G. Peri: Discorso diretto e discorso indiretto nel Satyricon. Due regimi a contrasto.
Carmignani, Marcos
G. PERI: Discorso diretto e discorso indiretto nel Satyricon. Due
regimi a
contrasto.
Pp. 132. Pisa: Edizioni della Normale, 2007. Paperback: 12.00
[euro].
ISBN 978-88-7642-204-1.
Pubblicato nella collana "Tesi" dalla Scuola Normale
Superiore, Discorso diretto e discorso indiretto nel Satyricon. Due
regimi a contrasto (DD) di Giulia Peri (P.) si distingue per tre virtU
importanti nel campo degli studi classici: l'esaustivita, la
semplicita e la coerenza con cui l'autore descrive e analizza le
modalita del discorso nel Satyricon di Petronio. La questione richiedeva
uno studio simile, dopo che A. Laird aveva impostato un precedente
fondamentale nel suo importante Powers of Expression, Expressions of
Power: Speech Presentation and Latin Literature (Oxford, 1999).
La trattazione del discorso diretto e indiretto nel Satyricon deve
necessariamente tenere conto della figura di Encolpio-narratore, che
racconta i fatti in base al suo punto di vista. Di conseguenza, nel caso
del Satyricon, parlando di Encolpio-narratore ci si addentra in un
problema di cui molto si e discusso: il rapporto tra io agente e io
narrante. P., tuttavia, non ha alcun dubbio: l'autrice assume la
posizione del suo maestro, G. B. Conte, per cui Encolpio-personaggio ed
Encolpio-narratore (ovvero l'io agente e l'io narrante) sono
un'unita, nonostante tra le due funzioni di Encolpio ci sia a volte una certa tensione. (1) Questa posizione permette a P. di analizzare i
discorsi petroniani con notevole coerenza, una delle caratteristiche di
questa breve ma sostanziale analisi.
Il libro e diviso in sei capitoli. "Discorso diretto. La
parola come evento" e il titolo del primo, a sua volta suddiviso in
tre sezioni. La prima ("Un racconto di parole") e dedicata
alla caratterizzazione del Satyricon come "un romanzo pieno di
voci" (7), dove si sottolinea il concetto della parola come evento,
che definisce la narrazione di Encolpio come "racconto di
parole" (8). L'enorme forza espressiva che la parola ha su
Encolpio come personaggio determina in larga misura la complessita del
testo narrativo; secondo P., Encolpio non media la parola bensi la
mostra, "la riproduce nel modo piU fedele, ottimizzandone la
densita espressiva e il primitivo impatto" (9). Cosi facendo si
crea un effetto di complicita con il lettore: Encolpio cerca di fare in
modo che il lettore adotti la sua prospettiva, soffra con lui, si
stupisca con lui. P. afferma che una narrazione intimamente mimetica
come quella di Encolpio mostra comunque una realta narrata indipendente
dalla prospettiva di Encolpio-narratore, in cui appaiono gli altri
personaggi che utilizzano la parola per farsi conoscere. In questo
senso, P. fa sua ancora una volta la teoria di Conte, la dove afferma
che attraverso la natura mimetica del racconto il lettore puo percepire
una complessita, produttrice di ironia, che va al di la della
prospettiva di Encolpio-narratore. Vi si puo chiaramente notare il
lavoro sottilissimo dell'autore nascosto.
Una delle caratteristiche piU rilevanti del Satyricon e la sua
capacita di fare "molto con poco", ovvero di rendere
interessante una realta romanzesca caratterizzata dalla banalita piU
schiacciante; secondo P. questo risultato geniale e ottenuto proprio
tramite la voce del narratore e la natura mimetica del racconto. Di
seguito, l'autrice fa una dettagliata analisi di alcuni brani
caratterizzati dall'inclusione del discorso diretto di alcuni
personaggi significativi, per soffermarsi non solo sul discorso in se,
ma anche sul suo contesto. Vengono dunque analizzati, tra gli altri, gli
interventi di Menelao (27.4), dell'atriensis (29.9), del
dispensator (30.9-11), del funzionario Bargate (96.4-6),
dell'anicula (131.5-7) e di Gitone (9.2-6). A titolo
d'esempio, prendiamo in considerazione il discorso
dell'anicula che deve restituire a Encolpio la virilita perduta.
