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  • 标题:A. Kahane, A. Laird (eds.): A Companion to the Prologue to Apuleius' Metamorphoses.
  • 作者:Graverini, Luca
  • 期刊名称:Ancient Narrative
  • 印刷版ISSN:1568-3540
  • 出版年度:2002
  • 期号:January
  • 出版社:Barkhuis Publishing

A. Kahane, A. Laird (eds.): A Companion to the Prologue to Apuleius' Metamorphoses.


Graverini, Luca


A. KAHANE, A. LAIRD (eds.): A Companion to the Prologue to Apuleius'

Metamorphoses.

Oxford: Oxford University Press, 2001. Pp. XV + 325. Hardback, 50.00 [pounds sterling] .

ISBN 0--19--815238--8.

All'interno delle Metamorfosi di Apuleio esistono alcuni punti che catalizzano maggiormente l'attenzione, sia degli studiosi che del pubblico piu vasto. Tra questi centri di interesse, accanto all'ampia novella di Amore e Psiche e alla conclusione mistico-religiosa dell'ultimo libro, una posizione di rilievo e occupata senza dubbio dal prologo: un testo breve (appena 119 parole), ma che per la sua funzione programmatica, il tono allusivo, i numerosi riferimenti intertestuali e culturali e i molteplici e non sempre evidenti legami con il resto dell'opera non manca di sollecitare una grande quantita di problemi ermeneutici. Il dibattito tra gli studiosi e tutt'altro che sopito, e la varieta di opinioni sembra anzi accrescersi continuamente; il Companion edito da Ahuvia Kahane e Andrew Laird giunge quindi come un opportuno e riuscito tentativo di offrire un'ampia panoramica delle molteplici possibilita interpretative di questo testo.

La prima cosa da sottolineare--ed e una nota estremamente positiva--e che i curatori hanno evidentemente fatto ogni sforzo per superare i limiti di una critica solamente 'interna' al testo apuleiano: il volume raccoglie infatti 24 contributi di 25 studiosi di primo piano, e per molti di essi Apuleio e il romanzo antico in genere non rappresentano il principale campo di indagine. Si integrano in tal modo competenze relative ai piu disparati ambiti degli studi letterari, storici e filosofici relativi al mondo greco e romano, con significative aperture verso il Medioevo e il Rinascimento; e notevole e anche la varieta delle metodologie critiche utilizzate nel volume, dove si trovano ad esempio saggi di taglio prevalentemente filologico assieme ad altri che valorizzano approcci basati su narratologia e 'speech act theory'. Una polymathia pienamente coerente con il carattere e le inclinazioni dello stesso Apuleio, e un ottimo punto di partenza per l'interpretazione.

Si tratta di un'impostazione estremamente feconda, e in certa misura anche innovativa per la critica apuleiana; essa tuttavia porta con se alcune conseguenze, non necessariamente indesiderabili, ma che e opportuno sottolineare. Un primo effetto, ovvio, e che 24 contributi dedicati ad una singola pagina di testo latino, anche se dalle implicazioni culturali estremamente ampie, rendono inevitabilmente il Companion un volume dedicato soprattutto ad un pubblico di specialisti. Le voci nel coro sono molte, e in parte anche discordanti: tra gli autori vi e dialogo, e frequenti sono i rimandi interni da un saggio all'altro (purtroppo, senza l'indicazione del numero di pagina, cosa che rende la consultazione piu laboriosa); tuttavia, come e ovvio, su numerosi punti sia marginali che centrali permane il disaccordo. Il Companion --come, del resto, le Metamorfosi--richiede un pubblico attento ed attivo; il lettore e chiamato ad esercitare il proprio giudizio e ad effettuare una propria scelta tra le numerose proposte ermeneutiche.

