recensione--Cherchi continua--che dalla cosi detta eta
dell'oro della recensione si e giunti alla condizione attuale,
sulla quale egli sembra avere sentimenti ed opinioni ambivalenti e in
cui egli crede scorgere cio che chiama la democratizzazione del genere
recensione.
E proprio nella "democratizzazione" della prassi della
recensione e della sua apertura ad un numero sempre piu elevato di
recensori, identificato con i giovani--e qui Cherchi punta il dito sugli
Annali d'italianistica--che egli sembra vedere "un passo
decisivo verso la fine del genere recensione o almeno verso un mutamento
radicale dello stesso" (269). E qui devo confessare di non saper
proprio come reagire come fondatore e direttore degli Annali: se
congratularmi (scioccamente) con me stesso e con i recensori della
rivista per avere influenzato cosi radicalmente un genere plurisecolare,
oppure chiedermi (prudentemente) come sia stato possibile agli Annali
effettuare questa svolta epocale nell'universo delle lettere,
oppure interrogarmi (seriamente ed onestamente) se questa direzione
"verso un mutamento radicale" del genere sia veramente cosi
negativa, al fine di correre immediatamente ai ripari.
In realta attribuire agli Annali d'italianistica la capacita
di poter segnare "un passo decisivo verso la fine del genere della
recensione" e dare agli Annali--sono dispostissimo a
riconoscerlo--un'importanza che non ha mai avuto nel passato, non
ha nel presente e non potra mai avere nel futuro dell'universo
dell'italianistica e delle recensioni. (A scanso di equivoci--e
questo e chiaro dal saggio di Cherchi, ma preferisco che diventi
chiarissimo--, la rivista cui Cherchi si riferisce menzionando una
recensione negativa di uno dei suoi numerosissimi volumi non sono gli
Annali d'italianistica; non perche non mi arrivino in redazione
recensioni negative--nel cui caso credo che sia mio dovere iniziare un
dialogo diretto con il recensore--ma anche perche darei altrettanto
spazio all'autore del libro recensito.) Insomma, se e vero, come
reputo lo sia, che gli Annali d'italianistica non abbiano segnato
ne "la fine del genere della recensione" ne "un mutamento
radicale dello stesso", come e possibile che ne il direttore di
Italica ne il peer reviewer (273) non si siano accorti di questo incauto
giudizio? Di qui e facile capire la responsabilita del direttore di ogni
rivista e di tutte le altre persone che sono coinvolte nella gestione
delle recensioni.
E pur vero che Paolo Cherchi si accorge subito dopo che
l'affermazione potrebbe essere letta come una stroncatura e si
premura quindi di manifestare verso di me, fondatore e direttore della
rivista, quell'amicizia e quella stima che mi hanno incoraggiato a
svolgere per tanti anni un lavoro cosi arduo: "Per il momento
l'ascendente personale del direttore ha potuto e saputo assicurarsi
la collaborazione di recensori la cui esperienza offre una qualche
garanzia di impegno ..." (269). E infatti, come e verificabile
dalle recensioni apparse sui 24 volumi degli Annali, accessibili dal
1998 in poi anche elettronicamente, fra i recensori con "una
qualche garanzia di impegno" vi stato spesso lo stesso Paolo
Cherchi, recensore e recensito sugli Annali, come anche diversi suoi
discepoli: cio che mi ha onorato e mi onora.
E qui e necessario non solo fare il punto sulla gestione delle
recensioni in atto nella redazione degli Annali d'italianistica,
che, come si vedra, non differisce sostanzialmente da quella seguita da
altre riviste, ma mettere anche in luce come la rivista sia stata
concepita fin dall'inizio con lo scopo di portare a conoscenza dei
lettori il meglio degli studi sull'argomento trattato da ogni
volume monografico. E infatti, spulciando l'indice del primo volume
(1983) dedicato al Boiardo e al Pulci, s'incontrano due
bibliografie ragionate: quella di Edoardo A. Lebano,
"Cent'anni di bibliografia pulciana" (55-79), e poi
quella di Mauda Bregoli-Russo, "Rassegna della critica boiardesca:
1972-83" (159-73): tutti e due accuratissimi e utilissimi saggi
bibliografici e critici che vanno ben oltre la recensione e la scheda
bibliografica. Sul secondo fascicolo degli Annali appare la prima
recensione, firmata da Charles S. Ross, ed e seguita da aggiunte
bibliografiche pulciane proposte da Lebano (131-35). E con il terzo
fascicolo degli Annali che la rivista affronta piu decisamente la
funzione di segnalare, informare e valutare pubblicazioni scientifiche,
con un aggiornamento bibliografico su Guicciardini curato da Vittorio De
Caprio, ora all'Universita della Tuscia (159-71), e con nove
recensioni (172-91). L'aggiornamento bibliografico curato da De
Caprio e dai suoi collaboratori continuera per diversi altri fascicoli,
fornendo un'ampia bibliografia sul Manzoni nel 1986, sul
D'Annunzio nel 1987, su cinema e letteratura nel 1988 e poi ancora
sul D'Annunzio nel 1989. Nel frattempo, da una ventina di pagine
dedicate alle recensioni nel terzo fascicolo si passa a 37 pagine nel
quarto, a 70 pagine nel quinto (dove la sezione prende per la prima
volta il nome di Bookshelf, dietro suggerimento di Fredi Chiappelli) e a
81 pagine nel sesto. Dal settimo fascicolo, pubblicato nel 1989, fino al
fascicolo sedicesimo del 1998 gli Annali pubblicano in ogni volume dalle
80 alle 100 pagine dedicate alle recensioni. E nel volume del 1994 che
per la prima volta incominciano ad apparire schede bibliografiche (Brief
Notices), seguendo l'esempio di riviste italiane e americane (e.g.,
Speculum), per segnalare brevemente il contenuto di libri arrivati in
redazione e non recensiti. Curatore delle schede per il 1994 e per il
1995 e Massimo Maggiari (College of Charleston), che per due anni
collabora attivamente anche a Bookshelf.