Secondo P. sono necessarie solo un paio di parole affinche sia il
lettore che il narratore possano notare la vivacita individuale del
personaggio: hoc peracto carmine ter me iussit expuere terque lapillos
conicere in sinum, quos ipsa praecantatos purpura involverat, admotisque
manibus temptare coepit inguinum vires. dicto citius nervi paruerunt
imperio manusque aniculae ingenti motu repleverunt. at illa gaudio
exultans 'vides' inquit 'Chrysis mea, vides, quod aliis
leporem excitavi?' (131.5-7). L'autrice afferma che Encolpio
"ripropone queste parole per l'impatto che, nella delicata
situazione in cui si trovava, hanno avuto su di lui" (14), e
sottolinea che la ripetizione di vides, il colloquialismo sintattico
quod e l'immagine proverbiale della lepre sono elementi
fondamentali per dare forma all'espressivita dell'anicula, che
raggiunge il lettore, quindi, piena di vita. Importante, a questo punto,
la menzione di una caratteristica tipica dello stile petroniano che
contribuisce in maniera significativa alla mimesi di parola in azione:
l'uso "espressivo" del verbum dicendi intercalato, che
"viene spesso funzionalizzato alla sottolineatura di certe
inflessioni e dell'andamento melodico del discorso" (15, n.
13).
La seconda sezione si occupa della "Modalita
d'introduzione del discorso diretto": quasi sempre, segnala
P., il discorso diretto e la parte finale del periodo e il segmento che
l'autore vuole evidenziare. Esso puo essere introdotto da et in
coordinazione con il verbum dicendi, come in 27.4 (con alcune variazioni
in 99,5 e 47,11); da informazioni minime fornite dal narratore, come
gesti, espressioni e reazioni (ad es., 8.1, 114.5, 134.10); da una
subordinata che dipende dal verbum dicendi (33.1), una frase
participiale (39.2), un ablativo assoluto (94.5), un cum inversum
(117.2) o da una costruzione piU complessa (79.12, 92.5, 24.1, 131.10);
fra questi, troviamo in rari casi l'introduzione prolettica del
discorso diretto (due occorrenze: 110.8 e 133.2), l'introduzione
per mezzo di pronomi dimostrativi (44.1) o di sostantivi (87.10, 23.2,
61.5). Ma molto importante e anche il contesto in cui si introduce il
discorso diretto, per cui la presenza di lacune sostanziali indebolisce
grandemente la sua efficacia: un chiaro esempio e la lacuna prima del
dialogo tra Lica, Trifena e Eumolpo (104.1-3): in questo caso
"l'evento giace senza contesto, senza una giusta cassa di
risonanza" (25).
In "Discorso diretto e performance narrativa", titolo
della terza sezione, P. sottolinea la natura recitativa della
composizione e della lettura nel mondo antico, che comportava una
complessa gestualita. Cio si riflette nel Satyricon, un testo piU
preoccupato di "mostrare" che di diegetizzare le parole dei
personaggi. Nel discorso di Gitone (80.3-4), l'espressivita e
evidenziata dalla forza dei deittici, come se Encolpio stesso recitasse
le parole del puer. Altri esempi includono il discorso di Enotea
(136.10-11) e i racconti inseriti nella narrazione, che, recitati ad
alta voce in pubblico, hanno una grande potenzialita mimica, come il
fanciullo di Pergamo (87.4-5), il discorso diretto di Melissa nella
storia di Nicerote (62.10-12) e la battuta finale della matrona di Efeso
(112.6-7).