Gli stessi fattori numerici di cui sopra suggeriscono l'idea di una certa frammentazione, con numerosi saggi di breve estensione: per cui, in certi casi (la cui individuazione ovviamente dipende dalle inclinazioni del singolo lettore) si potrebbe desiderare una trattazione piu estesa, mentre inevitabilmente alcuni argomenti sono affrontati, in modo piu o meno diretto, in vari contributi. Quest'ultima difficolta e in parte alleviata dalla presenza di tre indici (Index prologi verborum et locutionum, Index Locorum, General Index), che aiutano il lettore a rintracciare velocemente le pagine dove i singoli punti di interesse sono affrontati. Anche il raggruppamento dei numerosi interventi in 9 sezioni tematiche e naturalmente di aiuto, ma sovrapposizioni e riferimenti incrociati sono inevitabili. Nel primo degli indici, ad esempio, la sola domanda Quis ille? conta ben 27 riferimenti distribuiti in 16 saggi diversi: un caso estremo, naturalmente, ma significativo. Diversamente da altre raccolte di saggi, di argomento talvolta anche troppo ampio, questo Companion e estremamente 'mirato': difficilmente quindi si presta alla lettura di pochi capitoli separatamente, e richiede un impegno piu estensivo. E il prezzo da pagare per l'approccio multidisciplinare gia lodato sopra, e tutto sommato lo si paga volentieri.

Un'ultima avvertenza riguarda il fatto che il volume non prevede un vero e proprio sforzo sistematico nei confronti della letteratura critica precedente, e non vi si trovera una rassegna organica delle varie interpretazioni finora proposte. Anche la bibliografia e solamente la collazione delle bibliografie particolari relative ai vari saggi (con qualche omissione: ad esempio, non vi si trova il recente volume di A. Laird "Powers of Expression, Expressions of Power", Oxford 1999, citato a p. 29, n. 4), e purtroppo non e quindi esaustiva. L'aggiunta dei lavori dedicati espressamente al prologo delle MetamorfoA si, anche se non citati nel corso del volume, sarebbe stata auspicabile e di non difficile realizzazione; cose com'e, la bibliografia rischia di costituire un indesiderabile 'collo di bottiglia' rispetto ad eventuali futuri studi sul prologo, oscurando in qualche modo l'esistenza di studi non citati nell'autorevole Companion. Non vi compaiono ad esempio contributi 'storici' come F. Calonghi, Il prologo delle Metamorfosi di Apuleio, "RFIC" 43, 1915, 1--33 e 209--237, ma anche studi relativamente recenti quali M. Scotti, Il proemio delle Metamorfosi tra Ovidio ed Apuleio, "GIF" 34, 1982, 43--65; e C. Harrauer --F. Romer, Beobachtungen zum Metamorphosen-Prolog des Apuleius, "Mnemosyne" 38, 1985, 353--372. Altre omissioni (ad es. R. Nicolai, Quis ille? Il proemio delle Metamorfosi di Apuleio e il problema del lettore ideale, "MD" 42, 1999, 143--164) sono dovute anche ai vari anni trascorsi tra il convegno, tenuto ad Oxford nel 1996, e la pubblicazione del volume, datato 2001 ma apparso solo quest'anno.

La frammentazione di cui sopra, purtroppo, costituisce una difficolta soprattutto per il recensore. Le idee e le proposte contenute nel volume sono assai varie e numerose, e sarebbe naturalmente possibile individuare percorsi interpretativi e raggruppamenti differenti da quelli delineati dalla struttura del volume e dai confini stessi dei singoli saggi; difficilmente tuttavia il risultato sarebbe piu perspicuo, o maggiore l'utilita della recensione. Un'analisi sequenziale del Companion fornira un esempio senza dubbio non molto raffinato di desultoria scientia, ma avra per lo meno il vantaggio di informare con un certo dettaglio sul contenuto del volume.