Nel 1996 il compianto Luigi Monga, carissimo amico e fidatissimo
collaboratore, cura sia il volume monografico, pietra miliare nel campo
dell'odeporica, come anche le numerosissime recensioni, tutte
dedicate alla letteratura del viaggio. Dal volume quindicesimo (1997) al
presente sara la Dottoressa Anne Tordi--esperta di filologia romanza e
curatrice di due edizioni critiche--ad incaricarsi delle schede
bibliografiche e a collaborare con me nella preparazione della rivista e
della sezione recensioni. Dal volume del 1998 in poi Bookshelf ha sempre
occupato piu di 100 pagine di ogni fascicolo, raggiungendo a volte 120
pagine in corpo piccolo, come e stato il caso nel volume del 2006, con
circa 70 recensioni e 14 schede. (Nel frattempo la serie Studi e testi,
che fondai assieme a Luigi Monga nel 1987, e arrivata all'ottavo
volume, con il nono in preparazione.)
Attorno al 1998 mi resi conto che, nonostante la collaborazione
della Dottoressa Tordi, di eminenti guest editors (John Welle nel 1988;
Rebecca West nel 1989; Albert N. Mancini nel 1992; Franco Fido nel 1993;
Luigi Monga nel 1996; Gaetana Marrone nel 1999; di nuovo Luigi Monga nel
2003; e Norma Bouchard nel 2006) e di valenti colleghi, non sarei piu
stato in grado di continuare il mio lavoro come editor di rivista e di
una serie di volumi monografici, in aggiunta ai miei doveri di docente e
ricercatore, se non avessi semplificato alcuni aspetti del mio lavoro
editoriale, pur senza comprometterne le esigenze professionali. La
gestione delle recensioni--e qui sono perfettamente d'accordo con
Cherchi--e un lavoro oneroso; gestire poi 50-70 recensioni l'anno e
un'opera erculea, poiche implica scegliere da un elenco di circa un
centinaio di studiosi (che conservo ancora sul computer) la persona adatta per ogni volume, spedire ai colleghi l'invito alla
recensione, aspettare mesi per ricevere a volte una risposta negativa
per poi dovere iniziare da capo tutta la trafila.
Non volendo cessare la sezione recensioni che era stata segufta con
interesse ed entusiasmo dai lettori, decisi allora di far circolare
elettronicamente l'elenco dei libri ricevuti. Fu questa una scelta
riflettuta e ponderata che non eliminava affatto l'onere della
scelta dei recensori da parte del direttore, come indichero sotto. Al
presente e mia prassi, circa quattro volte l'anno, inviare
contemporaneamente a tre liste elettroniche l'elenco dei libri
ricevuti: quella curata da George Ferzoco (italian-studies: scholarly
discussions in any field of Italian studies:
italian-studies@jiscmail.ac.uk), quella dell'AAIS e dell'AATI.
Queste tre liste elettroniche raggiungono docenti di colleges e
universita in tutto il mondo: cioe un gruppo vastissimo di studiosi che
va ben oltre la cerchia ampia, ma sempre limitata, degli studiosi che
operano nel Nord America.
In primo luogo e chiaro che questa mia decisione di elencare online
i libri ricevuti non e affatto democratica nel senso negativo del
termine (come se il libro potesse essere scelto da non importa chi) dato
che le tre liste elettroniche si rivolgono esclusivamente ad
italianisti, cioe appunto a quei colleghi fra i quali dovrei scegliere
la persona piu adatta e meglio preparata per recensire un dato volume.