Al discorso indiretto e dedicato il secondo capitolo
("Discorso indiretto. Funzionalita di un regime alternativo"),
che si compone di quattro sezioni. Le prime due riguardano
l'effetto di contrasto tra discorso diretto e indiretto, sia in un
discorso ("Stile diretto e indiretto: effetti di chiaroscuro all'interno di un discorso"), sia nel dialogo ("Stile
diretto e indiretto: effetti di chiaroscuro nel dialogo"). Lo scopo
e quello di descrivere una procedura stilistica notevole:
l'applicazione di una tecnica "di chiaroscuro", in base
alla quale si mette in luce il discorso diretto mentre al contempo si
nasconde l'indiretto; nell'economia narrativa, afferma
l'autrice, l'indiretto viene funzionalizzato come una forma
subalterna, meno rilevata. Il discorso indiretto "funziona,
insomma, come una sordina: vela le parole cui e attribuito, ne riduce la
vividezza, ne affievolisce la sonorita" (48). Ad esempio, in
117.11-12, dove Corace denuncia l'eccesso di peso che deve portare:
sed neque Giton sub insolito fasce durabat, et mercennarius Corax,
detractator ministerii, posita frequentius sarcina male dicebat
properantibus affirmabatque se aut proiecturum sarcinas aut cum onere
fugiturum. 'quid vos' inquit 'iumentum me putatis esse
aut lapidariam navem? hominis operas locavi, non caballi. nec minus
liber sum quam vos, etiam si pauperem pater me reliquit.'. Si puo
notare come il narratore "diminuisca" il discorso indiretto
per rendere, per contrasto, piU "luminoso" il discorso
diretto. In questo passaggio e in altri (99.2-3, 101.3-5, 80.3-4,
53.12-13, 136.11), il passaggio dal diretto all'indiretto si
verifica senza mediazione sintattica, ma in altre occasioni
quest'ultima aiuta, tramite l'aumento di tensione, a garantire
che il contrasto sia ancora maggiore, come accade in 87.4-5, 96.5-6,
97.9. Si puo persino verificare, come in 92.5-7, che due discorsi
diretti siano funzionalmente staccati da un discorso indiretto, che
causa stilisticamente un notevole arricchimento nel cambiamento del
tono. Nel dialogo e mantenuto il medesimo schema: vivacita nel discorso
diretto e opacita nell'indiretto (esempi: 101.6-7, 115.3-5,
112.6-7, 111.8, 87.1-2, 134.6-7, 49.3-6).
La terza sezione e dedicata ad esplorare la sistematicita di un
particolare modulo dialogico, "Domanda e risposta", dove la
domanda e solitamente presentata nello stile indiretto, mentre la
risposta in diretto. Ad esempio in 116.1-4 le domande che Encolpio e i
suoi compagni rivolgono al vilicus formano una lunga subordinata al
termine della quale si apre la strada al discorso diretto del contadino.
Questo sistema e dotato di numerose raffinatezze stilistiche, come i
casi in cui e la domanda a presentarsi in stile diretto (100.5), oppure
e la risposta ad apparire in stile indiretto (82.2-4). Perfino in questi
esempi il meccanismo di chiaroscuro rimane funzionale: per contrasto, lo
stile diretto caratterizza sempre cio che si vuole mettere in rilievo.
Due tipi di rapporto sintattico possono intercorrere tra il verbum
dicendi della domanda (quaero, rogo, ecc.) e quello della risposta
(sempre inquit): nel primo caso, i due verbi e le relative proposizioni
sono indipendenti (come in 139.3); oppure il verbo della domanda e un
congiuntivo subordinato a inquit, anche se quest'ultimo caso e meno
frequente (una occorrenza in 116.3-4).
La sezione che chiude il secondo capitolo tratta il "Discorso
indiretto come indicatore di inferiorita", ovvero
l'attribuzione del discorso indiretto, nella narrazione, a
personaggi caratterizzati dalla loro subordinazione o debolezza: al
contrario, il discorso diretto distingue sempre il personaggio nella
posizione di forza. Cio non significa che i discorsi indiretti non siano
importanti, ma, nel dialogo, essi marcano sempre uno stato di
subordinazione: il narratore vuole consapevolmente mostrarci il
carattere "gregario" dello stile indiretto rispetto a quello
diretto. Un chiaro esempio e lo scambio tra Trifena e Lica
(105.11-106.4): il personaggio forte e risoluto e Lica, ed a lui sara
riservato il discorso diretto, mentre lo stile indiretto
dell'instabile e influenzabile Trifena mostra la sua inferiorita.
Come segnala P. "l'alternanza stilistica si rivela come una
precisa strategia narrativa" (49). Altri esempi: l'episodio di
Quartilla, dove Encolpio in una posizione di inferiorita usa lo stile
indiretto in contrasto con le terrificanti parole di Quartilla in stile
diretto; e lo scambio tra Encolpio (diretto) ed Ascilto (indiretto)
(97.9-10).
Proprio dell'episodio di Quartilla si occupa il capitolo 3
("Parola imposta, parola negata. L'episodio di
Quartilla"), dove, oltre a ripetere le conclusioni raggiunte nel
capitolo precedente circa l'inferiorita di Encolpio rispetto a
Quartilla e le conseguenze stilistiche che cio comporta, P. esamina il
tema del silenzio di Encolpio e dei suoi compagni originato dalla totale
sottomissione fisica e psicologica che li rende incapaci di reagire.
