摘要:Quasi un quarto di secolo ci separa ormai dalla pubblicazione di una delle più rilevanti monografie dedicate al Boccaccio, scritta da Lucia Bat-taglia Ricci nel 1987 e centrata sul tema, scandagliato nei suoi antefatti culturali e nelle sue conseguenze interpretative, della conversazione nar-rativa in luoghi di delizia naturale, secondo l’archetipo delle brigate cortesi che furono care al Boccaccio fin dai tempi del Filocolo: sicché Ragionare nel giardino. Boccaccio e i cicli pittorici del “Trionfo della Morte” si pose, da subito, come un punto di riferimento per gli studiosi del Decameron.1 Ragionare nel giardino si chiudeva con pagine che indugiavano sul “co-gnome” del libro e ne ricavavano ciò che, per l’autrice, era l’autentica chiave di lettura suggerita da Boccaccio attraverso l’espressione “cognomi-nato prencipe Galeotto.”2 Nella sostanza, quella lettura accertava un “rici-claggio polemico” e un “ribaltamento parodico” del verso “Galeotto fu ’l li-bro e chi lo scrisse” di Inf. V.137, poiché Boccaccio avrebbe svincolato le azioni della lieta brigata da qualsivoglia determinismo imitativo nei con-fronti dei temi e degli stessi protagonisti dei racconti del ciclo arturiano, con ciò stesso salvando quella letteratura dalla condanna di Dante, piutto-sto che dagli errori che furono di Paolo Malatesta e di Francesca da Po-lenta. Inoltre, Lucia Battaglia Ricci sottolineava che, nelle Esposizioni, Boccaccio dimostrò di diffidare della verità effettuale della stessa versione dantesca dei fatti di Romagna e di cercarne e suggerirne una diversa, più congeniale ai propri ideali di strenuo fedele della civiltà cortese. Dalle pa-role delle Esposizioni discenderebbe così la legittimazione a ritroso di un abito parodico, che avrebbe avuto il suo apice nel Decameron, adibito alla ri-lettura antifrastica di Dante e del retaggio della Commedia.3