In secondo luogo, allargando la cerchia dei possibili recensori,
questo sistema rompe quel circuito chiuso di interessi, amicizie e
inimicizie cui alcuni relatori della tavola rotonda napoletana hanno
fatto riferimento. In questo modo infatti la rivista e in grado di
pubblicare recensioni di studiosi giovani e di colleghi affermati che
provengono dall'America del Nord, da diverse nazioni europee,
America del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Il beneficio che i lettori
degli Annali ne ricavano e immenso poiche i nuovi arrivati, chiamiamoli
cosi, indubbiamente conferiscono alla rivista un'apertura
internazionale impensabile precedentemente.
In terzo luogo, dato che per ogni libro elencato ricevo piu di una
richiesta (in media dalle due alle quattro, ma non poche volte anche di
piu), non posso mai esimermi dal dovere, come direttore, di scegliere la
persona piu competente fra i possibili recensori.
In breve, la prassi in atto nella redazione degli Annali
d'italianistica fa si che si possano evitare piu facilmente, anche
se mai eliminare del tutto, i pericoli maggiori inerenti alla gestione
delle recensioni: il circolo chiuso di un gruppo ristretto di recensori
che conoscono gli autori personalmente e che sono legati da interessi
tali che gli impediscono un giudizio equanime. La prassi permette anche
di ridurre notevolmente lo iato, cui fanno spesso riferimento i
partecipanti alia tavola rotonda, fra la pubblicazione e la segnalazione
dei volumi, dato che gli Annali pubblicano nel fascicolo dello stesso
anno tutte le recensioni che arrivano in redazione entro giugno.
La prassi messa in atto nella redazione degli Annali non solo non
ha abbassato la qualith delle recensioni mane ha migliorato il
contenuto, lo stile, la professionalito. Per potere pubblicare un numero
maggiore di recensioni e offrire cosi ai lettori una panoramica piu
ampia della critica contemporanea corrente, la rivista ha diminuito il
numero delle parole concesse normalmente ad ogni recensore, non piu di
mille (a parte le recensioni-saggio)--Speculum e Renaissance Quarterly
ne permettono solo 900--costringendo cosi i recensori a concentrare la
loro analisi e ad affinare lo stile. Per quanto concerne poi
l'attenzione che la redazione presta ad ogni recensione, va tenuto a mente che io stesso e la mia collaboratrice, la Dottoressa Tordi,
leggiamo ogni recensione, sui cui apportiamo a volte minime, a volte
notevoli correzioni, e che i recensori ricevono le bozze, per un secondo
controllo, prima che il volume vada in stampa.
Due brevi postille a conclusione di questa sezione. Alcuni degli
studiosi citati sopra alludono allo iato fra la pubblicazione del libro
e la recensione dello stesso: iato, ovviamente, del tutto incolmabile
per la natura stessa delle cose; ma una questione completamente diversa
e quella del ritardo nella pubblicazione della rivista, secondo me quasi
sempre, se non sempre, attribuibile alla redazione. E dovere della
redazione infatti anticipare i tempi di produzione e del lavoro
redazionale, compreso quello dell'accettazione e preparazione dei
manoscritti, e fare in modo che ogni fascicolo esca entro i tempi
stabiliti.
La seconda postilla concerne i libri che vengono recensiti. Sono
del tutto passati i tempi in cui le case editrici si vedevano
obbligate--per la diffusione del libro, per genuino interesse
professionale e infine anche per motivi economici--ad inviare le proprie
pubblicazioni, magari anche in doppia copia, alia redazione delle
maggiori fiviste accademiche. Oggi le case editrici che pubblicano libri
accademici hanno gia coperto i costi di produzione tramite i sussidi per
la pubblicazione, ormai prassi pressoche universale, e quindi non vedono
la necessite di incorrere in ulteriori spese di spedizione (ricordiamoci
che i costi di spedizione e distribuzione costituiscono circa un terzo
dei costi totali della produzione libraria). Ne e mai stata in vigore in
nessuna redazione di rivista accademica, per quanto mi consta, la prassi
di acquistare libri accademici, cosa del tutto impossibile
economicamente dato chela tipica rivista accademica deve continuamente
lesinare costi e spese per rimanere a galla. I libri allora arrivano in
redazione perche l'autore stesso ha presentato una lista di riviste
alia casa editrice, o perche la casa editrice riconosce i vantaggi
economici nell'inviare regolarmente le proprie pubblicazioni a
determinate riviste o infine perche il direttore di rivista
(anch'io lo faccio non infrequentemente) sollecita libri che
ritiene utili per il pubblico delle rivista che dirige.
E ovvio quindi che i libri recensiti sulle riviste (e qui mi
riferisco alle riviste d'italianistica pubblicate nell'America
del Nord) non costituiscono ne possono costituire una valutazione
sistematica di tutta la produzione critica nel nostro campo. Ma pur
trattandosi di una situazione non ideale e senza invocare i possibili
benefici della random theory nel contesto accademico, ritengo che i
volumi recensiti sulle maggiori riviste americane, anche perche nella
maggioranza dei casi non si eccede nel recensire gli stessi libri,
offrono una campionatura piuttosto vasta, sostanziale ed assai utile
agli studiosi che desiderano ottenere una panoramica essenziale della
letteratura critica. Ma su questo ritornero piu sotto.