Encolpio sottolinea il proprio silenzio, la sua incapacita di parlare e
di divulgare le sue preoccupazioni in uno stile definito come
"assimilabile allo stile indiretto libero" (64), come e il
caso di 19.3 ut haec dixit Quartilla, Ascyltos quidem paulisper
obstupuit, ego autem frigidior hieme Gallica factus nullum potui verbum
emittere. Gli unici interventi di Encolpio in stile diretto, segnala
l'autrice, non sono altro che un disperato tentativo di liberarsi
da questa cattivita inaspettata, attraverso suppliche che mostrano la
tensione della sottomissione (20.1, 24.1-4). In seguito, a 21.1, il
silenzio, la "parola negata" esprimono l'impotenza e
l'oppressione, a cui si aggiunge l'importanza del motivo
sonoro: risate, pianti, colpi sulla porta e la stessa voce di Quartilla
che risuona nell'orgia con una particolare intensita.
Non poteva mancare l'analisi discorsiva della Cena
Trimalchionis, che P. esamina nel capitolo 4 ("Fenomenologia del
discorso nella Cena"). Nella prima sezione ("La parola di
Trimalchione: stile indiretto, distanziamento e ironia"), P. si
concentra sui pochi passi in cui la parola del liberto arricchito e in
stile indiretto, per prendere in considerazione una notevole procedura
stilistica: l'io narrante distanzia le parole di Trimalchione e le
sottopone al proprio vaglio critico. E importante notare, continua P.,
che tutti gli esempi di questo uso del discorso indiretto corrispondono
a passi in cui il narratore mostra una posizione di dissenso o si sente dispiaciuto a causa di qualcosa, per cui esso diventa un'arma di
condanna e sarcasmo. Un esempio puo essere visto in 73.2: ... balneum
intravimus, angustum scilicet et cisternae frigidariae simile, in quo
Trimalchio rectus stabat. ac ne sic quidem putidissimam eius iactationem
licuit effugere; nam nihil melius esse dicebat quam sine turba lavari,
et eo ipso loco aliquando pistrinum fuisse. P. crede che la sensazione
di evidente rifiuto che causa nel narratore l'atteggiamento di
Trimalchione sia facilitata dal contesto, dalla mancanza di autonomia
sintattica del discorso e dalla notevole manipolazione dell'io
narrante, che coordina con et i due argomenti incoerenti addotti dal
liberto.
L'autrice suddivide in tre gruppi gli interventi degli
scholastici nella Cena, che a loro volta corrispondono alle ultime tre
sezioni del capitolo:
1) quelli effettuati da Encolpio in tono serio all'inizio
("I discorsi degli scholastici: domande di Encolpio"): (2) P.
segnala che i pochi interventi del protagonista sono in stile indiretto
e vengono sempre seguiti da risposte in stile diretto, cio che
costituisce un "microsistema"; esso fornisce un profilo piU
rilevato, una maggiore luminosita allo stile delle risposte. Questo
concerne il fatto che, all'inizio della Cena, Encolpio si mostra
sorpreso e perplesso dinanzi ai vari eventi che si verificano, per cui
"la sua parola fa da spalla a quella altrui" (84).
2) I commenti spregiativi di Encolpio verso lo spettacolo di
Trimalchione ("I discorsi degli scholastici: discorso diretto e
frustrazione"): mentre ci avviciniamo alla fine dell'episodio,
il nostro narratore si mostra stanco, il banchetto ormai e diventato uno
spettacolo insopportabile, da cui vuole fuggire; Encolpio passa dalla
sorpresa alla critica che denota un atteggiamento di superiorita.
Tuttavia, segnala P. coerentemente con il parere di Conte, la procedura
stilistica utilizzata genera un effetto ironico: nell'episodio del
maiale e del cuoco (49.7-10) Encolpio commenta causticamente in stile
diretto all'orecchio di Agamennone 'plane' inquam
'hic debet servus esse nequissimus; aliquis oblivisceretur porcum
exinterare? non mehercules illi ignoscerem, si piscem
praeterisset', fatto che prepara la successiva frustrazione quando
dall'interno del maiale spuntano salsicce e sanguinaccio. Encolpio,
nella sua ingenuita, sembra non essersi reso conto che nella casa di
Trimalchione tutto e pronto per un colpo di scena: "dando pieno
risalto all'intervento poi frustrato dell'io agente, l'io
narrante gioca alle sue spalle" (88).