Il primo gruppo di saggi ("Language and Latinity") si apre con l'edizione del prologo a cura di STEPHEN HARRISON e MICHAEL WINTERBOTTOM, corredata di traduzione inglese e commento. Il testo stampato e relativamente conservativo, anche se la punteggiatura e differente, e migliore, rispetto alle edizioni oggi piu diffuse; l'apparato critico e il commento inoltre non rinunciano ad introdurre e motivare cinque nuove congetture, proposte dai due autori e da R. G. M. Nisbet. Si tratta di interventi per lo piu lievi e paleograficamente ben spiegabili, tesi a risolvere problemi interpretativi o durezze espressive del testo; anche se non si impongono con evidenza, costituiscono indubbiamente utili spunti di riflessione. Qualche dubbio semmai si puo avanzare sulla reale utilita di sostituire qui sim a quis ille?, come suggerisce Winterbottom (se si considera l'alta popolarita di cui la domanda gode tra gli stessi autori rappresentati nel Companion, la proposta puo sembrare quasi iconoclastica!). Il commento ad loc. afferma che l'emendamento eliminerebbe la fastidiosa presenza di un misterioso terzo interlocutore, che si aggiungerebbe all'ego parlante e al lettore/ascoltatore cui esso si rivolge: ma se tale presenza e fonte di imbarazzo, piuttosto che emendare il testo, e forse piu economico attribuire il fatidico quis ille? proprio al lettore: tramite occupatio, l'ego parlante previene una domanda che il suo interlocutore si pone, o si potrebbe porre tacitamente (come accade in 9,30,1 e 11,23,5; in 10,33,4, diversamente dagli altri due brani, la domanda e appunto tacita). Se il lettore/ ascoltatore parla a se stesso, e giustificato l'uso di ille invece di tu, e non c'e bisogno di pensare ad una terza persona che ponga la fatidica domanda (come fanno anche altri, ad es. de Jong, pp. 201 ss., o Laird, p. 278; l'ipotesi del soliloquio e invece abbozzata anche da Slater a p. 218, n.19).

A considerazioni di lingua e stile sono dedicati anche i due contributi successivi, di R. G. M. NISBET e JONATHAN G. F. POWELL, che su alcuni punti introducono utili ampliamenti al commento di Harrison e Winterbottom dimostrando la varieta delle possibili interpretazioni di questo testo. Un buon esempio e permulceam, che assieme a conseram e considerato da Harrison e Winterbottom un "mildly jussive subjunctive" (p. 10); Nisbet, cui si deve un approfondito studio della colometria e delle clausole del prologo, propende piuttosto (p. 19) per l'indicativo futuro (permulceam sarebbe una forma anomala); una piu ampia discussione e offerta da Powell (pp. 32--35), che giunge ad ipotizzare (con la dovuta cautela) che l'uso anomalo di permulceam come futuro possa essere "a mark of Greek origin", coerente con la persona di rudis locutor assunta da Apuleio nel prologo. In generale, Powell non rifiuta a priori la possibilita che elementi di lingua o stile caratteristici dell'Africa settentrionale (su una possibile africanita di pronuncia cfr. Nisbet, p. 20) potessero affiorare anche negli scritti di un retore colto e raffinato quale Apuleio: il problema vero, avverte l'autore, risiede nella estrema difficolta di identificare simili elementi in modo metodologicamente rigoroso.

Nella sezione dedicata ai "Cultural Contexts", il saggio di MARK J. EDWARDS e appunto dedicato allo "African Character" di Apuleio. Il prologo delle Metamorfosi, in realta, non sembrerebbe (a parere di chi scrive) un buon punto di partenza per un argomento di questo tipo: vi sono infatti menzionati luoghi caratteristici di gran parte del Mediterraneo, ma l'Africa (a meno che in essa non comprendiamo l'Egitto: come in effetti fa K. Clarke, che a p. 102 suggerisce che la menzione dell'Egitto e del Nilo possa alludere anche alle origini africane di Apuleio; v. infra per alcuni dubbi su questo) brilla per la sua assenza; e puo non essere facile concordare con Edwards quando afferma che il "warlike language" del prologo (ad es. merui, aggressus) suggerisce che e giunto il momento per l'Africa di emulare le vittorie della Grecia, che come dice Orazio ferum victorem cepit (pp. 50--51 e n. 18). L'argomento, tuttavia, e assai interessante; e l'autore delinea un quadro breve ma coinvolgente di analogie tra le Metamorfosi e, soprattutto, il De Pallio di Tertulliano.