Mail genere recensione e veramente morto?
La domanda e opportuna, poiche anche negli interventi piu negativi
menzionati sopra i relatori mostrano di avere ancora in mente una valida
concezione del genere recensione.
Gianvito Resta, ad esempio, auspica chela recensione/informazione
debba essere tempestiva, appropriata ed esauriente (321). Marco
Santagata riconosce chela recensione dovrebbe informare, esprimere una
valutazione scientifica, fornire nuovi elementi fattuali o nuove
interpretazioni. Paolo Cherchi, in conclusione al suo intervento su
Italica, dopo essersi posto domande alle quali non sembra dare nessuna
risposta--ancora utile scrivere recensioni? chile legge?--, ammette
infine che "probabilmente" continuera ancora a scrivere
recensioni, perche "la loro assenza impoverisce quel poco di
dialogo che le recensioni riescono a stimolare" e "tutto
sommato nel nostro 'club' degli italianisti la recensione
svolge ancora una funzione utile non perche ci segnali i libri da
leggere con profitto, ma perche almeno ci informa sui libri che si
pubblicano ..." (273-74).
In realta durante il convegno napoletano vi furono anche alcune
voci molto positive. Emilio Pasquini (Universita di Bologna) si oppone
nettamente alle tendenze iconoclastiche dei relatori. A coloro che
diventano irrequieti a motivo dello iato fra la pubblicazione di un
libro e la recensione, Pasquini fa notare che non puo che esserci
"un tempo dell'informazione e un tempo della recensione"
e si oppone direttamente alle affermazioni iconoclastiche della
maggioranza dei relatori: "Quello che invece non condivido e questa
specie di pietra tombale"--dice Pasquini rivolgendosi direttamente
a Santagata--"che tu mettevi alla fine sul nostro lavoro"
(332), affermando implicitamente che Pasquini non solo faceva e fa
ancora recensioni ma che crede ancora in esse, indubbiamente pensando
anche alla benemerita rivista Studi e problemi di critica testuale la
cui direzione egli ha ereditato dal suo fondatore, Raffaele Spongano,
deceduto non molto tempo fa all'eta di cento anni dopo essere stato
per molti anni il decano di tutti gli italianisti del mondo.
Un caso a parte potrebbe essere quello de La rivista dei libri, ne
rivista accademica ne ovviamente quotidiano, anche se venduta come
fascicolo o inserto de La repub-blica. Per Ferretti, essa "sembra
rivolgersi a un lettore abituale aggiornato, colto, moderno e un
po' snob" (318); per Remo Ceserani (Universita di Bologna)
essa "e nata controcorrente ..."; "in un momento di
sciopero dei grandi quotidiani di New York, pochi intellettuali hanno
deciso di mettersi insieme e di scrivere recensioni piu lunghe
possibili, per andare contro l'idea che le recensioni devono essere
brevi ..." (331). Ma nelle parole sia di Ferretti che di Ceserani
mi sembra scorgere una certa esitazione nei confronti di questa rivista,
non so se motivata dall'impossibilita di valutarla a motivo della
novita dell'impostazione o da altri motivi piu personali su cui mi
e impossibile indagare. Per quanto mi concerne, sono disposto ad
annunciare il mio giudizio positivo nei confronti de La rivista dei
libri: essa svolge una funzione importante, valida ed efficace, una
delle tante funzioni essenziali da svolgere nel mondo complesso della
segnalazione e valutazione dei libri e delle idee, ma in genere non
svolge (ne questo il suo compito) la funzione di segnalare e valutare la
letteratura accademica e critica che interessa maggiormente la
maggioranza dei lettori di Italica.
Ma e proprio Marco Santoro a,proporre una posizione pill equanime
nei confronti della possibilita della recensione. E ovvio, egli nota,
chela conditio sine qua non per la recensione sia "la competenza
sull'argomento" (327) e che debba esservi anche una certa
tempestivita nella pubblicazione delle recensioni. Nel suo intervento
introduttivo al dibattito, infatti, egli propone una serie di domande,
alle quali non risponde, facendo tuttavia intuire la sua posizione; e
cioe: 1) "ha ancora senso oggi pubblicare recensioni sulle
riviste"?; 2) la recensione dovrebbe avere "una valenza
prevalentemente e prioritariamente informativa" o solamente
"il compito di valutare e di orientare"?; 3) "la
recensione ... puo o deve essere strutturata secondo un percorso
prefissato? esempio: a) rapide informazioni sull'autore; b)
stringata sintesi sullo stato degli studi relativi all'argomento;
c) accurata descrizione del volume ...; d) sintesi dei pregi e degli
eventuali difetti; e) indicazione dei possibili sviluppi della ricerca;
f) se si tratta di una traduzione, confronto con l'originale"
(316).