3) "I discorsi degli scholastici: l'episodio della
fuga" e l'ultima sezione, dove P. analizza le parole di
Encolpio e Ascilto e le loro suppliche all'atriensis. La procedura
e simile, dal momento che lo stile diretto funziona come un meccanismo
di illusione-frustrazione. In 72.5-6, Encolpio dice ad Ascilto
'quid cogitas?' inquam 'ego enim si videro balneum,
statim expirabo', e il frater risponde 'et dum illi balneum
petunt, nos in turba exeamus', ma dopo che la speranza di fuggire e
stata frustrata, essi pregano l'atriensis, in stile indiretto, che
li porti in bagno: ultro ergo rogavimus ut nos ad balneum duceret
(73.2).
Il quinto capitolo del libro si sofferma su "La parola in
scena. L'atto della nave", dove P. applica a questo episodio
molti dei concetti gia analizzati. La prima sezione discute lo scambio
di 104.1-105.4 ("Lica, Trifena, Eumolpo, Hesus: dinamiche
dialogiche"): P. ancora una volta rileva l'importanza che
assumono la drastica riduzione della diegesi nella narrazione petroniana
e la concentrazione di significato nella parola dei personaggi, dove il
discorso diretto assume un ruolo fondamentale. In "Ricchezza del
testo mimetico petroniano e 'teatralizzazione' del
racconto" (seconda sezione), P. aggiunge, citando Pirandello, che
"non il dramma fa le persone; ma queste, il dramma" (102),
ovvero che e proprio l'interazione tra i personaggi a costituire il
materiale narrativo del Satyricon: "molto di piU che a una
peripezia romanzesca, il lettore e posto di fronte a questa realta
complessa e irreducibile, fatta di persone e delle loro relazioni"
(p. 102). Tale valutazione puo sembrare un po' esagerata: per
quanto sia certa l'importanza che assume nel testo
l'interazione dei personaggi, il Satyricon non smette di fare
costante riferimento alle peripezie romanzesche, che servono da cornice
fondamentale per l'integrazione dei discorsi, come segnala
Panayotakis, (3) citato dalla stessa P.: "even in the Greek
romances [...] the trial scene is conceived as a theatrical
spectacle" (p. 103, n. 18). Di seguito, sottilmente, P. afferma che
il ruolo di Encolpio nell'episodio della nave, fino a 107.15, era
stato quello di vittima degli eventi, sempre in background, uno
spettatore impotente, che tace e osserva, che registra i movimenti e i
gesti, come se venisse descritto un atto scenico; solo in 107.15, Lica
si rivolge a Encolpio ('quid dicis tu, latro? quae [sola]
salamandra supercilia tua exussit? cui deo crinem vovisti? pharmace,
responde'), "come se la figura di Encolpio sulla scena,
rimasta in ombra, venisse d'un tratto investita di luce"
(103), e non ci stupisce che cio avvenga tramite il discorso diretto.
L'ultima sezione di questo capitolo ("Il dialogo fra Lica
e Trifena a 105.11-106.4") ripete il concetto della funzione del
contrasto tra discorso diretto e indiretto, ovvero, con le parole
dell'autrice, "suggerire stilisticamente una disparita"
(p. 109).
L'ultimo capitolo, "La parola di Encolpio: discorso
diretto ed emersione frustrata", analizza i passaggi in cui
l'io-narrante pone in gioco in modo cosciente una strategia
narrativa che mette in evidenza i propri fallimenti. Cio genera
necessariamente un effetto ironico, qualcosa che gia P. aveva dimostrato
in pagine precedenti; in questo capitolo esamina i vari modi
dell'emersione come le diverse modalita della frustrazione. Basti
un solo esempio: in 93.3-4, Encolpio, reso furioso sicuramente anche
dall'interesse mostrato dal poeta per Gitone, si scaglia irosamente
contro le improvvisazioni poetiche di Eumolpo (per fidem, saltem nobis
parce, qui te numquam lapidavimus), mentre il fanciullo gli risponde con
grande moderazione che non vi e ragione alcuna per trattare cosi
violentemente un anziano (sic me loquentem obiurgavit Giton, mitissimus
puer, et negavit recte facere, quod seniori conviciarer simulque oblitus
officii mensam, quam humanitate posuissem, contumelia tollerem, multaque
alia moderationis verecundiaeque verba, quae formam eius egregie
decebant). P. afferma che e notevole il contrasto tra lo stile diretto
di Encolpio, eccitato e arrabbiato, e l'indiretto di Gitone,
rilassato e morbido, che serve chiaramente a mettere in evidenza non
solo la prospettiva ex post, ma anche la reazione immediata dell'io
agente, sempre pronto a mostrare la sua sottomissione a Gitone, in
questo caso lodandone la saggezza. E chiaro che Gitone, "ben
conscio della propria influenza sul compagno, ne approfitti sempre con
un certo gusto..." (p. 118, n. 13).
