摘要:E
SILI quaderni dalla copertina azzurra, pa-gine dattiloscritte leggermente ingiallite:
così si presenta la raccolta delle opere complete
di Nikolaj Glazkov conservata presso l’archivio
di Brema – e così appariva anche all’inizio de-gli anni Cinquanta, agli occhi degli amici e dei
semplici conoscenti cui il poeta moscovita, ce-lebre per le sue stravaganze, era solito regalare i
libriccini che pubblicava da sé. Samsebjaizdat,
ossia “edizioni di me stesso medesimo”: questo
il marchio da lui ideato già negli anni Quaranta
durante la guerra, in un’ironica parodia di Go-sizdat, abbreviazione di Gosudarstvennoe izda-tel´stvo Rsfsr, le Edizioni statali fondate il 21
maggio 1919 al fine di creare un unico apparato
statale di produzione e supervisione della pa-rola stampata. Apponendo sul frontespizio dei
suoi volumetti il proprio “marchio di fabbrica”,
Glazkov dimostrava da una parte come lo scrit-tore respinto dalla censura potesse far circolare
comunque i suoi testi; dall’altra, con la tenacia
visionaria che gli era propria, contendeva allo
stato l’esclusività dell’iniziativa editoriale. Una
sfida che, all’epoca, poteva ricordare le batta-glie di Don Chisciotte contro i mulini a vento
1
V. Bukovskij,. . . i vozvrašˇcaetsja veter, New York 1978, p. 246.
Dove non altrimenti indicato, le traduzioni italiane sono mie.
2
Vospominanija o Nikolae Glazkove, a cura di R. Glazkova,
Moskva 1989, p. 509.
e che tuttavia, ripresa nel tempo da migliaia di
anonimi o celebri adepti sarà in grado di gene-rare – soprattutto a Mosca e a Leningrado – una
reale alternativa culturale. “L’ostinazione di chi
si rifiutava di pubblicarlo era direttamente pro-porzionale alla caparbietà con cui lui ribadiva
se stesso”
3
, dichiarerà lo scrittore Nikolaj Šach-bazov a proposito di Glazkov e, in effetti, il mo-vente psicologico dell’autoaffermazione, della
salvaguardia della propria opera misconosciu-ta, è centrale per comprendere la diffusione di
una prassi tenacemente avversata dalle autori-tà e per la quale di certo si pagava in prima per-sona, come rammenta Vladimir Bukovskij nella
sua fulminante definizione.