E chi mai, fra i lettori di riviste accademiche, avrebbe qualcosa
da ridire nei confronti delle recensioni se queste posseggono, se non
tutti, almeno la maggioranza dei criteri elencati da Santoro e
riconosciuti anche dagli altri membri delia tavola rotonda?
A questo punto non mi resta che speculare (e sottolineo la parola)
sui motivi che hanno indotto cosi tanti e cosi eminenti studiosi a
dichiarare la fine del genere recensione e che vorrei raggruppare
attorno a un certo vago ma diffuso senso di frustrazione causata dalla
presente situazione caotica e a una velata nostalgia dell'eta
dell'oro dello stesso genere. In quel periodo (se e mai esistito) i
cosi detti grandi maestri erano in grado di leggere tutto quello che si
pubblicava sul loro campo di ricerca--forse una cinquantina di titoli
l'anno--ma anche, vorrei aggiungere, potevano con il loro prestigio
stroncare qualsiasi tentativo di deviare dalla strada maestra segnata
dagli stessi. Forse la proliferazione delle riviste accademiche in
Italia, che non sembra attenuarsi nemmeno oggi nonostante i costi
altissimi della maggioranza di esse--l'abbonamento annuale a non
poche riviste accademiche italiane supera i seicento dollari--, si deve
in parte al tentativo da parte di scuole e gruppi accademici, a volte di
individui, di far sentire la propria voce al di sopra e/o contro le
opposizioni di parti accademiche contrarie.
Contrariamente a quanto succedeva nel passato, oggi non solo e
diventato pressoche impossibile tener dietro agli sviluppi nel proprio
campo di ricerca nel contesto delle discipline tradizionali, ma si e
anche verificata una proliferazione delle discipline stesse. Oggi
l'italianistica, soprattutto nell'America del Nord, include
anche discipline per le quali non abbiamo ancora trovato in italiano
termini soddisfacenti: cultural studies, gender studies, film studies,
subaltern/migration/postcolonial studies, cosi come tante altre
categorie trattate in moltissimi volumi e articoli pubblicati nel Nuovo
ma anche nel Vecchio Mondo, come si pub verificare, ad esempio, dal
Dizionario degli studi culturali curato da Michele Cometa nel 2004
(Roma: Meltemi) o dal volume XXIV degli Annali, curato da Norma Bouchard
e dedicato al tema Negotiating Italian Identities.
Insomma, l'eta dell'oro dei grandi maestri, arbitri
assoluti di scuole e di tendenze critiche, nonche del destino accademico
e umano di individui, fu anche--e forse lo ancora in parte in
Italia--l'era dei grandi baroni, con non molte eccezioni, come lo
dimostra il caso dello stimatissimo Mario Marti, di cui parlero piu
sotto.
Ma la baronia all'italiana non si e verificata
nell'italianistica del mondo accademico nordamericano, o almeno non
allo stesso livello, a lode e gloria di tutti quelli che vi hanno
esercitato la professione, soprattutto di coloro, come Paolo Cherchi,
Albert N. Mancini e tanti altri, che sono in lizza da molti anni. Negli
ultimi tre decenni mi sovviene un solo caso, quello di una rivista che
avrebbe quasi sicuramente preso la strada della baronia
all'italiana (ma chi conosce i possibilia?) se una precoce fine non
l'avesse stroncata vicinissima alla sua nascita.
Dato che sopra ho accennato ad eccessi accademici di alcuni grandi
maestri, vorrei ora menzionare un meraviglioso esempio: quello di un
grande maestro che e rimasto in lizza, e ancora lo e, da quasi
settant'anni, un maestro che ha eccelso in tutti i generi critici
praticati dagli studiosi delle lettere (dal volume critico al saggio
letterario e al commento di autori), ma che ha praticato, e pratica da
cosi tanti anni, il genere della recensione: Mario Marti. Come scrivo
sugli Annali ([2006]: 364-66) nel recensire il suo ultimo volume del
2005, fra i 1064 scritti elencati nella bibliografia (compresa in quel
suo ultimo libro) un numero notevole di essi e proprio costituito dalle
recensioni o da quella specie ancor pit) nobile di questo genere, le
recensioni-saggio, che egli pubblica ancor oggi sul Giornale storico
della letteratura italiana. Rari, e quindi ancor pig ammirevoli ed
encomiabili, sono dunque i casi di un grande maestro come Marti, il
quale all'eta di 93 anni continua ad offrire recensioni ampie,
puntuali ed anche critiche ad altrettanto grandi maestri con una
dignita, cortesia e affabilita difficilmente imitabili.