Per quanto riguarda i problemi testuali del Satyricon, P. se ne
occupa quasi sempre in nota, tranne alcuni casi che sono analizzati, per
la loro rilevanza, nel corpo del testo. Alcuni esempi:
--alle pp. 21-22, n. 23 si tratta il problema della mancanza di
verbum dicendi a 117.2 (cum ille 'utinam quidem sufficeret largior
scaena ...), fatto che va contro la norma e che porta P. a giudicare
plausibile l'integrazione di un inquit dopo utinam quidem proposta
da Bucheler (nella sua editio maior), e raccolta da Ernout3 e Diaz y
Diaz; P. si basa anche sulla corrispondenza prosodica tra 'poteram
quidem' inquit (68.2) e utinam quidem.
--alle pp. 98-99, n. 10, P. aggiunge convincenti argomenti
all'espunzione, proposta da Segebade, del primo qui nel discorso di
Hesus in 104.5 ('ergo illi [qui] sunt, qui nocte ad lunam
radebantur pessimo medius fidius exemplo?) tramite la considerazione
dell'uso petroniano di ergo, che non compare mai in autentiche
domande (tranne nei casi di quid ergo? o quid ergo est?).
--sebbene non sia strettamente un problema testuale, alle pp. 76-78
P. si occupa di un caso molto particolare: le parole praesidium domus
familiaeque (64.7), anche se sembrano far parte del discorso diretto di
Trimalchione, in realta appartengono al narratore, che si appropria
delle parole del liberto. Non vi e una cessione della parola da parte
del narratore, ma piuttosto "due voci si mescolano: quella del
narratore imita ironicamente quella del personaggio" ed e il
lettore a dover interpretare questa situazione ricca di ironia. P. non e
d'accordo con gli editori moderni che stampano queste parole tra le
virgolette adottate per il discorso diretto (certamente rischiando di
confonderle con un vero e proprio discorso diretto) e propone
"stampare una semplice virgola prima di praesidium, tale da marcare
lo stacco fra l'apposizione e quanto precede" (n. 6, p. 78).
--a p. 57, P. concorda con l'espunzione di Jacobs della frase
illa scilicet quae paulo ante cum rustico steterat (16.3) ("un
rimando alla primissima apparizione della donna, anziche al suo diretto
intervento nella vicenda del mantello, sembra del tutto
inadeguato"). La ragione di cio e che, secondo P., in 14.5 (dove
compare una frase quasi identica) l'espressione e assolutamente
opportuna, mentre in 16.3 "ci si aspetterebbe semmai un riferimento
piU 'aggiornato' al ruolo svolto dalla mulier
nell'episodio del foro" (p. 57). Tuttavia, importanti editori
e interpreti come Bucheler, Ernout e Ciaffi mantengono il testo tradito;
Courtney, ad esempio, pone l'interpolazione in 14.5. (4)
--un'altra proposta interessante e difendere il testo tradito
in 105.11: dopo venissent Bucheler, seguito da tutti gli editori
moderni, segnalava lacuna, perche pensava che il discorso di Trifena era
"sine dubio paulo plenior". P. riconosce che il discorso
rimane inconcluso, ma sottolinea che "questo tipo di sospensione e
un fenomeno comune nel parlato e che qui si adatterebbe perfettamente al
tenore emotivo del discorso" (p. 109). PiU che lacuna, conclude P.,
si dovrebbero leggere punti di sospensione a marcare il dubbio di
Trifena.
