摘要:Gianantonio Gennari, classe 1949, continua a rimanere un artista nell’ombra.1 Fuori dai riflettori di un’arte contemporanea sempre più sguaiata e gratuitamente provocatoria, egli è propriamente un outsider, non un dilettante della pittura, “ma qualcuno che – come direbbe Mario Perniola – impegna se stesso in modo totale in un’attività da cui dipende il senso della propria vita, […] restando estraneo alle dinamiche concorrenziali del mercato ed escluso da un riconoscimento legittimante” (2007: 5-6). Nel corso degli anni Gennari ha esposto i suoi lavori in alcune mostre sia in Italia che all’estero2 ma questo esporsi, mettersi in luce, porsi fuori cioè dal cono d’ombra da cui si sente protetto, lo inquieta e lo spaventa.Il presente scritto si concentra sulle opere realizzate da questo artista a partire dagli anni ‘80 e che recano il significativo titolo di “Figure” [Figg. 1-14]. L’analisi critica di tali dipinti è divenuta l’occasione per sviluppare i concetti di figura e di figurale enucleando la matrice fantasmatica e umbratile che li connota e che sembra radicalmente informare di sé l’intera opera del pittore. Non si vuole in questo intervento contestualizzare il lavoro di Gennari da un punto di vista storico, individuando le fonti figurative a cui si è ispirato o il percorso formativo che lo ha portato a dipingere le sue “Figure”, si intende invece approfondire i meccanismi, i dispositivi, che soggiacciono al “fare pittura” di Gennari e che si saldano alla struttura di un pensiero che ha nell’immaginazione la sua forma conoscitiva privilegiata. Intendendo con “immaginazione” non il “sonno della ragione che crea mostri” ma piuttosto un qualcosa di più affine al Mundus imaginalis di Henry Corbin (2002) in cui la facoltà immaginativa attiva è essenzialmente l’organo delle teofanie, intendendo queste come manifestazioni di ciò che, anche se irrimediabilmente Altro (divino o bestiale che sia), fa dell’alterità e della dissimiglianza l’elemento di contatto con l’umano