A difesa e a lode dei recensori e delle recensioni
Lo scetticismo che pervade quasi tutti gli interventi presi in
esame sopra e comprensibile. Non e affatto il mio intento di
sottovalutare le difficolta, da un lato, degli studiosi nel tentativo di
restare al corrente della pubblicazione critica nel campo di ricerca e,
dall'altro, di ogni direttore di rivista nel gestire la sezione
dedicata alle recensioni e soddisfare alle esigenze dei lettori. In
realta, anche se quasi tutti gli studiosi menzionati sopra, con notevoli
eccezioni, assumono toni critici nei confronti del genere recensioni,
sono loro stessi ad indicare la presenza di diverse riviste letterarie e
di quotidiani che svolgono una funzione di segnalazione, informazione e
valutazione: le tre caratteristiche fondamentali del genere recensione.
Per quanto concerne il mondo dell'italianistica in generale,
se da un lato e vero che non vi sia--in realta non vi e mai stato ne
potra mai esservi--un unico sistema di informazione e valutazione, la
pubblicazione di non poche riviste in cui la segnalazione libraria e la
recensione sono ancora in auge dimostra al di la di ogni dubbio che la
fine del genere recensione non e ancora arrivata. E innegabile infatti
che in Italia riviste venerande come quelle citate dai relatori del
dibattito napoletano--il Giornale stori--co della letteratura italiana,
Rassegna della letteratura italiana, Esperienze letterarie, ma anche
tante e tante altre, incluse quelle molto specializzate dirette da Marco
Santoro e cosi anche i mensili, settimanali e bollettini bibliografici
menzionati nel dibattito--svolgano una funzione utilissima, che tutti
gli studiosi riconoscono ed apprezzano. Allo stesso tempo tutti noi
siamo perfettamente consci che nessuna di esse potra mai darci un
panorama completo del complessissimo e trabordante mondo delle lettere e
della cultura contemporanea, mentre pero quelle riviste, se seguite
regolarmente, nell'insieme si rivelano importantissimi strumenti di
riflessione, aggiornamento e ricerca.
Per tutti quelli fra noi che operano nell'America del Nord la
situazione diventa ancor piu complessa a causa della distanza che ci
separa dall'Italia e quindi dai centri della cultura alla base
delle nostre ricerche, anche se recentemente molti quotidiani,
settimanali e mensili sono accessibili tramite l'internet. A me
sembra che questo senso di frustrazione debba trasformarci in
ricercatori ancor pit) cauti, agguerriti ed esigenti, capaci di
utilizzare sempre pit) efficacemente i mezzi tradizionali delle
segnalazioni librarie e recensioni a nostra disposizione, nonche i mezzi
elettronici che si stanno moltiplicando ogni giorno. Per quanto concerne
una panoramica sostanziale e valida ne! campo dell'italianistica, i
lettori delle maggiori riviste d'italianistica nell'America
del Nord hanno constatato o possono constatare che le sezioni recensioni
presenti in queste riviste sono utilissime. Spulciando i volumi di
alcune di queste riviste per quanto concerne il 2004 si puo notare che
Forum ltalicum ha pubblicato 40 recensioni, Italica 43, Italian Culture
17, Italian Quarterly 33 (troppo spesso scritte dalle stesse persone),
Quaderni d'italianistica 17 e Annali d'italianistica 73, in
aggiunta a sedici schede.
Sappiamo anche che le nostre biblioteche erogano ogni anno cifre
sempre piu alte (ahime! a scapito dei libri) per rendere accessibili
agli utenti (e i giovani battono spesso, se non sempre, gli anziani in
questo tipo di ricerca) una miriade di banche dati con possibilitat
d'informazione e consultazione pressoche infinite. E anche vero che
assimilate, sintetizzare ed utilizzare in modo appropriato ed
intelligente, da veri intellettuali, questa infinita di risorse diventa
sempre piu difficoltoso. Occorre allora convincersi, oggi piu che mai,
che mantenersi al corrente nel nostro campo di ricerca, nel contesto
della cultura italiana e dello sviluppo della teoria afferente i nostri
interessi, un dovere, si, che incombe su ognuno di noi ogni giorno della
nostra vita professionale, un dovere tuttavia che non possiamo adempiere
da soli.