Uno dei tanti pregi di DD e che P. non affatica mai il lettore con
un eccesso di teoria. Come si e gia osservato, l'interpretazione di
Conte e il fondamento che sostiene tutta l'analisi di P., ma
sarebbe ingiusto non menzionare l'influenza di Genette (Figures
III, Paris, 1972) e, soprattutto, di Laird. Non e esagerato dire che DD
potrebbe aver avuto la sua genesi in questa frase di Laird: "Study
of speech in this text [i.e. il Satyricon] will highlight significant
variations in narrative style in different parts of the work". (5)
Laird sottolineava nella sua analisi la decisiva importanza della
tecnica di "angled narration of dialogue" che "alternates
direct and indirect modes in the presentation of an exchange of
speeches. The words of one speaker are spotlighted by being given in
direct discourse; whilst the words of his interlocutor are presented by
the narrator in indirect discourse". (6)
Le "Conclusioni" e un "Indice dei passi petroniani
citati" chiudono DD, ma si sente la mancanza di un elenco
bibliografico finale, anche se P. ha cercato di porre rimedio con
riferimenti in nota. Da notare l'eleganza dell'italiano
dell'autrice, un fattore che, aggiunto alla quasi totale mancanza
di errori di stampa e all'assenza di appesantimenti teorici, rende
la lettura di DD un compito piacevole e produttivo.
DD e prezioso non solo perche copre una lacuna importante negli
studi petroniani, ma anche perche tramite esaustivita, semplicita e
coerenza esamina e fa conoscere un'ulteriore caratteristica
all'interno dell'infinita gamma di risorse che rende il
Satyricon una delle opere piU ricche della letteratura antica.
(1) La posizione di Conte, resa esplicita nel suo The Hidden
Author: An Interpretation of Petronius' Satyricon (Berkeley, 1997)
(ed. italiana L'autore nascosto. Un'intepretazione del
Satyricon, Bologna, 1997, con una seconda edizione aggiornata, Pisa,
2007), differisce dalla posizione di R. Beck (sviluppata in "Some
Observations on the Narrative Technique of Petronius", Phoenix 27
(1973) 42-61), che ritiene che queste due funzioni siano rappresentate
da due personaggi molto diversi: il narratore decide di presentare
un'immagine di se caotica e ingenua.
(2) Qualche esempio: 29.9, 36.7, 37.1, 41.1-5.
(3) C. Panayotakis, Theatrum Arbitri: Theatrical Elements in the
Satyrica of Petronius (Leiden, 1995), p. 153.
(4) Cf. E. Courtney, A Companion to Petronius (Oxford, 2001), p.
66, n. 20
(5) A. Laird, Powers of Expression, Expressions of Power: Speech
Presentation and Latin Literature, Oxford, 1999, p. 210.
(6) Ibid. 101. Come esempio della prospettiva di Laird si puo
citare la sua analisi di 9.2-5, passo dove per le parole di Encolpio si
usa il discorso indiretto, mentre per i suoi interlocutori si utilizza
il diretto, in modo che l'accento sia posto sulla forza drammatica
delle risposte fornite da Gitone. E notevole, segnala Laird, che Gitone,
nella sua risposta alla domanda di Encolpio, ripeta lo stesso schema di
presentazione discorsiva che ha nel suo scambio con Ascilto (cum +
congiuntivo imperfetto, indicativo perfetto che descrive l'azione
nell'orazione principale seguito da una replica finale in discorso
diretto). Questa e una prova del fatto che, in realta, i modi discorsivi
di Gitone sono i medesimi di Encolpio: "Encolpius is then not so
much reporting discourse as overtly constructing it" (219). P.
analizza lo stesso brano e le sue osservazioni sono in gran parte
coerenti con quelle di Laird: parla del "violento effetto
scatenante" delle parole di Gitone su Encolpio e sottolinea
l'importanza melodica dell'inciso inquit intercalato tra due
aggettivi (tuus rivolto a Encolpio, "accusatorio", e iste
rivolto a Ascilto, "spregiativo") (pp. 14-15). Inoltre, nella
sua recensione a The Hidden Author di Conte (in JRS 88 (1998), 198-9),
Laird segnala una differenza sostanziale tra il suo modo di vedere la
distinzione tra autore e narratore nel Satyricon e quello di Conte,
affermando che la costruzione del personaggio narratore e ancora piU
dipendente dal lettore di cio che suggerisce Conte: "[Conte]
effectively demonstrates a distinction between narrator and author ...
but his configuration of Petronius and Encolpius can only be
ideological, because it is readers' varying determinations of
intertextuality that really construct Encolpius" (219, n. 18).
Reviewed by Marcos Carmignani, Conicet (Argentina).