Questioni di biculturalismo sono al centro anche del contributo di SIMON SWAIN, ma questa volta i termini della polarita sono la Grecia e Roma. Perche Apuleio ha scelto di imitare, o riscrivere, proprio l'opera di un non meglio noto Lucio di Patre? Swain suggerisce che, da una parte, la cosa permetteva ad Apuleio di mettere in mostra la propria piena padronanza della lingua e della cultura sia greca che latina; dall'altra, le non elevate pretese letterarie del modello greco gli consentivano di evitare il rischio, molto forte nei casi di imitazioni latine di originali greci, di finire per riconoscerne la superiorita. L'opera del Patrense era significativamente differenziata dagli altri romanzi greci a noi noti, ambientati in un mondo che volutamente ignorava l'esistenza stessa di Roma: l'azione si svolge infatti nella provincia romana di Macedonia, e il protagonista e un cittadino romano. Il racconto di Apuleio e quindi una fabula Graecanica, come asserisce il prologo: e per Swain l'aggettivo significa "not Greek but Roman pretending to be Greek, Roman claiming cultural pre-eminence because it had subsumed Greek" (p. 63).

MICHAEL B. TRAPP individua nel prologo precisi riferimenti al Fedro di Platone. La filosofia platonica in generale, e il Fedro in particolare, costituiscono un background importante in numerose parti delle Metamorfosi, come la storia di Socrate e il racconto di Amore e Psiche; tuttavia, nel prologo, le reminiscenze platoniche danno luogo ad un curioso effetto di contrasto, e Apuleio sembra opporsi al suo 'maestro' suggerendo una rivalutazione delle attivita di scrivere, parlare e ascoltare con puro fine di intrattenimento, cosa normalmente stigmatizzata dai filosofi.

Solo un labile confine separa dalla precedente la sezione "Intertexts", dove trovano posto tre saggi che valorizzano il rapporto del romanzo di Apuleio con Teocrito, Persio, il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli. Si tratta di proposte utili e innovative, relative ad autori che non e frequente vedere associati ad Apuleio; in un'ottica piu tradizionale, tuttavia, si puo sentire la mancanza di un contributo dedicato ad Ovidio, nella cui opera il prologo delle Metamorfosi trova evidentemente un riferimento di primaria importanza (M. Scotti ad esempio, nell'articolo citato supra, offre suggerimenti molto utili anche se non esaustivi).

Assai stimolante il contributo di BRUCE GIBSON su papyrum Aegyptiam argutia Nilotici calami inscriptam, un'espressione della quale si erano sinora sottolineate soprattutto le possibili connessioni con il finale isiaco del libro 11; il rapporto con l'inizio del primo Idillio teocriteo, che inizia anch'esso con un "dolce sussurro", ne svela invece le potenzialita letterarie, quale dichiarazione di stile alessandrino: l'Egitto e il Nilo, oltre che ad Iside, possono ben alludere a Teocrito, poeta di Alessandria. Se e come questa poetica teocritea e alessandrina trovi applicazione al di fuori del prologo, e pero una curiosita che rimane purtroppo, nell'ambito di questo saggio, insoddisfatta.

I paralleli proposti da EMILY GOWERS con le Satire di Persio sono meno lessicalizzati e piu generici; ne emerge tuttavia un quadro coerente (sostanzialmente analogo a quello gia delineato da Trapp) che vede il narratore seducente del prologo in contrasto con i canoni etico-letterari della satira di Persio, impregnata di stoicismo.

Proponendo un confronto tra le Metamorfosi da un lato e il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli dall'altro, WARREN S. SMITH affronta un tema, quello delle possibili interferenze culturali tra il mondo pagano del romanzo e il mondo giudeo-cristiano, importante e forse ancora non sufficientemente studiato (in generale, cfr. ora anche R. F. Hock--J. Bradley Chance--J. Perkins, edd., Ancient Fiction and Early Christian Narrative, Atlanta 1998): ed in effetti varie affinita nella tecnica narrativa e in alcuni nuclei tematici sono evidenziabili. Riguardo pero alla datazione del Vangelo e degli Atti di Luca come grosso modo contemporanei alle Metamorfosi non sembra esservi in realta l'ampio consensus presupposto da Smith (p. 94 e n.7) e, anche senza accogliere le controverse argomentazioni proposte da Carsten Peter Thiede in favore di una datazione di Luca alla seconda meta degli anni 50, una datazione non oltre il 90 d.C. sembra essere la piu diffusa (1).