Appunto perche il materiale librario di informazione e valutazione
e immenso, e ovvio che sta ad ognuno di noi fare ponderate cernite
professionali e stabilire priorita. Da un canto, se non restringiamo
eccessivamente i nostri orizzonti, siamo in grado di seguire in termini
generali gli sviluppi pill fondamentali nella letteratura e cultura
italiana e nella teoria; dall'altro, concentrandoci sul nostro
campo di ricerca e scegliendo con accortezza riviste specializzate e
bibliografie elettroniche (MLA; Italinemo; ecc.), riusciremo anche a
seguire piu da vicino e vagliare gli sviluppi piu notevoli nella nostra
disciplina specifica. Senza dilungarmi eccessivamente e solo a mo'
di esemplificazione che non intende ne puo essere esaustiva, ritengo che
lo studioso del Medioevo e del Rinascimento che legga regolarmente Dante
Studies, Speculum, e Renaissance Quarterly--tutte e tre le riviste
dedicano amplissimo spazio alle segnalazioni librarie e alle
recensioni--sia gia in grado di vagliare le tendenze generali e di
prender nota di importanti studi specifici in atto in questi due immensi
campi. Non poche riviste pubblicate nel Nord America assistono lo
studioso a tenersi al corrente delle pubblicazioni piu recenti anche nel
campo della cultura generale e della teoria. Ad esempio, la
pubblicazione della Modern Language Association, PMLA, sollecita
dibattiti di teoria letteraria molto attuali e, nella sezione
pubblicitaria, elenca i libri piu recenti delle case editrici
nordamericane e internazionali. E a queste indicazioni bibliografiche
offerte a mo' di esempio ognuno di noi ne aggiungera molte altre
che attraverso gli anni si sono rivelate utili, poiche e vero che quello
che si e rivelato utile per me, puo non essere utile per tutti allo
stesso modo e qui lo scambio di idee risulterebbe molto vantaggioso.
Recensire e/o essere recensiti: questo non e il dilemma
Il fatto e che, non importa quale sia la nostra posizione nei
confronti del genere della recensione, nessuno di noi puo essere
esonerato dalla necessita di essere recensito o tramite recensioni vere
e proprie o nel significato lato del termine; di conseguen za nessuno di
noi dovrebbe esimersi dal dovere di scrivere recensioni. Se ci
rifiutiamo di adempiere a questo nostro dovere di recensori, saranno
altri a svolgerlo e prima o poi recensiranno i nostri lavori. Il mondo
accademico nordamericano infatti e strutturato attorno a principi
accademici, professionali ed etici del tutto propri che hanno a che fare
con il genere della recensione, sia in senso lato che stretto, e che
assumono una funzione importantissima nella valutazione accademica e
professionale del nostro profilo di studiosi in tutti i casi di
promozione accademica di tango.
Da un lato infatti si continua a ripetere che le recensioni che
scriviamo (o non scriviamo) non costituiscono un fattore determinante
nei casi di promozione da assistente ad associato e da associato a
ordinario; dall'altro, le stesse persone cha fanno
quest'affermazione vogliono trovare una certa evidenza della
validita scientifica dei libri del candidato alla promozione appunto
nelle recensioni apparse su riviste scientifiche. L'assenza di
recensioni e, ancor piu, la pubblicazione di una recensione negativa o
men che altamente elogiativa, possono diventare, o diventano, elementi
interpretati negativamente nella valutazione complessiva di un docente.
Nello stesso contesto della promozione accademica di rango si mette
anche in atto un altro aspetto della valutazione accademica che si
avvicina al genere della recensione, intesa in senso lato: la cosi detta
valutazione estramurale (extramural evaluation) del docente che viene
considerato per la promozione e i cui scritti vengono sottoposti al
giudizio di studiosi di altre universita, a volte scelti dal candidato
stesso, a volte dal comitato dipartimentale incaricato della valutazione
del candidato. Senza voler parlare in questa sede della professionalita
accademica ed etica di questo processo di valutazione, mi sembra del
tutto legittimo sollevare una serie di domande per quanto concerne la
valutazione degli scritti del candidato alla promozione da parte di un
esperto di un'altra universita il quale, eccetto in casi
straordinari, e protetto dall'anonimato. Il cosi detto esperto
scrive generalmente recensioni di libri nel suo campo di ricerca in
riviste scientifiche? E, se la risposta e negativa, per quale motivo
verrebbe ora scelto per compiere un dovere che non e solito adempiere? E
per quale motivo egli accetterebbe di farlo in queste circostanze? E
prassi professionale accettabile quella di scegliere, per la valutazione
nei casi di promozione, studiosi che normalmente non adempiono il dovere
professionale di recensori?
Insomma, anche in base alle considerazioni svolte qui sopra, mi
sembra che non possiamo non scrivere recensioni: e un dovere
professionale dal quale non possiamo esimerci e che dobbiamo adempiere
secondo principi altamente etici: con serieta, con impegno e con il
massimo rispetto degli altri. Nel contempo, appunto perche non possiamo
esimerci da questo dovere, esso deve essere giustamente valutato ed
apprezzato o entro la categoria del cosi detto service o, piu
propriamente, entro la categoria della pubblicazione scientifica, non
come genere minore, ma come genere a se stante, con una funzione critica
propria e un suo specifico scopo scientifico.
Ma perche scriviamo recensioni?
