摘要:Uno degli aspetti più tipici degli Egoisti di Tozzi (e in effetti, come tale, segnalato in maniera pressoché costante dalla critica1) è senza dubbio rappresentato dalla componente dannunziana che attraversa il romanzo in modo talmente pervasivo da apparire qualcosa di più di una suggestione o di un’occasione propulsiva alla stesura del testo. Nonostante ciò, l’esercizio esegetico non sembra essersi eccessivamente preoccupato di sondare la specifica sostanza di tale ineludibile trafila, limitandosi sin qui a produrre pochi riscontri o assaggi rispetto all’effettiva consistenza del fenomeno. È così avvenuto che il reperimento di materiale dannunziano negli Egoisti ha facilmente accreditato la formulazione di tesi preconcette e spesso divergenti: da Eurialo de Michelis secondo cui il ritorno di d’Annunzio contribuisce alla fondamentale insincerità di tono che caratterizzerebbe in negativo l’ultimo dei romanzi tozziani2, a Giorgio Luti il quale, appuntando la propria attenzione sulle mere coincidenze lessicali, ritiene che «in realtà Tozzi dal pastrano di Gabriele non è mai uscito del tutto»