Il prologo contiene una notevole quantita di termini relativi a luoghi geografici (da sermo Milesius a fabula Graecanica, passando per l'Egitto, Atene, Corinto, Sparta e Roma): per KATHERINE CLARKE, il cui saggio apre la sezione "Topography", questi riferimenti contribuiscono a delineare "not only spatial but also temporal and cultural associations for the author" (p. 101). Il prologo conduce il lettore in un "viaggio mentale" (p. 105) che parte in Africa, passa per la Grecia (che fornisce il background culturale di Apuleio e della sua opera: ma non si tratta della Grecia contemporanea, bense dell'antica e ormai perduta patria della poesia e della letteratura) e conduce a Roma: che pero non e vista nella normale (per un autore latino) posizione di centro del mondo, ma viene anzi marginalizzata. Si tratta di una prospettiva che ben si accorda a quella di Edwards, anche se i due saggi risultano separati in maniera un po' artificiosa dalla struttura del volume. Qualche perplessita puo suscitare il connettere la menzione dell'Egitto alle origini africane di Apuleio, se tale menzione deve servire a delineare un pedigree culturale: se infatti e vero che le nozioni geografiche degli antichi erano talvolta vaghe, doveva comunque essere difficile sovrapporre Egitto e Africa (intesa in senso stretto, Cartagine e la sua provincia) come simboli di identita culturale.

La menzione di Isthmos Ephyrea ha per DOREEN INNES una funzione di mediazione tra le vicine perifrasi che identificano Atene e Sparta, e rappresentano a loro volta la contrapposizione, tipica della teoria letteraria antica, tra i due poli del dulce e dell'utile (ma non e spiegato molto chiaramente in che modo Taenaros Spartiatica veicoli l'idea di utile). Corinto inoltre e la citta di Venere-Iside, e puo per questo simbolizzare l'amore profano e quello sacro: in quest'ottica, varie connessioni sono individuabili con il tessuto narrativo e ideale del romanzo. Infine, la perifrasi utilizzata per indicare Corinto punta chiaramente all'Iliade, e precisamente al famoso brano dove Glauco spiega a Diomede la propria genealogia: che in ultima analisi risale alla Grecia, benche Glauco sia nato in Licia. Anche con questa allusione Apuleio, che non era greco, punta ad includere la Grecia e la sua gloria letteraria nella propria vetus prosapia.

La parte dedicata a "Literary History" e la piu ampia del volume, e raccoglie quattro saggi che mettono in relazione il prologo delle Metamorfosi con differenti insiemi di testi letterari, affrontando questioni sia interpretative che relative al genere letterario. KEN DOWDEN sfrutta soprattutto il confronto con Sisenna e con i prologhi plautini. Ne emerge una concezione assai libera, da parte di Apuleio, del genere 'romanzesco' come genere misto e relativamente libero: di qui la caleidoscopica varieta di riferimenti intertestuali che arrichiscono il prologo fino quasi a disorientare il lettore e confonderne le aspettative. Contrastanti anche gli indizi che il testo fornisce riguardo all'identita dell'ego parlante: a tal proposito Dowden si pronuncia ragionevolmente per un'identita multipla, e conclude (con una formulazione umoristicamente draconiana) che "no one shall seek to identify the speaker (singular) of Apuleius' Prologue. There shall, however, be no prohibition on adding identities" (p. 129).