Per concludere, ritorniamo alla domanda iniziale e chiediamoci: ma
perche scriviamo recensioni? Diventera chiaro dalla mia risposta che,
nel contesto del dibatttito analizzato sopra, io mi pongo
controcorrente. Innanzitutto, chi si accinge a scrivere una recensione,
lo fa soprattutto per se stesso. Non perche, ad esempio, nei colleges
dove la ricerca non e fondamentale come l'insegnamento, la
pubblicazione di recensioni, assieme a un ottimo record come insegnante,
potrebbe essere sufficiente per la promozione, ma perche il recensore
ideale vede la recensione come una ricerca vera e propria e come una
possibilita di dialogare con un altro studioso su argomenti che
l'interessano da vicino. Il vero recensore accetta il suo impegno
seriamente, dedica da una a piu settimane alla lettura del libro e
diversi giorni alla stesura della recensione. Solo dopo aver accettato
l'impegno e dopo averlo portato a termine a proprio vantaggio,
possibile dire che egli scriva anche per la comunita dei lettori e
infine per chi ha scritto il libro, il quale si e gia arricchito
intellettualmente nell'atto stesso della scrittura, trovando poi
nella recensione la possibilita di riflettere sul proprio lavoro.
Invito ovviamente gli anziani--e quindi anche me stesso, perche di
sicuro appartengo a questa categoria--a continuare a scrivere recensioni
e i giovani ad iniziare quanto prima a scriverle: recensire vuol dire
leggere, fare ricerche, imparare ad analizzare con prudenza e diligenza,
equanimita e benevolenza; recensire e anche un banco di prova e un
tirocinio per imparare a scrivere in modo semplice, chiaro e succinto.
Se l'equanimita non e possibile nel recensire--ma perche non
dovrebbe esserlo?--, la benevolenza e preferibile alla severita.
Quail consigli pratici potrei allora dare ai giovani dopo
venticinque anni di esperienza editoriale? Innanzitutto, di abbonarsi
alia rivista dove vogliono pubblicare articoli e recensioni, anche se la
rivista non lo richiede, perche solo conoscendo la rivista da vicino
possono sperare di contribuirvi con efficacia; di contattare brevemente
il direttore tramite lettera o posta elettronica al fine di presentarsi,
elucidare brevemente i propri interessi di ricerca e dichiararsi
disponibili alla collaborazione scientifica; poi, quando si e invitati
alla collaborazione, di scrivere la recensione con sollecitudine e
secondo i criteri suggeriti sopra, seguendo le norme editoriali della
rivista; e infine, prima di inviarla in redazione, di farsi leggere e
correggere la recensione--la stessa cosa vale anche per chi scrive
articoli--da uno o piu colleghi disposti ad aiutare i giovani (ma a dire
il vero anche gli anziani dovrebbero seguire questa prassi). Ed e facile
sceverare i colleghi poco disposti da quelli disposti ad aiutare: sono
questi ultimi a fare correzioni e ad offrire suggerimenti.
In conclusione, dobbiamo accettare il fatto che non vi sara mai un
solo strumento di segnalazione e valutazione libraria, sia esso rivista,
mensile o sito elettronico, che possa soddisfare da solo a tutte le
nostre esigenze di studiosi e che allora incombe su ognuno di noi
l'obbligo di creare un sistema di informazione e valutazione
molteplice capace di soddisfare alle nostre esigenze accademiche pill
impellenti. In questo contesto la cosi detta recensione tradizionale
svolge un ruolo valido e utile, innanzitutto per chi la scrive e poi per
tutti coloro che possono accedervi. Il sistema di diffusione messo in
atto dagli Annali d'italianistica, sia nel contattare
l'universo dei possibili recensori come nel diffondere anche
elettronicamente le recensioni pubblicate sulla rivista, se usato
cautamente, abbina in modo immaginativo la circolazione cartacea
dell'informazione con quella elettronica. Le segnalazioni librarie
e le valutazioni che appaiono nelle riviste d'italianistica
circolanti hell'America del Nord menzionate sopra, se seguite
fedelmente e regolarmente, offrono una panoramica valida, utile ed ampia
delle maggiori pubblicazioni di piu notevole interesse per gli studiosi
nell'America del Nord.
E ogni qual volta ci si affaccia il dubbio sulla validith della
nostra attivita di recensori, non dimentichiamo l'esempio di Mario
Marti, il quale all'eta di 93 anni e tuttora impegnato a stendere
recensioni-saggio per il Giornale storico della letteratura italiana!
DINO S. CERVIGNI
The University of North Carolina at Chapel Hill
NOTE
* Vorrei ringraziare i sei colleghi di diverse universita
nordamericane che hanno accettato molto cortesemente di leggere questa
nota prima della pubblicazione e che mi hanno offerto consigli e
suggerimenti. A bozze impaginate ricevo la MLA Newsletter 39.1 (2007)
che pubblica la sintesi della "MLA Task Force Evaluating
Scholarship for Tenure and Promotion", consultabile anche su rete
(www.mla.org), dalla quale cito la raccomandazione no. 13: "The
profession as a whole should encourage scholars at all levels to write
substantive book reviews" (27).