ANTON BITEL parte da un'analisi narratologica del prologo, sottolineando che le 'marche di genere' offerte dal testo possono essere interpretate in modo radicalmente opposto dal lettore extratestuale e dall'ascoltatore intratestuale (il tu cui si rivolge l'io parlante). Il primo e gia indirizzato, nell'interpretazione, dal titolo del volume che ha tra le mani (probabilmente, in origine, Asinus aureus: pere metamorphoseon, come suggeriva J. Winkler), che suggerisce chiaramente un'opera di finzione; e tale impressione finisce per essere corroborata da due termini chiave contenuti nel prologo, come fabula e sermo Milesius, facilmente interpretabili come riferimento a racconti immaginari. Tuttavia l'ascoltatore intratestuale non e preindirizzato dal titolo del libro: e gli e possibile anche interpretare fabula come "oral history", racconto orale di fatti reali; e sermo Milesius come riferimento alle Storie di Ecateo di Mileto, piuttosto che ai Milesiaka di Aristide-Sisenna. Non particolarmente stringenti sembrano i rapporti intertestuali proposti da Bitel tra il prologo di Ecateo e quello di Apuleio; tuttavia l'ipotesi della doppia possibilita interpretativa e corroborata anche dal dettagliato studio di ROBERT H. F. CARVER sulla recezione, le interpretazioni e le traduzioni del prologo delle Metamorfosi, dalla tarda antichita fino ai giorni nostri. Carver infatti ricorda tra l'altro (pp. 169 s.) che Macrobio e Fulgenzio non avevano dubbi riguardo alla natura di 'fiction' dei fatti narrati da Apuleio; tuttavia essi rappresentano quasi un'eccezione, e piu diffusa era l'interpretazione autobiografica del romanzo (adottata ad esempio da Sant'Agostino), suggerita dalla facile identificazione dell'ego parlante con l'autore.

La connessione con il genere Milesio (anche se Dowden nega a pp. 126 s. l'esistenza di un vero e proprio 'genere', che sarebbe rappresentato unicamente dalle opere di Aristide e Sisenna) e valorizzata anche da JOHN MORGAN (pp. 161 ss.) nell'ambito del suo studio comparativo sui prologhi delle Metamorfosi e dei romanzi greci. L'at ego tibi iniziale sembra infatti presupporre un racconto reciproco di storie, di cui le Metamorfosi non rappresentano che un frammento: e dagli Amores pseudolucianei sappiamo che Aristide rappresentava appunto se stesso quale partecipante ad un simile scambio di racconti, in veste sia di narratore che di ascoltatore. Il prologo apuleiano prelude ad un racconto che sara "informal, comic, and pleasurable, unrealistic and relatively relaxed about its fictionality" (p. 162: anche se, avverte Morgan, non necessariamente il romanzo stesso corrispondera alle aspettative create dal prologo): un programma assai diverso da quello dei romanzi greci a noi giunti, anche se e difficile che Apuleio intendesse, nel prologo, farne la parodia.

L'intrinseca molteplicita dell'io parlante del prologo, gia affermata da Dowden, ritorna nel saggio di YUN LEE TOO, con il quale si apre la parte dedicata a "Identity and Stability". Gli indizi forniti dal prologo riguardo all'identita del parlante sono molteplici e divergenti: e fin dal loro inizio le Metamorfosi si caratterizzano come un "pastiche of cultural, and specifically textual, antecedents" (p. 178). Le identita culturali suggerite dai riferimenti all'Egitto, alla Grecia e a Roma si sovrappongono l'una all'altra, si aggregano ma non si fondono; il passaggio dalla lingua greca a quella latina e l'evidente varieta di livelli stilistici non contribuiscono certo a dare unita e compattezza al quadro. Rispondere alla provocatoria domanda quis ille?, e definire l'identita di questo parlante proteiforme, costituisce per la Too (che fa proprie le idee di Roland Barthes sulla 'morte dell'autore') una tentazione cui si deve resistere: come mostrano anche alcuni esempi tratti dal racconto di Amore e Psiche, il romanzo "refuses immobility and the immobilizing presence of the author" (p. 183). Se molteplice e l'identita del parlante, molteplici sono anche i 'contratti' che il prologo stabilisce con il lettore, come mostrato da JOHN HENDERSON: argomento tanto piu importante in quanto le Metamorfosi sono un "truly power-full text, an 'authoritarian fiction'" che "deserves to be handled warily from the face-off, not toyed with as belleslettres" (p. 189).

Nella sezione "Dialogue and Reader", IRENE J. F. DE JONG propone nuovamente Platone quale modello letterario, questa volta per la struttura (pseudo-) dialogica data al prologo. Sfidando le ire di Dowden e della Too, la de Jong sostiene l'identificazione del parlante con Lucio: il principale argomento a favore risiede nel fatto che non vi e alcuna cesura evidente tra l'ego del prologo e il soggetto narrante del racconto vero e proprio, e l'argomentazione e rafforzata dall'analisi narratologica di vari brani del romanzo. Tra le varie proposte, questa e quella che ha riscosso maggior successo tra i partecipanti al convegno del 1996: l'Introduction del volume rivela infatti (p. 5) che la mozione presentata al termine dei lavori, per cui "This House believes that the speaker of the Prologue is Lucius", ha ricevuto 12 voti a favore. I quattro voti contrari e le nove astensioni dimostrano comunque quanto il problema sia controverso--e, forse, provano anche un certo grado di tendenziosita nella formulazione della mozione, alla quale chi fa propria l'impostazione di Dowden e della Too trovera difficile rispondere in un modo o nell'altro.

NIALL SLATER sottolinea come il dialogo con il lettore, e la 'proposta di contratto' a lui rivolta, inizino ancor prima del prologo: un ruolo importante in questo senso e giocato da elementi paratestuali, quale la forma fisica assunta dal testo (rotoli di papiro), il titolo, il nome dell'autore. L'invito alla lettura piu diretto e comunque nel prologo, del quale Slater propone una lettura strettamente lineare esaminando i messaggi veicolati di volta in volta da alcuni punti chiave del testo, e il modo in cui un 'lettore lineare' reagisce ad essi. Il prologo non offre al lettore alcun appiglio preciso per l'incasellamento delle Metamorfosi in un qualche genere letterario; ed alla fine il contratto proposto assume una forma inusualmente esplicita e imperativa nel celebre lector intende, laetaberis.

La dialettica tra oralita e scrittura, e le conseguenze talvolta paradossali che derivano dalla compresenza nel prologo di riferimenti ad ambedue i mezzi di comunicazione, sono analizzate in dettaglio nella sezione "Voice and Writing". DON FOWLER rileva, nel prologo ma piu in generale in tutte le Metamorfosi, una tensione tra "an assumed orality and an actual written reception" (p. 225): la pretesa oralita invita il lettore ad immaginarsi presente e partecipe all'azione, e con l'incipimus finale il prologo sembra quasi voler associare autore e lettore alla produzione di cio che seguira, l'atto della lettura. Tuttavia sono frequenti nel romanzo anche le allusioni alla realta scritta del testo, che finiscono per contraddire la 'presenza' del lettore sulla scena dove si svolgono gli avvenimenti. In alcuni brani il pubblico sembra invitato a partecipare al processo di trasformazione del racconto in testo scritto, ed e possibile che la dialettica tra testo in fieri e testo compiuto si rifletta nella menzione, nel prologo, dello stilus e del calamus: termini in parte intercambiabili, ma che si possono anche riferire l'uno all'attivita di scrittura dell'autore su tavolette di cera, l'altro a quella del copista di professione, con inchiostro e su papiro.

AHUVIA KAHANE prosegue osservando che il rapporto tra parola e testo scritto non si presenta nel nostro prologo come un processo lineare che porta dall'una all'altro, come imporrebbe la teoria classica della mimesis enunciata da Aristotele. La voce parlante del prologo e una voce, ma non ha un suono, ne inflessioni dialettali o tonalita particolari; esiste indipendentemente dai suoni emessi dal lettore che legge il testo. Il prologo sembra insistere in modo particolare sugli effetti paradossali che derivano da una 'voce scritta': il lettore, leggendo, pronuncia at ego tibi, ma non puo ovviamente identificarsi con l'ego del prologo ne tantomeno riferirsi a se stesso con la seconda persona (tibi, che pure e rivolto al lettore). Questa destrutturazione delle gerarchie mimetiche classiche contribuisce allo "openly modern feel" delle Metamorfosi (p. 240), che in questo possono essere paragonate al dipinto di Velasquez Las Meninas.

La parte conclusiva, "Narrative and Prologue", consta di tre saggi dedicati ai rapporti tra il prologo e il resto del romanzo. MAAIKE ZIMMERMAN nota che il problema della sfuggente identita dell'io parlante del prologo ha parzialmente oscurato l'importanza del ruolo svolto dal tu cui il prologo stesso si rivolge. Il prologo ci presenta questo lettore ('characterized fictive reader') come appassionato di storie Milesie, che deve essere persuaso a compiere lo sforzo di sottoporsi ad una lettura piu impegnativa (p. 247). Nel romanzo, il 'fictive reader' e chiamato in causa frequentemente, e gli si attribuisce una vasta gamma di reazioni differenti che finiscono per disorientare un 'actual reader' (lettore reale, extratestuale); finche, nel libro 11, egli viene ad assumere una personalita assai diversa da quella dell'avido lettore di Milesie presupposto dal prologo. Occorre dunque evitare di identificare troppo frettolosamente con il 'fictive reader' descritto provvisoriamente all'inizio il vero 'lettore implicito' del romanzo.

L'immagine della desultoria scientia, che richiama l'arte circense del passaggio in corsa da un cavallo all'altro, e valorizzata da PAULA JAMES, che la considera "at least one of the narrative keys to the novel" (p. 262) e ne indaga le connessioni con varie parti del romanzo: principalmente la cornice narrativa del racconto di Aristomene, e la nuova apparizione sulla scena del cavallo di Lucio in 11,20. Il cavallo sembra fungere da 'trait d'union' tra l'ego parlante del prologo e il protagonista del romanzo, e fornire anche un modello di ascoltatore attento come quello richiesto dalle Metamorfosi: il prologo promette di "accarezzare le orecchie" del lettore/ascoltatore, immagine che sembra implicare "an asinine but attentive audience to match the asinine but attentive narrator of the story" (p. 261).

L'idea di 'morte dell'autore', gia valorizzata in altri saggi, torna con una nuova, sconcertante e piu letterale valenza nel contributo conclusivo di ANDREW LAIRD. Dal punto di vista narratologico, l'inizio di ogni racconto in prima persona deve essere letto e interpretato alla luce della conclusione del racconto stesso (pp. 276--277); la regola vale anche per il prologo di Apuleio, ed e confermata da numerosi collegamenti tematici che lo legano al capitolo finale delle Metamorfosi. Il romanzo risulta essere quindi in certo senso una 'storia infinita', in cui la fine si riconnette perpetuamente al principio. Il prologo, in una simile struttura, serve come punto di ingresso, che consente l'accesso dall'esterno a questa sorta di trasposizione narrativa dell'anello di Moebius; per assolvere a questa funzione, esso presenta la doppia natura di fabula (termine che Laird accosta a 'narrative'), come il resto del romanzo, e di sermo ('discourse'), apostrofe al lettore. Il risultato piu paradossale dell'analisi di Laird e senz'altro il fatto che il prologo risulta essere pronunciato da un morto: lo suggeriscono la parola finale di tutto il racconto, obibam, che puo suggerire la morte del protagonista quale grado finale della sua iniziazione; mentre il prologo--che tra l'altro accenna a Taenaros Spartiaca, luogo di accesso all'oltretomba--presenta varie caratteristiche che lo possono avvicinare alle iscrizioni sepolcrali (pp. 272 e 276).

(1) Cfr. ad es. G. Schneider, Gli Atti degli Apostoli. I. Testo greco e traduzione. Introduzione e commento ai capp. 1,1--8,40, Brescia 1985 (Freiburg 1980), pp. 165--168 e n. 101, con ampia dossografia. Una datazione piu antica, comunque, non inficia ovviamente di per se la possibilita di relazioni culturali di qualche tipo.

Reviewed by Luca Graverini, Arezzo (Italy).
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